Se i calibri Magnum statunitensi sono legati nell’immaginario collettivo al .44 Magnum e al nome di Elmer Keith, pittoresco articolista più noto per lo Stetson che per la bontà delle sue affermazioni, la storia delle artiglierie manesche in realtà aveva preso l’avvio negli anni Trenta, anche allora sotto la spinta di un articolista, Philip B. Sharpe, che al pari di quanto avrebbe fatto Elmer Keith manifestava vigorosamente la tendenza al botto impressionante.
A forza di ricaricare le proprie munizioni in .38/44 fino al limite ed oltre, Sharpe giunse al punto in cui non erano possibili ulteriori incrementi.
Non era detto che quegli incrementi fossero desiderabili, ma Sharpe si rivolse alla Smith & Wesson chiedendo che sviluppassero un’arma speciale in grado di reggere cartucce nettamente più potenti di quelle che si potevano ricaricare in .38 Special.
Benché le artiglierie fossero state inventate da lungo tempo, poiché il cliente ha sempre ragione la Casa si rivolse alla Winchester Repeating Arms chiedendo che sviluppassero una cartuccia speciale.
Nel 1934 questa era pronta. Usava un bossolo più lungo di un ottavo di pollice rispetto quello del .38 Special, una palla da 158 grani spinta ad una velocità di 472 m/sec ed era destinata ad un revolver con il telaio N.
Era nata la magnumite, quella caratteristica americana che si risolve nel motto: “Per quanto sia grande, non sarà mai abbastanza”.
Col nuovo calibro si era giunti al massimo botto di revolver realizzato fino a quel momento in casa Smith e all’assoluta incomunicabilità tra teoria e buon senso; moltissimi personaggi non sono ancor oggi convinti che il vero potere d’arresto consiste nel colpire il bersaglio nel punto voluto.
Revolver Smith & Wesson in calibro .357 Magnum
Il revolver che camerava la nuova cartuccia, chiamato .357 Magnum come la medesima, fu pensato come un’arma custom da produrre su ordinazione, al punto di intestare ogni singolo esemplare al suo acquirente rilasciandogli un attestato riportante il numero di matricola.
Un apposito registro della Ditta avrebbe registrato tutti gli esemplari.
È evidente che nessuno si aspettava che il neonato elefantino incontrasse un grande successo di pubblico; si ritenne che solo pochi fissati avrebbero voluto una cartuccia e un’arma così inutilmente potenti.
Il revolver .357 Magnum era il modello più costoso prodotto dalla Smith & Wesson e con il suo prezzo al pubblico di 60 dollari si attestava ad almeno quindici dollari in più rispetto a qualsiasi altro revolver della Casa.
L’arma aveva la canna munita di bindella, e recava su quest’ultima e sulla parte superiore del castello una zigrinatura fine con lo scopo di evitare ogni possibile riflesso di luce.
E con questo finivano le caratteristiche standard; tutto il resto era su richiesta. Si trattava, quindi, di una vera e propria realizzazione custom, un’arma che ogni acquirente avrebbe potuto ottenere su misura.
Per via del prezzo e del tempo di attesa si ritenne che la capacità produttiva di 120 esemplari/mese sarebbe stata più che sufficiente senza mai giungere ad esaurirsi.
Ma a riprova che nessuno è mai fallito sottovalutando l’intelligenza del prossimo le vendite della nuova arma furono subito molto superiori alle razionali previsioni del costruttore.
La capacità produttiva non si avvicinava nemmeno lontanamente alle richieste.
Nel 1938 l’arma incominciava ad apparire piuttosto standard che custom, tanto che l’uso di intestare il revolver all’acquirente e di offrire un certificato di registrazione fu abbandonata.
La produzione, sospesa nel 1941, fu ripresa negli ultimi giorni del 1948 con una nuova serie matricolare; nel 1957 il revolver prese il nome di Modello 27. Le agenzie di Law Enforcement amavano tanto il calibro quanto l’arma, ma la finitura lucida e la zigrinatura superiore aggiungevano costi senza migliorare l’utilità.
Revolver Smith & Wesson Highway Patrolman modello 28
Per quella clientela, fu sviluppato il modello 28, noto come Highway Patrolman.
Stesso telaio, stessa meccanica ma costo inferiore.
Il modello 28 era brunito senza essere lucidato e aveva perso la zigrinatura superiore, le lunghezze di canna disponibili erano solo quelle da 5 e 6 pollici, anche se un centinaio di esemplari furono realizzati con canna da 8 3/8”.
L’arma fu in produzione dal 1954, quando S&W era ancora l’unico costruttore di revolver in .357 Magnum, fino al 1986; durante questo periodo registrò vendite significative anche ai tiratori civili.
Dell’arma si conoscono due varianti. Venticinque esemplari con canna da 5 pollici e finitura nichelata, marcati FHP (Florida Highway Patrol) e matricolari da 32 a 56 furono consegnati nel 1959; al momento negli Usa sono quotati tra i 4000 e i 5000 dollari.
Girando per armerie, ho visto da Berrone una variante verosimilmente più rara, di cui l’esemplare che vedete è con ogni probabilità l’unico in Italia.
Soprattutto se si considerano le condizioni, visto che mentre le versioni nichelate ben difficilmente furono portate in servizio, gli esemplari di questa versione fecero effettivamente servizio in mare.
Il revolver fu acquistato per la Guardia Costiera della California e fu richiesto al costruttore con finitura in bianco.
Quindi fu inviato alla ditta Armoloy, che provvide a quello che definì “hard chrome”.
Un procedimento proprietario consentì di ottenere una cromatura più densa di quella ottenibile con i consueti procedimenti galvanici, tanto che una pellicola robusta e duratura si poté ottenere con uno spessore di soli 5 micron.
Le prove fatte da Armoloy, confrontando il loro trattamento con un revolver S&W in acciaio inox, naturalmente di un altro modello visto che di modelli 28 in acciaio inossidabile non ne esistono, hanno dimostrato che l’hard chrome ha una resistenza all’ambiente salino molto superiore.
Il trattamento non si limita alle superfici esterne, ma coinvolge anche gli elementi interni; lo spessore di 5 micron non inficia le superfici dei piani di scatto tanto che lo scatto di questo esemplare è decisamente buono.
Restano fuori dal trattamento la transfer bar, che è un pezzettino di lamiera stampata e tranciata facilmente sostituibile, e la molla cinetica; quest’ultima con una scelta non del tutto condivisibile visto che l’esiguo spessore dello strato di cromo non dovrebbe portare ad una delaminazione anche in seguito alle ripetute flessioni della molla a lamina.
Armoloy non dice quanti revolver siano stati preparati con il loro sistema; è certo comunque che siano meno di cento, dato compatibile con le caratteristiche del cliente.
Non ho avuto il coraggio di chiedere il prezzo, anche per evitare di commettere una follia.
Resta il fatto che un revolver come questo è destinato ad un collezionista di alto livello; mi è stato detto che se non fosse per l’incredibile burocrazia l’arma sarebbe già stata venduta ad un collezionista americano.