Finché Emilio Ghisoni non ci mise le mani, il revolver era considerato un prodotto maturo, suscettibile solo di modeste e quasi insignificanti modifiche. In fin dei conti, la storia dell’arma è vecchia. Un cannone con meccanismo a revolver è conservato all’Armeria di Palazzo Ducale a Venezia, un revolver settecentesco a pietra focaia è alla Pattern Room di Nottingham e gli americani, per scarsa conoscenza della storia, fanno risalire l’arma alla realizzazione di Elisha Collier del 1814. In effetti negli States rivendicano anche l’invenzione delle armi a sola doppia azione, ignorando bellamente il revolver di Adams del 1851, per cui qualche svarione storico non deve meravigliarci più di tanto.
Anche la modifica più interessante, in questo caso per le armi ad avancarica del tamburo anche se la diffusione maggiore si ebbe su armi a retrocarica e cartuccia metallica, cioè l’avanzamento del tamburo a sigillare il gap tra questo e la canna, risale a ben prima dei fratelli Nagant e si trova su una carabina di armaiolo ginevrino datata 1862 e conservata all’Armeria Reale di Torino. Complessivamente il revolver corrisponde - forse è meglio dire corrispondeva - ad un disegno semplice e facilmente riproducibile che originò la prima arma tascabile a ripetizione che sparasse più dei due colpi di certe pistole a ruota o a pietra. E che consentisse l’uso di caricamenti efficaci, anche nelle versioni ad avancarica, diversamente da quanto accadeva con le prime pepperbox.
La rivoluzione di Emilio Ghisoni
I progetti di Emilio Ghisoni, con le sue macchine termobalistiche (Mateba), rivoluzionarono il revolver; le sue ultime idee sono state portate a compimento dall’ingegner Antonio Cudazzo, la cui opera non va affatto sottovalutata: se alcune intuizioni sono farina del sacco di Ghisoni lo studio dell’ergonomia e lo sviluppo di varie soluzioni sono opera dell’ultimo ingegnere che ci ha lavorato. Una collaborazione di questo tipo non deve sorprendere: avete presente l’intervento di Dieudonné Saïve sulla Browning HP35?
Ghisoni non poteva essere paragonato all’inventore Mormone, ma il concetto è lo stesso.
In una terra di esteti o sedicenti tali come l’Italia, in cui i sarti si chiamano stilisti e l’opera di designer è stata invocata anche nell’estetica armiera, il fatto che il revolver Ghisoni-Cudazzo, industrializzato e prodotto da Armi Chiappa con il nome di Rhino, non sia nato per essere elegante ma per funzionare bene ha creato subito due fazioni, secondo un’altra caratteristica storica dell’italico sentire.
In pratica, c’è chi esteticamente lo ama e chi lo detesta.
Il revolver, a mio personale avviso è effettivamente bruttino; per chi si è abituato alle migliori realizzazioni americane ed europee, con un occhio di riguardo all’eleganza delle armi di Adams e Lebeau Courally o alla spiccata personalità di revolver come i Webley o i Nagant, il Rhino deve ancora essere acquisito; bisognerà farci l’occhio. Ciò che conta, qualunque sia la fazione di appartenenza, è che a nessuno il revolver sia rimasto indifferente; è la dimostrazione che ci troviamo di fronte ad un prodotto di qualità che troverà la sua collocazione estetica con il tempo, come nel campo automobilistico avvenne per il Maggiolino Volkswagen e la Citroën DS. I disegni semplici che funzionano possono aver richiesto qualche tempo per abituarvisi, ma hanno sempre caratterizzato i prodotti longevi. In materia d’armi, per fare qualche esempio, la Colt Government, il Mosin Nagant e la nostrana Beretta 34. E in fin dei conti l’arma da difesa non si acquista per bearsi della sua impeccabile linea, ma perché sia efficace nel respingere e neutralizzare una minaccia.
Resta il fatto che negli States, mercato d’elezione per le armi civili che esprime un contributo non indifferente alla nostra bilancia dei pagamenti, un buon terzo dei porti d’armi per difesa sia richiesto e ottenuto dalla popolazione femminile, con una quota di mercato che si va progressivamente estendendo. Quindi è necessario pensare il mercato femminile come un obiettivo di vendita ben definito e decisamente importante. Lo dimostrano anche varie soluzioni intraviste allo SHOT Show, con pistole colorate di piccole dimensioni, addirittura in alcuni casi personalizzabili nel colore. Nelle soluzioni per un pubblico femminile mancavano, finora, i revolver; una lacuna che è stata colmata proprio con questo Rhino 30 DS.
Si poteva far qualcosa di più elegante? Certo, ma la ragion d’essere del costruttore d’armi non sta nel migliorare il gusto del cliente, bensì nel soddisfarlo.
E se negli Usa non brillano per quel raffinato gusto che si acquisisce solo dopo almeno un millennio di frequentazione dell’arte, un costruttore che debba pagare ogni mese gli stipendi dei dipendenti potrà dispiacersene a livello personale, ma ne dovrà tener conto.
Nella finitura del revolver, realizzata in Cerakote salta all’occhio il colore nero del tamburo che spicca su un telaio bianco, dall’aspetto della lacca di un pianoforte, con una trama disegnata che ricorda quella delle spaccature di pelle del rinoceronte.
La trama, apparentemente casuale, è in realtà frutto di un lungo lavoro di grafica.
