Sostituì unʼarma precedente che fu caratterizzata, nellʼadozione, da un episodio inconsueto. Lʼadozione, infatti, fu suggerita dal progettista dell'altra arma presentata ai test militari. Vediamo di farne una breve storia. L’esperienza acquisita in combattimento, specialmente nella zona di Mosca nel 1941-42, sollecitava l’adozione di una nuova mitragliatrice. I russi ne avevano provato diverse, comprese alcune tedesche di preda bellica. Incomprensibilmente Feodor Tokarev, che il 26 maggio del 1943 assistette alle prove, sostenne nel suo diario che la MG42 era troppo complessa. Ma forse la nota è comprensibile, visto che all’epoca le tecnologie avanzate di stampaggio non erano ancora note ai russi e che la MG42, catturata dagli americani, fu da loro considerata un sintomo delle pessime condizioni dellʼindustria tedesca.
In sostanza, due mitragliatrici sopravvissero ai test: quella di Degtyarev, che aveva pesantemente modificato la sua precedente DS-39, e quella di Goriunov. In una riunione sollecitata da Stalin, che riteneva che la nuova mitragliatrice dovesse essere ancora basata sulla DS-39, fu proprio Degtyarev, sollecitato a esprimere un parere, ad affermare che il disegno di Goriunov era decisamente migliore del suo. Da qui l’adozione.
Nell’immediato dopoguerra, tuttavia, quel progetto era già irrimediabilmente datato. L’esperienza bellica, soprattutto per quanto riguardava l’uso in combattimento delle armi leggere, portò alla conclusione che si rendeva necessaria una mitragliatrice unificata che, montata su bipiede o su treppiede, potesse svolgere i compiti di mitragliatrice leggera o pesante. L’ipotesi di rivolgersi alla MG42, che pure era stata studiata, non fu nemmeno presa in considerazione. Tanto Degtyarev quanto Vyacheslav Silin presentarono dei prototipi, ma le due mitragliatrici più interessanti furono ritenute quella proposta da Kalashnikov e quella di Nikitin-Sokolov. I test comparativi tra le due soluzioni si tennero nel 1960. Entrambe le mitragliatrici diedero buoni risultati, ma quella di Kalashnikov era più semplice da costruire e più affidabile col maltempo.
La conseguenza fu che nel 1961 la mitragliatrice di Kalashnikov fu adottata. Poteva essere montata su bipiede o sul pesante treppiede Samozhenkov, sostituito nel 1969 dal più leggero treppiede Stepanov. Quest’ultimo recava un attacco per la scatola contenente il nastro, in modo che una sola persona potesse trasportare l’arma senza necessità di scaricarla. Questa insistenza sul treppiede non è una semplice pignoleria, perché una mitragliatrice universale deve essere anche leggera. Il successo del nuovo disegno rese immediatamente obsoleta la mitragliatrice di Goryunov, che uscì di scena e di produzione nel 1961. La nuova arma pesava 7,5 kg, che giungevano a 9 col bipiede e a 12 con il treppiede. Il nastro con 250 cartucce, ovviamente, manteneva il peso di 9,4 kg. Il peso complessivo dell’arma carica e su treppiede ne consentiva l’agevole spostamento.
La nuova arma, ovviamente, fu adottata da tutti i Paesi satelliti dell’allora URSS tra cui la Jugoslavia, che all’epoca si chiamava ancora così e che la mise in servizio con il nome di mitragliatrice M84.
Ne esiste anche una versione M86, con sistema di scatto attuato elettricamente, ma ritrasformabile in controllo manuale, destinata a essere installata su carri e priva di mire, in quanto diretta sul bersaglio dal sistema di puntamento e controllo fuoco del carro. L’M86 è anche dotata di uno spegnifiamma diverso da quello standard.
L’arma ha il calcio in legno, provvisto al calciolo di un’appendice ripiegabile che è possibile appoggiare sulla spalla. Le mire metalliche sono costituite da un mirino regolabile in altezza e protetto da due alette e da una tacca regolabile in derivazione, con ritto che porta i riferimenti per il tiro fino a 1500 m. È possibile installare mire ottiche o visori notturni. Il funzionamento è a presa di gas con otturatore rotante, azionato da una pista ricavata nel portaotturatore.
La presa di gas è regolabile, in funzione delle condizioni atmosferiche e dello stato di pulizia dell’arma. Il portaotturatore, il cui arretramento provoca la rotazione e quindi lo sblocco dell’otturatore, è dislocato da un pistone a corsa lunga e nel punto estremo del suo moto retrogrado va a battere su un elemento in elastomero con funzione ammortizzante. La somiglianza del sistema di chiusura e ripetizione con quello del Kalashnikov è impressionante. E la lavorazione dei pezzi è decisamente di qualità elevata. Qui occorre sfatare la leggenda secondo cui l’AK e le armi derivate funzionano sempre perché le tolleranze sono lasche. Tutt’altro: funzionano bene perché sono fatti benissimo. La mitragliatrice M84-M86 è prodotta con modernissime macchine a controllo numerico, senza che questa scelta abbia portato una rivoluzione nelle prestazioni rispetto alle lavorazioni originarie. Il controllo numerico, semplicemente, ha praticamente posto fine agli aggiustaggi manuali. Ogni esemplare dell’arma, comunque, è controllato e provato individualmente.
