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È noto, e ça va sans dire, come negli attuali scenari operativi siano numerose le unità militari, in particolar modo quelle impiegate nello svolgimento di operazioni speciali ad alto rischio e nella guerra asimmetrica o a basso profilo, che oltre all’arma individuale da combattimento standard sono forniti, o si dotano autonomamente, di armamenti diversi, quasi sempre fuori ordinanza e selezionati tra quelli più comunemente rintracciabili tra le “forze d’opposizione” o nemiche nella specifica area operativa: in particolare di varianti del design AK47/AKM di Michail Timofe’evich Kalashnikov, e in minor misura di fucili Vz58 di produzione cecoslovacca, spesso modificate custom o munite di componentistica aftermarket.
In generale ciò è spiegato all’opinione pubblica in termini di necessità operative: poiché nei teatri mediorientali ci si può ritrovare impelagati in lunghi scontri a fuoco ad alta intensità, è necessario che alle truppe sia consentito impiegare armi e munizioni del tipo comunemente usato dalle forze nemiche, così che si possano approvvigionare sul posto nella malaugurata eventualità che i rifornimenti siano interrotti.
Chi è più esperto di cose militari sa bene che questa è poco più di una spiegazione di comodo; dato l’addestramento militare, che scoraggia l’uso della raffica in favore del tiro semiautomatico mirato, e viste le caratteristiche dei conflitti asimmetrici, gli scenari di guerra attuali vedono raramente il verificarsi di scontri a fuoco tanto lunghi e intensi da portare a esaurimento la dotazione individuale di munizioni di un singolo operatore, figuriamoci di un intero plotone.
Né è esattamente quotidiano per le forze occidentali operanti nei teatri del medio oriente essere attaccati da forze nemiche soverchianti (di solito si tratta di attacchi mordi-e-fuggi da parte di gruppi in inferiorità numerica, che aprono il fuoco sui superstiti di una pattuglia in seguito all’esplosione di uno IED), o rimanere tagliati fuori dalla catena logistica dei rifornimenti, dalla copertura di fuoco dell’artiglieria o dal raggio d’azione dell’appoggio aereo.
Il motivo per cui talune, molto selezionate unità si dotano anche di armamenti non d’ordinanza è, in realtà, legato esclusivamente alla natura non convenzionale di queste formazioni e delle operazioni a esse affidate, che spaziano dalla ricognizione ostile all’eliminazione selettiva di bersagli sensibili fino al soccorso ostaggi e possono prevedere lunghi periodi di permanenza “coperta” dietro le linee nemiche, con conseguente necessità di mantenere la segretezza sui propri movimenti e non lasciare tracce distintive, ad esempio bossoli NATO, quando le circostanze richiedano un azione di forza.
Resta tuttavia il fatto che portare un’arma aggiuntiva (perché di questo si tratta), con munizioni separate, rappresenta per gli operatori un considerevole aggravio del carico personale; inoltre, per quanto modernizzate e accessoriate possano essere, queste armi risentono pressoché sempre di numerosi fattori sfavorevoli: si tratta di modelli vecchi, tanto nella concezione quanto proprio nella vita operativa. In tempi recenti l’industria armiera ha cercato di ovviare a questo problema con soluzioni tecniche che permettano l’impiego di munizioni e caricatori catturati al nemico sulle piattaforme di dotazione; a titolo di mero esempio, il sistema Hydra proposto dalla statunitense MGI per il sistema d’armi M16/M4, che consente la rapida conversione di calibro dal 5,56x45mm standard NATO a una panoplia di altri, richiedendo all’operatore di avere a portata di mano solo le componenti essenziali per effettuare i cambiamenti direttamente sul campo.
Una simile occasione è stata “persa” dalla FN quando l’azienda ha deciso di accantonare i progetti per la convertibilità del sistema d’arma SCAR dai calibri-base 5,56mm e 7,62x51mm NATO ad altri; secondo alcuni analisti questa sarebbe una delle ragioni dietro la recente decisione dello USSOCOM, il Comando Congiunto per le Operazioni Speciali USA, di ridimensionare gli ordinativi per la versione “Light” del sistema.