Contenuti tecnici
Pregevole, per un vecchio amatore di armi fini, l’esatto riferimento sull’asse longitudinale dell’arma della vite che si vede, superiormente, davanti alla tacca di mira. Due fori ovali passanti, sopra la canna, sono finiti impeccabilmente in bianco al loro interno e contribuiscono, per via della riduzione di peso dovuta all’asportazione di materiale, a mantenere basso il baricentro dell’arma.
E quindi a contenerne il rilevamento. In effetti sarebbe possibile far coincidere il baricentro con l’asse della canna e una simile soluzione fu a suo tempo provata a livello di prototipo, ma la conseguenza indesiderata è che tutta l’energia non spesa nel rilevamento arriva pari pari sul polso del tiratore perché la terza legge della dinamica non è eludibile, per quanto a volte si possa desiderarlo. Si tratta quindi di trovare un ragionevole equilibrio, complicato dal fatto che il revolver non fluttua nel vuoto ma ha il vincolo della mano che lo impugna. Con i primi esemplari avevo rilevato significative differenze di comportamento tra le armi con canna da due e da quattro o sei pollici; propendo a credere che la canna da tre pollici abbia realizzato il compromesso ideale. Non ho provato a fuoco questa versione, ma i commenti di chi l’ha fatto mi sono giunti da persone affidabili e non ho motivo di dubitarne.
Le mire, rispetto alle prime versioni, sono munite di luminosi spezzoni di fibra ottica, verde per la tacca regolabile in altezza e deriva e rossa per il mirino. La collimazione a tre punti e due colori che ne deriva è velocissima, come si richiede ad un’arma per difesa.
La strana forma dell’impugnatura si rivela estremamente confortevole non appena si prende l’arma in mano e il tamburo è esagonale, con facce piatte che riducono solo leggermente lo spessore dell’arma, ma in un oggetto da porto anche i millimetri contano. L’unghiatura su cui agisce il nottolino di blocco del tamburo è stata leggermente disassata per non incidere sugli spessori significativi ai fini della resistenza alle pressioni; il grilletto è largo ed offre un eccellente appoggio al dito, a tutto vantaggio di uno scatto senza strappi.
Una certa iniziale perplessità deriva dalla considerazione che il cane dovrebbe attivare la camera superiore del tamburo, mentre la canna è allineata con quella inferiore. Non basta, perché armando il cane si nota che questo ritorna nella posizione che dovrebbe essere di cane abbattuto.
L’arcano si spiega con il fatto che quello che vediamo all’esterno non è affatto un cane, ma serve per armare quello vero, che è all’interno dell’impugnatura ed attiva un percussore correttamente allineato con la camera inferiore del tamburo e con la canna. Il meccanismo interno si avvale di tutti i vantaggi concessi dalle moderne tecnologie di produzione e presenta due molle a filo, di cui una serve per il ritorno del finto cane in posizione e l’altra è la molla cinetica.
Aprendo il tamburo, la tradizionale stella che ne provoca la rotazione è stata sostituita da sei spine d’acciaio, temprate e rettificate, Naturalmente è molto più semplice, con un buon divisore meccanico e a maggior ragione con il controllo numerico, dividere esattamente ina circonferenza in sei parti piuttosto che lavorare una stella, che ha sempre spazi risicati.
Non c’è dubbio che il Rhino sia diverso da tutti i revolver convenzionali, ma l’innovazione va accettata anche quando confligge con la tradizione consolidata. Altrimenti, ben difficilmente potrebbe trattarsi di innovazione. E ripeteremmo pedissequamente l’atteggiamento di certa burocrazia, per la quale muoversi significa cadere dalla sedia.
Impressioni di tiro
Abbiamo provato a sparare alcuni tamburi di .357 Magnum nel balipedio dell’azienda, impiegando cartucce Fiocchi con palla FMJTC da 142 grani, cercando di concentrarci più sulle reazioni allo sparo che sulla precisione del revolver, che già in passato abbiamo avuto modo di rilevare. La munizione che abbiamo utilizzato è decisamente “allegra” e ci ha permesso di apprezzare il significativo smorzamento del rilevamento reso possibile dal particolare assetto dell’arma. Nonostante la canna sia lunga solo tre pollici le sollecitazioni sulla mano sono sorprendentemente contenute. La White Rhino si riallinea molto facilmente anche grazie al particolare disegno dell’impugnatura che ne permette una presa più vicina all’asse della canna.
Come si può notare dalla foto, il flash allo sparo è notevole, ma pur sparando in un ambiente a luminosità ridotta non ha infastidito più di tanto. Sicuramente è possibile scegliere munizioni con effetto flash meno accentuato e più adatte all’uso in canne medio-corte.
Certo, la manipolazione dei comandi, soprattutto per chi è abituato a sparare da anni con un revolver tradizionale, richiede una certa assuefazione, quindi ci sentiamo di consigliare a chi deciderà di portare la White Rhino per difesa, di allenarsi frequentemente (anche in bianco) nelle operazioni di caricamento e scaricamento dell’arma. Per concludere, una considerazione sul prezzo: trattandosi di un modello speciale per l’anno 2017 è stato stabilito un prezzo di listino di 1652€, ma la stessa azienda ci ha comunicato che probabilmente sarà ritoccato verso il basso di un centinaio di euro.
Per ulteriori informazioni visita il sito Chiappa Firearms