In principio era la Welrod: progettata dalla "Stazione 9", i laboratori militari britannici di Welwyn Garden, e prodotta dalla Birmingham Small Arms Ltd. (BSA).
Questa pistola a ripetizione manuale − nel corso degli anni realizzata sia in calibro 9x19 mm "Parabellum" sia in 7.65 Browning (.32 ACP) − fu distribuita a piene mani agli operatori del SOE Alleato che operavano dietro le linee nemiche nell'Europa sottomessa al giogo nazifascista, e fornita anche ai vari movimenti di resistenza nella parte occidentale del continente.
Di costruzione semplice e durevole, la Welrod non era altro che un cilindro metallico lungo circa 30 centimetri e largo tre centimetri e mezzo, ospitante un otturatore girevole-scorrevole comandato da un pomello in coda ed una canna silenziata, alimentato da un caricatore amovibile monofilare e munito di un grilletto di foggia elementare con scatto in sola azione singola.
Nelle innumerevoli azioni di guerra e guerriglia in cui fu impiegata, la Welrod si dimostrò eccezionalmente efficace anche se la sua portata utile − dichiaratamente, circa 20 metri − si riduceva nella vita reale a pochi passi.
Questo perché la pistola Welrod era nota per essere estremamente silenziosa, probabilmente l'unica arma silenziata veramente efficace della sua epoca.
La sua firma sonora veniva descritta come "uno schiocco di dita", grazie al peculiare sistema di soppressione del rumore che univa l'azione del lungo silenziatore (che peraltro riduceva la velocità alla bocca delle munizioni calibro 9 mm a livelli subsonici) a quello dell'otturatore a ciclo manuale, che impediva il rilascio incontrollato dei gas in seguito allo sparo.
L'efficacia del sistema e la solidità costruttiva erano tali che gli esemplari di Welrod sopravvissuti in buone condizioni alla Seconda Guerra Mondiale furono, secondo alcune fonti, usati dalle Forze Speciali inglesi nel corso della lotta contro i gruppi armati in Irlanda del Nord, durante il conflitto contro l'Argentina per il controllo delle isole Falkland e, più limitatamente, in occasione dell'operazione Desert Storm, la guerra contro l'Iraq del 1991.
I tempi sono cambiati, e le necessità delle unità operative speciali sono andate man mano variando ed aggiornandosi, ma una cosa non è cambiata, ovvero la necessità di avere accesso a strumenti che garantiscano efficacia e silenziosità per operazioni sensibili, quantomeno sulle distanze brevi.
A queste necessità, la svizzera B&T AG. − nota fino al 2011 come Brügger & Thomet − ha risposto col lancio sul mercato, in occasione della stagione fieristica degli inizi del 2014, la pistola silenziata VP9.
Dichiaratamente ispirata al modello della Welrod britannica, la VP9 è stata tuttavia progettata e realizzata non solo in base alle "lezioni apprese sul campo" da operatori (Forze Speciali, Servizi Segreti, etc.) di tutto il mondo, ma anche avvantaggiandosi delle più recenti tecnologie manifatturiere, che consentono di ottenere il meglio dai materiali, e degli ultimissimi ritrovati in fatto di soppressione di suono.
È interessante notare che la dicitura "VP9", tradotta in italiano, sta per "Pistola veterinaria calibro 9mm"; questo perché uno degli impieghi non militari previsti per questo strumento, in quei paesi o ambiti ove le leggi lo consentano, è l'uso come strumento "umano" per l'abbattimento di animali feriti (con particolare riguardo agli animali pericolosi) e per l'impiego nell'industria della macellazione.
A tale scopo (sempre ove legale in base alle normative locali), gli addetti di tali settori che l'acquisteranno avranno in dotazione una guida, redatta dalla stessa B&T, che indica la posizione del midollo allungato di numerosi animali da macello ed animali pericolosi, in modo che anche sulle bestie ferite più pericolose si possa procedere ad un abbattimento pulito e rapido con un "semplice" calibro 9mm, attingendo un punto che causi la morte istantanea senza pericoli e senza ulteriori sofferenze per la bestia.
Proprio come la Welrod, la B&T VP9 è realizzata in base a canoni di assoluta semplicità.
La sua struttura è costituita da un semplice tubo in acciaio inossidabile macchinato dal pieno e brunito in nero con una finitura anticorrosione e antiriflesso.
Sulla parte superiore, tale affusto presenta una finestra d'espulsione per i bossoli, e delle semplicissime mire metalliche fisse.
Sulla parte inferiore è presente una appendice rivestita in polimero, che ospita lo scatto e funge da fondello del caricatore.
Sul retro è presente un pomello che − vedremo più avanti − funge da manetta d'armamento, mentre frontalmente è situata la volata filettata a cui si deve applicare, prima dell'uso, il silenziatore fornito in dotazione.
Ciascuna VP9 viene fornita dalla B&T con un silenziatore "operativo" ed uno da "addestramento". Entrambi sono realizzati a partire da un tubo in alluminio macchinato, ma mentre il silenziatore da "addestramento" è simile in struttura a quello progettato dalla Heckler & Koch per le pistole-mitragliatrici della serie MP5-SD, quello "operativo" si basa su un sigillo alla volata e su una serie di deflettori interni in silicone.