Simili kit per la rapida conversione di calibro sono invece già disponibili per altre moderne piattaforme, quali il fucile d’assalto Bushmaster/Remington ACR (MagPul “Masada”) e il CZ-805 BREN/A1 di produzione ceca. Va anche menzionato il Knights Armaments KAC-SR47, commissionato proprio dall’USSOCOM e costruito in soli sette esemplari, sei dei quali attualmente in uso sul campo da unità SEAL.
Da oggi anche gli acquirenti internazionali (oltre alle FF.AA. italiane!) che opteranno per l’adozione del Beretta ARX-160, il fucile d’assalto modulare di moderna concezione lanciato da un paio d’anni dalla casa di Gardone Val Trompia e da considerare come uno dei migliori sistemi d’armamento individuale sul mercato, avranno la possibilità di adattare la piattaforma dall’impiego della cartuccia standard NATO 5,56x45mm per cui è camerata al calibro ex sovietico 7,62x39mm M43, il più comune da reperire negli attuali teatri operativi africani, mediorientali e asiatici, e all’impiego dei caricatori metallici ricurvi del fucile Kalashnikov AKM.
Sebbene la Beretta offra come opzione ai clienti interessati la possibilità di acquisire l’arma già camerata di fabbrica in 7,62x39mm (ordinativi per lotti in tale cameratura sarebbero già stati piazzati dall’Azerbaijan e, parrebbe, dall’Albania), all’inizio del 2012 la grande Gardonese ha dato il via alla produzione e alla distribuzione di un kit di conversione per gli ARX-160 già esistenti, in modo da incrementarne le doti di modularità e versatilità.
La conversione è effettuabile a livello d’armeria, di plotone o sul campo.
Lo ARX-160 in calibro 7,62x39mm, che sia prodotto di fabbrica o convertito tramite l’apposito kit, è dimensionalmente identico alla versione standard in cal.5,56mm che abbiamo sin qui imparato a conoscere; le differenze stanno in alcune componenti fondamentali intercambiabili, che quando non sono installate possono essere stoccate in armeria o trasportate sul campo, ad esempio a bordo dei veicoli VTT.
La struttura interamente polimerica dell’ARX-160 in versione base, con un dimensionamento perfettamente studiato e praticamente universale, fa sì che i cambiamenti siano immediatamente applicabili, senza alcun tipo di modifica strutturale; né si è reso necessario alcun aggiustamento di fabbrica al sistema, che già al momento del suo lancio era stato annunciato come capace, in futuro, di questo genere di modularità.
Per analizzare il sistema di conversione bisogna partire da alcune normative riguardanti le armi leggere, in particolar modo quelle nazionali statunitensi, sia a livello interno che con riguardo alle esportazioni (ITAR – International Trade in Arms Regulations).
Le normative ITAR finiscono per toccare un po’ tutta l’industria armiera mondiale, in quanto qualsiasi azienda del settore che voglia commerciare con gli USA deve conformarsi in tutto o in parte a esse.
In base alle norme ITAR, l’arma in sé è costituita non dalla totalità dello strumento, ma da quella parte specifica su cui va a trovarsi il numero seriale.
Nella maggior parte dei casi, in particolare per le armi civili ma anche per il grosso delle armi militari, questo è il semicastello inferiore (lower receiver); ogni modifica che, per la conversione di calibro o altro, vada a interessare quella specifica parte, è soggetta a restrizioni.
È per questo motivo, infatti, che la maggior parte delle modifiche Made in USA per la conversione di calibro lasciano integro il lower ma investono in particolare il semicastello superiore (upper receiver); questo implica che non sia sempre possibile usare i caricatori originali delle armi tipo AK nelle conversioni in calibro 7,62x39mm di altri sistemi, a meno che per l’appunto la conversione non sia del tipo che prevede anche il cambio del pozzetto del caricatore, che però in tal caso non è integrale al lower ma all’upper (come nel caso del sistema ACR o del Colt CM-901).
La soluzione adottata dalla Beretta consiste nell’imprimere il numero seriale sull’armatura metallica annegata nel polimero del semicastello superiore dell’ARX-160, che in tal modo in base alla norma viene a essere “l’arma” a tutti gli effetti.