L’alimentazione dell’arma è a nastro non disintegrabile, la munizione è la vecchia ma sempre affidabile 7,62x54R. Una cartuccia potente e precisa che soprattutto all’epoca del progetto non avrebbe generato problemi logistici né produttivi, essendo la munizione del fucile Mosin Nagant. Dopo l’accantonamento dell’SVT, questo era ancora il fucile da tiratore scelto sovietico. Inoltre, su quella cartuccia stavano lavorando Konstantinov e Dragunov impegnati nella progettazione, in concorrenza tra loro, del nuovo fucile sniper. L’età della progettazione non inficia assolutamente la validità della munizione, che è anche piuttosto precisa, salvo che per una caratteristica.
L’ottocentesca cartuccia, infatti, è rimmed. Quindi, a differenza delle cartucce senza collarino, non può essere alimentata semplicemente spingendola fuori dal nastro verso l’avanti, come avviene, ad esempio, nella sempre valida MG42. D’altra parte, occorreva pur sfilare la cartuccia dal nastro per poterla alimentare. Si risolse sfilando la cartuccia all’indietro.
Il sistema adottato comporta un’alimentazione su due piani paralleli posti ad altezze diverse. All’arretrare dell’otturatore, una forcella che afferra saldamente il rim porta all’indietro la cartuccia, sfilandola dal nastro. La cartuccia, non appena sfilata, viene premuta verso il basso. Se un bossolo è stato estratto, questo movimento lo spinge in basso e a sinistra espellendolo dall’arma attraverso la finestra il cui coperchio è stato aperto dall’armamento dell’otturatore, prima del primo colpo. L’espulsione è violenta, i bossoli rimbalzano dal terreno, anche se questo è pesante per recenti piogge. I bossoli in volo che si vedono nelle foto lo dimostrano: hanno colpito il terreno con forza sufficiente per rimbalzare. Al ritorno dell’otturatore la cartuccia, che ha preso il posto del precedente bossolo ed è in linea con la canna, viene camerata ed è pronta per il tiro. Il sistema non è semplicissimo, ma funziona in modo impeccabile e ha una elevatissima affidabilità. Al punto che ho avuto occasione di vedere, in tempi passati, un prototipo in piccolo calibro che adottava lo stesso sistema.
Quando feci notare che il sistema sembrava inutilmente complesso per una moderna cartuccia rimless, mi si rispose che il sistema poteva pur avere una complicazione non indispensabile, ma funzionava così bene che non era il caso di sperimentare soluzioni diverse. Che esistevano, a livello di progetto, ma che avrebbero avuto bisogno di un lungo perfezionamento. L’alimentazione, infatti, è il punto più critico di una mitragliatrice e deve funzionare in modo perfetto perché l’arma sia veramente efficace. Fin qui, l’arma non si discosta dalla progenitrice sovietica. Il sistema di alimentazione, peraltro, è stato esteso anche al lanciagranate automatico da 30 mm, le cui munizioni sono rimless.
Nella versione di Zastava, oltre a una generale miglior esecuzione, ci sono importanti miglioramenti, che sembrerebbero incredibili se non fossero accuratamente documentati e orgogliosamente dimostrati al visitatore. Naturalmente, le informazioni che si possono ottenere tengono conto del fatto che si tratta di uno stabilimento che fa armi militari. Alla domanda sulle percentuali di scarti è stato risposto “molto pochi” e a quella sul numero di unità prodotte la risposta è stata “a sufficienza”. Va detto che anche nelle altre fabbriche militari ottenere i dati è impresa difficile e solitamente vana.
La sostanziale differenza tra l’arma serba e la versione russa sta nella canna, che resta facilmente sostituibile con estrema velocità. Il cambio non richiede più tempo rispetto a una MG42 e non prevede l’uso del guanto di amianto. Lunga 658 mm e con un peso di 2,6 Kg, la canna è ottenuta per fucinatura a freddo da un materiale sul quale non si hanno ulteriori specifiche. I Serbi hanno realizzato un acciaio, non distribuito sul mercato civile e riservato a impieghi militari, con il quale fanno cose straordinarie.
Aiutati, ovviamente, da trattamenti termici opportunamente e appositamente studiati e dalla pesante cromatura interna che assicura la lunga vita della rigatura. Naturalmente non sarebbe difficile, con una veloce analisi al quantometro, risalire alla composizione chimica dell’acciaio. Questo però non darebbe comunque alcuna indicazione sui procedimenti siderurgici e sui trattamenti termici. Ciò che questo acciaio consente ha davvero dell’incredibile. In pratica, con l’arma si è sparato un nastro da 200 colpi in fuoco continuo. La canna si scalda molto, fino al colore rosso scuro. Non si vede nelle foto, scattate all’aperto, ma si rileva a vista e dal comportamento dell’arma durante la dimostrazione. Un’occasione in cui il cambio della canna si impone, a meno di usare un sistema più drastico, come è avvenuto.
