Tutti gli strumenti ottici, cannocchiali, binocoli, telescopi, hanno una caratteristica che a volte viene strillata, a volte appena accennata tra le caratteristiche tecniche. Si tratta dell'estrazione pupillare, inglese “eye relief”, un termine molto più descrittivo e intuitivo, rappresenta la misura della distanza alla quale deve stare l'occhio dell'osservatore dalla lente dell'oculare dello strumento per far sì che sia visibile in modo ottimale tutto il campo visivo apparente (cioè, l'ampiezza dell'area circolare vista attraverso il cannocchiale; si ottiene moltiplicando il campo visivo reale per l'ingrandimento).
Guarda caso, coincide con la distanza di focalizzazione della pupilla d’uscita del nostro cannocchiale (altra caratteristica dello strumento che a seconda dei casi può essere strombazzata o nascosta…); questa è data dal rapporto tra l’apertura effettiva e l’ingrandimento dell'obiettivo, e semplificando molto, più è grande la pupilla d'uscita, più l'immagine risulterà luminosa.
Estremamente importante, soprattutto per il tiratore, l’estrazione pupillare è determinante nella scelta del cannocchiale della propria arma a canna rigata (sia carabina che, a maggior ragione, pistola), perché definisce la posizione del tiratore rispetto all’arma e può influire pesantemente sul rendimento e le prestazioni dell’insieme ottica/arma/tiratore.
Ad esempio, un'estrazione pupillare troppo corta porta il tiratore ad avvicinarsi troppo all’oculare, con il concreto rischio che la carabina, sotto l’azione del rinculo, ferisca il tiratore (classica ferita al sopracciglio o “occhio nero”…).
Senza però raggiungere questi estremi, un'estrazione pupillare non correttamente dimensionata può costringere il tiratore ad assumere posizioni scomode o innaturali, disturbando il tiro (fenomeno che è particolarmente evidente nelle ottiche a ingrandimento variabile, come vedremo più avanti).
Sapere come si forma l’estrazione pupillare e l'influenza che questo valore ha sugli altri parametri dell’ottica è molto importante per valutare il cannocchiale possibilmente prima dell’acquisto; perché di importanza predominante nei mirini telescopici, ci occuperemo essenzialmente di questi ultimi.
L’estrazione pupillare è legata al campo visivo apparente e, come abbiamo visto, alla pupilla d’uscita.
Misurare la pupilla d’uscita e l’estrazione pupillare di un cannocchiale è molto facile: basta puntarlo a una sorgente di luce uniforme abbastanza forte, prendere un foglio di carta e metterlo dietro l’oculare: allontanando progressivamente il foglio, si noterà che il cerchio di luce diventa sempre più definito, fino a diventare perfettamente a fuoco; ora, basta un comune righello per misurare la distanza dall’oculare e il diametro del cerchio.
I problemi cominciano con il campo visivo apparente
Un requisito fondamentale di un'ottica per carabina è quello di avere l’oculare sufficientemente lontano dall’occhio dell’utilizzatore per evitare problemi durante il tiro; allo stesso tempo, è naturale cercare di offrire un campo visivo apparente più ampio possibile.
Il problema è che l’estrazione pupillare si riduce sempre più all’aumentare del campo visivo apparente: uno esclude l’altro, e quindi si deve cercare un compromesso.
Infatti, le aberrazioni ottiche in un oculare diventano sempre più difficili da correggere all’aumentare del campo visivo apparente; per mantenere una buona risoluzione mantenendo al minimo le aberrazioni e le deformazioni geometriche è necessario aggiungere altri elementi ottici ed eventualmente l’aumento del diametro dell’oculare stesso.
Ciò significa più vetro, più lavorazioni complesse e maggior costo; ma più vetro attraversa la luce, meno contrasto avremo nell’immagine… pertanto, i costi aumenteranno ancora, perché sarà necessario utilizzare vetri a bassa dispersione e/o trattamenti superficiali più avanzati per ridurre la dispersione e le riflessioni interne.
