Quasi tutti i sistemi oggi esistenti relativi alla chiusura geometrica di una pistola semiautomatica sono stati inventati da oltre un secolo: il classico sistema Browning a canna oscillante è nato con le Colt del 1902, il blocco oscillante come poi sviluppato dalla Beretta 92 è assimilabile a quello della Mauser C96, la canna rototraslante ha visto i suoi primi successi con la Steyr del 1907, il ginocchiello articolato, tipico della Luger e mai riproposto su altre armi, è nato prima del ‘900, senza contare altri sistemi che si rivelarono ben presto cervellotici o poco funzionali e, almeno per ora, sono decisamente caduti nel dimenticatoio.
Un sistema un pò più recente, anche se non è poi molto diffuso ed ha visto in pratica solo un paio di rappresentanti per quanto riguarda le armi corte, è stata la chiusura a rulli o Stecke, utilizzata sulla CZ 52 e sulle “meteore” Top Gun, nata al tempo della Seconda Guerra Mondiale e resa famosa dalla mitragliatrice MG42.
Anche la chiusura a rulli risale ormai a settanta e passa anni orsono: in conclusione da decenni non viene inventato nulla di nuovo, ma per fortuna c’è ancora spazio per raffinamenti e migliorie, grazie soprattutto ai progressi della metallurgia e alle nuove tecnologie produttive, come microfusione, mim ed elettroerosione, che consentono di ottenere facilmente ed economicamente parti dalla geometria molto complessa.
Ma le nuove tecnologie, da sole, non bastano di certo e devono essere sfruttate da menti brillanti e innovative: servono progettisti attenti e capaci, che non si limitino a copiare.
Difficile, ma possibile, come dimostrato dalla pistola progettata circa una decina di anni fa da un giovane ingegnere slovacco, Jaroslav Kuracina, che ha semplificato il sistema a canna rotante, ha avuto il coraggio di creare una sua azienda, la Grand Power, e ha subito mietuto numerosi successi, al punto che la sua creatura è stata addirittura “adottata” dalla STI americana che la propone, unica arma differente dalle System Colt presente nel suo listino, sotto il nome di GP in calibro Nove.
Sulle pistole che adottano un sistema di chiusura geometrica a canna rotante si deve risolvere il problema di come… farla ruotare.
Ovviamente, essendo nel campo delle armi corte la presa di gas è quasi fuori discussione (ricordiamo solo la Desert Eagle e la Wildey) e l’unico sistema adottabile è quello a corto rinculo, in cui carrello e canna sono vincolati al momento dello sparo e alla partenza del colpo arretrano insieme per un certo tratto, dopo di che la canna viene fatta ruotare e può svincolarsi e fermarsi, mentre il carrello continua la sua corsa all’indietro.
Ovvio che per trasformare il moto rettilineo all’indietro in rotazione si debba fare ricorso a piste inclinate o, meglio elicoidali: ma come?
Le prime pistole che adottavano il sistema, le favolose Steyr di inizio secolo, erano veri e propri capolavori di meccanica, realizzate senza risparmi di mano d’opera e di lavorazioni, con un sistema complesso e molto robusto, in definitiva addirittura esuberante per le energie in gioco.
Costo eccessivo e complessità meccanica fecero sì che la canna rototraslante sparisse quasi completamente insieme all’Impero che la aveva adottata: solo la CZ provò ad utilizzarla ancora, anche se inutilmente esuberante, sulle sue Vz22 e Vz24, ma poi per decenni non si è più visto nulla di simile, a parte la fugace apparizione della messicana Obregon e di una stranissima pistola della Walther pensata per armare la Volkssturm negli ultimi giorni della Seconda Guerra Mondiale.
Ricordiamo che stiamo parlando di una canna rotante che si svincola arretrando, appunto una chiusura roto-traslante, da non confondere con il sistema in cui la canna si limita a ruotare, come sulle Savage di inizio Novecento o le ben più tarde pistole francesi MAB P15, ma non arretra di un millimetro: queste armi non utilizzano una chiusura geometrica bensì una metastabile o “Delayed Blowback” di tipo Searle in cui la rotazione della canna è solo un sistema per ritardare l’apertura del carrello, che è sì collegato alla canna stressa, ma non in modo “geometrico” e stabile.