In questo modo si possono effettuare le modifiche al lower necessarie all’impiego dei caricatori Kalashnikov; e nel caso della conversione dello ARX-160 non si tratta di modifiche, ma di una sostituzione totale del semicastello inferiore (compresa l’intera catena di scatto) con uno nuovo, munito di un pozzetto del caricatore completamente ridisegnato e ridimensionato all’uopo, privo dei pulsanti laterali per il rilascio drop-free del caricatore, sostituiti da una singola levetta metallica ricavata per microfusione posizionata sotto il ponticello del grilletto; dal nuovo lower manca anche il comando per lo hold-open, dato che la fattura dei caricatori di tipo AK non consente il blocco dell’otturatore in apertura ad arma scarica, ma per il resto esso rimane identico alla sua controparte per i caricatori NATO.
Le restanti modifiche riguardano la sostituzione di componenti alloggiati nel semicastello superiore; come già detto, la sostituzione di queste parti non ha richiesto un ripensamento della struttura dello upper polimerico, già sufficientemente spazioso, si potrebbe dire “universale”, e dunque più che adeguato all’uopo.
Tali componenti sono la canna, ridimensionata per il calibro ex sovietico, e l’intero gruppo-otturatore, appositamente riprogettato. Ovviamente le caratteristiche tecniche rimangono praticamente le medesime dell’arma in calibro NATO per quanto riguarda il sistema di funzionamento tramite pistone “a corsa corta”, l’opzione di rimpiazzo rapido della canna con altra di lunghezza differente, e il sistema a doppio estrattore/nessun espulsore che consente, tramite un traversino posizionato vicino al cardine del calciolo pieghevole, di invertire l’espulsione dei bossoli dal lato destro al lato sinistro.
La canna in cal.7,62x39mm, resa disponibile nelle classiche lunghezze da dodici e sedici pollici a cui l’ARX-160 ci ha abituati, è del tipo pesante, con rigature destrorse e passo di 1:12, realizzata con i medesimi materiali e le stesse procedure della “sorella” in calibro NATO e come questa munita di un rompifiamma di tipo birdcage (nella versione lunga) o cilindrico allungato (nella versione corta) con cieli di sfogo solo sulla porzione superiore: quella inferiore resta chiusa sia in funzione di compensatore, sia per evitare che, nel sabbioso ambiente desertico, l’impiego in posizione prona possa causare il sollevamento di nuvolette di sabbia e polvere che, oltre a ostacolare la visuale dell’operatore, possano rivelarne la posizione al nemico.
La versione in cal.7,62x39mm dello ARX-160 si è finora dimostrata un eccellente prodotto, con un grado di affidabilità sul campo e di precisione al tiro superiore alle sue più dirette controparti in campo di conversioni per armi occidentali.
L’accurato studio delle tolleranze ha permesso di mantenere costante il livello delle prestazioni con l’impiego di qualsiasi munizione, dai caricamenti commerciali più raffinati e precisi oggi disponibili sui mercati civili e professionali occidentali ai più vetusti lotti di surplus militare del Patto di Varsavia ancora rintracciabili sul mercato nero e sui teatri operativi; sotto questo punto di vista, un ruolo fondamentale è svolto dal sistema di regolazione dello spillaggio dei gas normalmente presente sul fucile Beretta, che consente all’arma di “digerire” praticamente di tutto.
Senza tema di smentite, possiamo dunque affermare che da oggi gli acquirenti del Beretta ARX-160, che siano paesi “occidentali”, sud americani o dell’Asia centrale, potranno dotarsi in concomitanza di uno strumento in grado di offrire le migliori performance anche con l’impiego della più classica munizione della vecchia “cortina di ferro”; ciò vale tanto per quelle unità speciali che devono impiegarla in operazioni coperte quanto per quei paesi che, dotati sinora di armi di derivazione Kalashnikov, vogliano passare all’affidabile modularità delle più moderne armi militari europee senza rinunciare alle prestazioni balistiche della cartuccia 7,62mm M43, che specialmente con i giusti caricamenti è ancora oggi il re del campo di battaglia e resta in grado di dare filo da torcere anche a bersagli protetti.