Al termine del nastro, infatti, la mitragliatrice è stata immersa verticalmente in un bidone d’acqua fredda. Il vapore sprigionatosi rende l’idea del calore. Dopo una manciata di secondi, l’arma è stata estratta dal bidone, rimessa in linea e ha sparato un altro nastro. Dicono che se non si esagera con questo trattamento – non più del 70% dei casi, in buona sostanza – la canna ha una durata non inferiore ai 18000 colpi. La durata è ancora migliore se la canna è sostituita e lasciata raffreddare da sé. Comunque sia, una canna che garantisca quella durata pur subendo un trattamento così estremo è qualcosa da guardare con ammirazione.
L’arma è leggera, con un peso di 10 Kg, inclusi bipiede e contenitore dei nastri. A differenza delle colleghe in piccolo calibro, non può essere sparata dal fianco, ma questo non è un problema. Per quanto ben controllabile nel tiro a raffica, l’arma deve questa sua controllabilità al peso, oltre che a una cadenza di fuoco scelta opportunamente.
Una parola sulla cadenza di fuoco, che in sostanza è condizionata dalla logistica, dalla dottrina della fanteria e anche, in parte, dal terreno di scontro.
Negli anni della Seconda guerra mondiale, la scelta tedesca fu quella di aumentare vistosamente la cadenza di fuoco della mitragliatrice MG42. Era un’arma scarsamente distribuita e per affrontare efficacemente l’avanzata delle truppe russe, numericamente molto superiori, occorreva una cadenza di fuoco che si spinse fino ai 1600 colpi al minuto della seconda variante. Ma la mitragliatrice non è un’arma di battaglione o di compagnia. Deve essere considerata come arma di squadra. Al più potrebbe essere arma di plotone nel caso che i militari siano armati di fucili con possibilità di tiro a raffica e, soprattutto, di calibro adeguato. È ormai chiaro, infatti, che la capacità vulnerante del .223 fu ampiamente sopravvalutata al momento dell’adozione. È caratteristica comune a molte munizioni americane, dal .416 Remington al .458 Winchester. Poi il tempo, galantuomo come al solito, si occupa di ristabilire i valori reali.
Quindi, con il fucile d’assalto ancora – provvisoriamente, parrebbe – in calibro .223 e con la conseguente diffusione più capillare della mitragliatrice, l’elevata cadenza di fuoco ha minore ragion d’essere. In questo caso si attesta su un valore tra i 700 e gli 800 colpi al minuto. La variazione è in funzione dell’apertura della valvola di presa gas e delle condizioni climatiche.
L’arma è stata provata nel balipedio della fabbrica, alla distanza di 100 m, avendo a disposizione due nastri completi. La dimostrazione del raffreddamento in acqua è stata effettuata da un dimostratore dell’azienda.
Il fuoco prevedeva una serie di raffiche controllate da 2-3 colpi e una raffica lunga da 100 colpi sia su treppiede sia su bipiede. Un colpo mancante nel nastro segnalava la fine delle raffiche controllate e la presenza degli ultimi 100 colpi.
Per via del peso dell’arma, il rinculo è praticamente inavvertibile. Le mire si acquisiscono bene e l’arma si è dimostrata sufficientemente precisa, nel senso che al termine del nastro il bersaglio era distrutto. Soprattutto si è dimostrato estremamente agevole il fuoco a raffiche controllate, in cui è possibile scegliere se far partire due oppure tre colpi. Con molta concentrazione si riesce a gestire anche il colpo singolo. Come in tutte le altre occasioni di test della PKM, anche questa variante non ha dato luogo ad alcun inconveniente e si è dimostrata affidabilissima. Per quanto riguarda la dimostrazione di raffreddamento violento le foto, scattate al balipedio come tutto il servizio sull’arma, valgono più di ogni descrizione.
Scheda Tecnica
Costruttore: Crvena Zastava, Kragujevac
Modello: M84
Tipo: Mitragliatrice polivalente
Calibro: 7,62x54R
Tiro: Automatico a otturatore chiuso
Funzionamento: A presa di gas con pistone a corsa lunga
Chiusura: Otturatore rotante
Alimentazione: A nastro non disintegrabile
Cadenza di fuoco: 700-800 colpi al minuto
Peso dell’arma: 10 kg
Peso della canna: 2,6 kg
Peso del nastro con 100/250 colpi: 3,9/9,4 kg
Lunghezza della canna: 658 mm
Lunghezza totale: 1175 mm
Massima distanza efficace: 1000 m
Prezzo alla fabbrica: Circa 3000 dollari con treppiede Stepanov