Per ritrovare una chiusura geometrica a canna rotante si deve aspettare l’inizio degli anni Novanta quando al di qua e al di là dell’Atlantico compaiono, quasi contemporaneamente, due armi particolari, la “mitraglietta” Steyr TMP e la pistola Colt All American 2000, che dimostrarono come il sistema si prestasse alle nuove tecnologie costruttive che permettevano di abbassare i costi consentendo di realizzare economicamente le complesse superfici necessarie per la rotazione della canna: da allora altri produttori si sono interessati al sistema rototraslante, abbinato per di più a moderni fusti in polimero, riportandolo in auge.
La Colt All American fu un ignobile insuccesso, più o meno come la Mauser M2, anch’essa “rotante” e costruita verso la fine del decennio dalla SIGARMS statunitense, ma tra i due flop si ebbe al contrario il buon successo della Beretta Coguar, sfociato poi recentemente nella moderna Px4.
Si è discusso a lungo se la chiusura rotante presenti vantaggi evidenti rispetto ad una più semplice e classica chiusura a canna oscillante, tipo Browning per intendersi. I pareri sono discordi, ma non si può negare che l’asse della canna può essere mantenuto più basso, riducendo il rilevamento, e che, almeno in teoria, si possa a ottenere facilmente una buona precisione dato che la canna non si inclina verso l’alto durante il ciclo di sparo dato che, come si dice, possiede “un solo grado di libertà”. Il fatto che tra le pistole a chiusura geometrica più accurate spicchino le Sig P210 e, soprattutto, le System Colt che utilizzano proprio il sistema Browning ci pare dimostri come siano altre le caratteristiche che rendono un’arma precisa, e che il numero dei “gradi di liberta” non abbia poi soverchia importanza.
Come “svantaggio” del sistema roto-traslante si segnala la complessità delle lavorazioni necessarie per realizzare camme inclinate e la culla di sostegno della canna, ma proprio l’idea di Kuracina è riuscita a far scomparire questo problema, grazie all’innovativo sistema escogitato dal progettista slovacco e impiegato sulla sua Grand Power K100.
Su questa pistola troviamo infatti un semplice perno trasversale, fissato al castello, su cui si appoggia la superficie inferiore della canna, o meglio del suo ingrossamento posteriore.
Questa superficie piana, a sua volta, prosegue in avanti con un andamento inclinato: quando la canna arretra questo piano è costretto ad adeguarsi al perno trasversale fissato al fusto ed in questo modo la canna ruota in senso antiorario.
Semplificato anche il sistema di chiusura, affidato ora ad un semplice tenone che va a contrastare un apposito recesso ricavato sul cielo del carrello. Il tenone, poi, altro non è che lo spigolo di un risalto anulare tornito intorno alla canna stessa e spianto superiormente. Si tratta quindi di una chiusura asimmetrica, come tutte quelle delle moderne armi a canna rototraslante, semplice ed efficace.
Per ridurre le lavorazioni necessarie sul cielo del carrello si è fatto saggiamente ricorso alla microfusione di qualità: il carrello viene ottenuto mediante questa tecnica con già il recesso di chiusura ed il piano di scorrimento e non necessita di grandi lavorazioni successive.
Il fusto è realizzato in materiale polimerico di ultima generazione, leggero e resistente, in cui troviamo una culla di acciaio cui si fissano i vari componenti dello scatto, di tipo misto, ovvero singola e doppia azione: lo scatto è fluido e pronto, con un reset fulmineo.
Lo smontaggio è molto semplice, simile a quello delle Walther PP: si abbassa il ponticello e si arretra il carrello per poi sollevarlo posteriormente sfilarlo in avanti; il rimontaggio ovviamente segue il percorso inverso ma le prime volte si troveranno sicuramente delle difficoltà ad allineare correttamente le varie componenti.
Interessante la duplice funzione svolta dal ponticello: non solo serve per lo smontaggio, ma la sua parte che si frappone tra canna e fusto funge anche da efficiente ammortizzatore di rinculo.
I comandi sono tutti ambidestri e l’impugnatura è anatomica e adatta a tutte le mani, per di più personalizzabile mediante dorsalini intercambiabili disponibili e richiesta.
Della K100 esiste la versione “normale” e quella sportiva, ed ultimamente la famiglia di queste interessanti pistole ha visto arrivare numerosi allestimenti in tutti i calibri più diffusi, dal 22Lr al 45 ACP, a dimostrazione della buona salute di cui gode l’azienda.