La differenza tra i due è che il silenziatore da "addestramento" non si degrada ma non offre le stesse potenzialità del silenziatore "operativo", ed è dunque adatto per l'operatore che debba impratichirsi con le basi del maneggio e dell'uso della VP9.
Il silenziatore "operativo" si caratterizza per la possibilità di manutenzione − anche totale − sul campo.
La sua "vita operativa", stando a quanto dichiarato dalla B&T, è di circa 20 colpi: dopo di essi può continuare ad essere utilizzato, ma la sua efficacia si degrada; per ripristinarla si può semplicemente smontare e sostituire i deflettori in silicone e la componente del sigillo frontale, che gli enti autorizzati potranno acquistare come ricambio dalla stessa B&T.
La VP9 è camerata per il calibro 9x19mm "Parabellum", e si alimenta tramite caricatori monofilari in lamierino metallico che altro non sono che i caricatori della pistola SIG P225, modificati dalla B&T per ospitare solo cinque colpi e rivestiti da un manicotto polimerico zigrinato che funge da impugnatura quando il caricatore è inserito nella sua sede squadrata sulla parte inferiore del corpo centrale tubolare dell'arma.
La sede del caricatore presenta, sul lato sinistro, due pulsanti: uno a molla per il rilascio del caricatore, uno a traversino che attiva la sicura manuale, la quale interviene sulla catena di scatto bloccando il movimento della barra di trasferimento.
Il grilletto, che interviene su uno scatto in sola singola azione, è di foggia molto spartana, ma pensata affinché la B&T VP9 si possa, quando necessario, portare nascosta senza che, all'estrazione, esso vada ad impigliarsi da qualche parte o, peggio, faccia partire accidentalmente il colpo.
La B&T VP9 è un'arma a ripetizione manuale, che spara un colpo alla volta e il cui ciclo di fuoco è demandato ad un otturatore girevole-scorrevole che sembra la versione ridotta di un design Mauser − e in quanto tale presenta due robusti tenoni di chiusura.
Una manopola posteriore funge da manetta d'armamento; ad ogni colpo, per espellere il bossolo vuoto ed inserire un nuovo colpo in canna, il tiratore dovrà farle fare un quarto di giro in senso orario, tirarla indietro per ritrarre l'otturatore sino a fine corsa, poi rispingerlo in sede e farle fare un altro quarto di giro in senso antiorario, finché i due riferimenti rossi − uno sulla manopola stessa, uno sul corpo tubolare dell'arma − non combaceranno.
A quel punto l'arma sarà di nuovo carica e perfettamente in chiusura.
La chiusura ad otturatore girevole-scorrevole è in realtà parte integrante del sistema di soppressione della firma sonora, e totalmente funzionale ad essa.
Poiché anche sulla canna sono presenti numerosi fori di sfogo che non permettono ai gas generati all'atto dello sparo di uscire dal sistema da nessuna parte che non sia all'interno delle camere d'espansione del silenziatore, non vi è fuga alcuna di gas quando la B&T VP9 fa fuoco.
La riduzione della firma sonora − che potremmo definire drastica − ha luogo su due livelli: la chiusura ermetica del sistema impedisce per l'appunto l'espansione violenta dei gas, mentre gli stessi − veicolati entro le camere d'espansione del silenziatore − frenano il proiettile al suo passaggio, impedendogli di raggiungere velocità supersoniche e dunque di generare il relativo, caratteristico suono quando lascia la volata.
I risultati sono straordinari: la media di riduzione è di 31.5 Decibel, il ché significa che un normale caricamento 9x19mm FMJ da 124 grani genererà una firma sonora pari a 129 Decibel... che arrivano ad essere appena quattro (il rumore della portiera di un'auto che viene chiuso) se si usano munizioni subsoniche specifiche per i silenziatori.
Il sistema di ritenzione del gas all'interno dell'arma è tanto efficace che quando si apre l'otturatore dopo aver fatto fuoco, si potrà distintamente udire un sommesso sbuffo: solo allora, infatti, i gas rimasti all'interno potranno uscire.
Lunga in tutto 28 centimetri senza il silenziatore, e dal peso totale a vuoto di 862 grammi, la B&T VP9 spicca per il profilo veramente ridotto: poiché può far fuoco anche senza il caricatore inserito, essa può essere portata nascosta dentro la manica di una giacca o di un cappotto per operazioni coperte. La portata massima dichiarata per la VP9 è di dieci metri, ed entro tale distanza la precisione risulta eccelletnte: cinque colpi possono essere posti in una rosata della dimensione di una moneta da due Euro o poco più. Si tratta di livelli che le armi di questo tipo sinora potevano a malapena sognare, anche se comunque resta sempre indicato l'uso su distanze molto più ridotte.
L'innovazione non nasce (non sempre, quantomeno) di per sé, da sola e di sana pianta; non è mai esistito un design che non si basasse in parte quantomeno su dei concetti già sperimentati in passato; ciò è tanto più vero in un settore tendenzialmente conservatore come quello delle armi da fuoco. Con la VP9, la B&T dimostra che un concetto sperimentato ed affidabile come quello della Welrod, se aggiornato nelle modalità costruttive e nella tecnologia ai livelli contemporanei, può ancora avere il suo ruolo nelle operazioni non-convenzionali all'alba del secondo ventennio del XXI Secolo.