Ecco perché alcuni produttori preferiscono “strillare” un valore, come ad esempio quello del campo visivo apparente, e conseguentemente evitare di pubblicizzare il valore dell’estrazione pupillare; un’ottica con un valore eccessivo in un senso o nell’altro avrà ovviamente una drastica riduzione del parametro corrispondente.
Esempio lampante, i cannocchiali cosiddetti EER (Extended Eye Relief), che hanno un’estrazione pupillare molto elevata per essere usati su armi corte e che esibiscono nella maggior parte dei casi un campo visivo apparente ridottissimo, tale da rendere virtualmente inutilizzabili questi strumenti con ingrandimenti superiori a 6x. L'eccellente Leupold VX-II 2.5x28mm con estrazione pupillare di 235mm, progettato per essere impiegato con le armi Bolt Action di tipo "Scout" teorizzate dal Colonello Jeff Cooper, possiede infatti un ingrandimento di soli 2,3x reali.
E qui troviamo un altro problema; l’estrazione pupillare è anche funzione dell’ingrandimento dell’ottica: maggiore il numero degli ingrandimenti, minore sarà il campo visivo apparente, volendo mantenere un valore “di sicurezza” di estrazione pupillare.
Inoltre, in uno strumento a ingrandimento variabile, la distanza “dell’eye relief” è inversamente proporzionale all’ingrandimento impostato, perciò in ottiche che non siano di qualità eccellente, impostare l’ingrandimento più elevato può significare di nuovo un occhio nero…
Perciò, prima di acquistare un cannocchiale, accertarsi dei valori di estrazione pupillare ai vari ingrandimenti, per essere sicuri che l’escursione non sia tale da costringere a contorsionismi, e allo stesso tempo assicurarsi che in un “fisso” (soprattutto per i modelli dotati di ingrandimenti superiori a 12x) il valore di estrazione pupillare sia sufficiente a garantire un sicuro rinculo dell’arma (almeno 70 mm).
Valori superiori diventano essenziali qualora si portino occhiali da vista o protettivi; un cannocchiale variabile come il magnifico Zeiss Victory V8, che offre un'estrazione pupillare di ben 95 mm, è sicuramente ai vertici (purtroppo, anche nel prezzo!).
Nel caso non siano necessari ingrandimenti, un'ottica "a punto rosso" a riflessione 1x, come il mirino olografico EOTech XPS3 oppure il mirino reflex Aimpoint 9000 SC, offre due vantaggi: il campo visivo apparente maggiore possibile (anche perchè si sovrappone al campo visivo reale dell'occhio...) e un'estrazione pupillare infinita, poiché l'unico elemento ottico è costituito da un riflettore sferico con trattamento dicroico che non necessita di alcun sistema di collimazione; in altre parole, a tutti gli effetti pratici, per l'osservatore è come traguardare attraverso un semplice vetro trasparente.
I trattamenti delle lenti
Una nota sui trattamenti: lo scopo è quello di aumentare la trasmissione della luce, ma non per aumentare la luminosità dell’ottica… piuttosto, per evitare che la perdita si traduca in un degrado nella qualità visiva. In un cannocchiale di qualità, ogni elemento ottico dovrebbe avere un trattamento su ciascuna superficie aria/vetro.
Normalmente, questo è definito come “full coated”; la maggior parte degli strumenti di questo tipo ha una tinta azzurrina (qualche volta rossa) sulle lenti.
Le ottiche di maggior qualità hanno un trattamento multistrato su almeno le superfici esterne (obbiettivo e oculare), e sono definite “multi coated”: queste sono caratterizzate da una tinta verde (meglio se verde cupo); se ciascuna lente è trattata in questo modo, allora abbiamo uno strumento “fully multi coated”, e il prezzo può facilmente volare oltre i mille euro (il colore delle lenti in questo caso è quasi sempre viola scuro, cangiante a seconda dell’angolo).