In tutti questi anni al poligono m’è capitato di vedere quasi ogni sorta di ottica sui fucili usati per il tiro a segno, da copie cinesi economiche di punti rossi di vario tipo alle ottiche militari più gettonate all’ultimo grido in fatto di tecnologia, con ottiche dotate di telemetri laser integrati e calcolatori balistici.
Il punto è che il fatto che un’ottica sia eccezionale per l’uso da parte di un tiratore scelto in Afghanistan non la rende necessariamente l’ideale per l’impiego al poligono locale, per lo stesso motivo per cui un blindato non è necessariamente la scelta migliore per muoversi per le vie del centro nell’ora di punta.
Come spesso accade, la destinazione d’impiego detta le caratteristiche dello strumento.
Ci sono svariati tipi di “tiro in poligono” ma, al fine di mantenere questo articolo entro limiti ragionevoli, prenderemo in considerazione solo il classico tiro da posizione statica a un bersaglio statico. Cominciamo a farci un’idea di cosa serva per centrare il bersaglio con precisione: avremo bisogno di ottima nitidezza, grande definizione (la capacità del sistema ottico, date due linee sottili ravvicinate, di rappresentarle separatamente anzichè come un’unica linea spessa e sfocata) e l’assenza di aberrazioni ottiche a barilotto, cuscino o frange di colore: più nitida l’immagine ed elevato il contrasto, meglio riusciremo a mirare con minor sforzo per gli occhi.
Quest’ultimo è un aspetto assai importante, dato che con ogni probabilità ci troveremo a traguardare nell’ottica per ore.
Siamo solitamente inclini a credere che maggiore l’ingrandimento, meglio ci troveremo.
Dopo tutto, il campo visivo non è un’aspetto rilevante nel tiro a segno. Certamente da un lato c’è del merito in questa considerazione ma, dall’altro, è altrettanto vero che non abbiamo esigenze di riconoscimento del bersaglio, che è chiaramente demarcato, ad alto contrasto e ben illuminato.
Un forte ingrandimento ha i suoi vantaggi, ma ha un prezzo: prima di tutto ingigantirà anche ogni minimo tremore del fucile, dato che tenere un’arma perfettamente immobile è impossibile, persino su un rest. Ci saranno sempre minuscoli tremolii e movimenti: solitamente siamo ignari della loro esistenza perchè sono così piccoli da essere impercettibili, ma un’ottica con un numero sufficiente di ingrandimenti (diciamo da 8x in su) li renderà ben distinguibili, e maggiore l’ingrandimento, maggiori i tremolii dell’immagine.
L’occhio cerca di seguire qualsiasi cosa su cui noi focalizziamo la nostra attenzione (ad esempio la mouche del bersaglio) per mantenerla nel centro del nostro campo visivo. In pratica, ci troveremo a guardare un’immagine mossa per ore, mentre il nostro occhio cerca di renderla stabile. Ci sono pochi metodi più efficaci per procurarsi un mal di testa, credetemi.
E, ancor peggio in termini di precisione di tiro, il nostro corpo cercherà inconsciamente di compensare e mantenere il reticolo centrato, aggiungendo minute contrazioni muscolari ai piccoli movimenti che sono conseguenza inevitabile di un organismo vivente.
Dunque, anche se il bersaglio appare più grande e quindi apparentemente più facile da colpire, di fatto in questo modo riduciamo la nostra capacità di ottenere una rosata stretta.
Non ci serve un bersaglio grande: deve essere grande quel tanto che basta da consentirci di mirare correttamente.
Solitamente per tiri entro i 2-300m un ingrandimento di 4x-6x è più che sufficiente. Ho tirato alcune delle mie migliori rosate a 300 m con un’ottica 3,5x.
Un altro problema di un forte ingrandimento è che consuma un mucchio di luce perchè, data una lente frontale di un certo diametro, un ingrandimento maggiore spanderà la luce raccolta da quella lente su un’immagine virtuale più grande, della quale vediamo solo una piccola porzione.
Sebbene non ci serva l’estrema luminosità di un’ottica da sniping o da caccia, dato che ben difficilmente tireremo in condizioni crepuscolari, abbiamo comunque bisogno di vedere chiaramente il bersaglio: un ingrandimento maggiore richiede lenti più grandi e costose per assicurare una luminosità accettabile.
La cosiddetta “pupilla d’uscita” dell’ottica, ossia il diametro dell’immagine proiettata dall’oculare alla corretta distanza dallo stesso, è pari al diametro della lente frontale diviso per gli ingrandimenti. Per esempio, un’ottica da 32 mm con 8 ingrandimenti avrà una pupilla d’uscita di 4 mm.
La dimensione media massima di una pupilla umana è tra i 5 e i 9 mm (secondo età) e se la pupilla d’uscita è più piccola, percepiremo l’immagine come scura e avremo difficoltà a tenerla correttamente allineata, fattori che conducono anch’essi a precoce affaticamento dell’occhio.
Inoltre la distanza tra occhio e obiettivo è più critica con ingrandimenti maggiori, di nuovo aumentando la fatica dell’occhio.
Le ottiche zoom sono ugualmente non una buona scelta, dato che i complessi gruppi ottici necessari a ottenere l’ingrandimento variabile consumano luce e costano soldi che sarebbero assai meglio spesi in un’ottica fissa di qualità superiore.
Infine, forti ingrandimenti amplificano anche eventuali difetti ottici nell’ottica. È più semplice ottenere una buona qualità con livelli d’ingrandimento più ridotti, e dato che gli ingrandimenti sono costosi, di nuovo meglio spendere i soldi in un’ottica più nitida.
Il terzo aspetto cruciale è il reticolo. Il reticolo mil dot è una scelta diffusa per il solito motivo: è ciò che usano i tiratori scelti dei reparti speciali. In effetti, se si sa come usarlo correttamente, un reticolo mil dot è un’ottimo strumento per centrare bersagli in movimento a una distanza non nota a priori con venti traversi che influenzino la traiettoria del proiettile. Ma, di nuovo, noi spareremo a bersagli statici a distanza nota e avremo tutto il tempo di attendere un momento di quiete di vento prima di spedire il proiettile verso il bersaglio. Non avremo bisogno di calcolare distanze o traiettorie balistiche: tutto ciò che ci serve è un riferimento di mira che ci consenta di centrare bene il bersaglio, nel modo più preciso e netto possibile.
Il vecchio, classico reticolo “fine crosshair” è ancora il migliore in quest’ambito. Alcuni preferiscono un puntino nel centro su cui focalizzarsi, altri (e sono tra questi) preferiscono la versione semplice: meno c’è a distrarre, meglio è. Un tipo di reticolo meno convenzionale che ho scoperto funzionare in modo sorprendentemente valido è un sottile cerchio. Il nostro occhio è in grado di porre un oggetto nel centro di un cerchio con una precisione incredibile, e di disporre due cerchi in modo perfettamente concentrico con la massima facilità, un principio sfruttato nelle mire a diottra e usato nell’ispezione finale delle canne di fucile (alcune delle canne più precise vengono sottoposte a un’ultima ispezione a occhio nudo da parte di un esperto addetto al controllo).
Dato che i bersagli sono tipicamente circolari, è molto facile centrarli perfettamente in un reticolo circolare. È anche un processo che non affatica gli occhi quanto la suddivisione in quadranti simmetrici con un reticolo a croce tradizionale. Se vi capitasse di riuscire a procurarvi un’ottica di questo tipo, vale decisamente la pena provarla. L'ottica standard 1,5x dello Steyr AUG usa un reticolo di questo tipo.
Dunque, per riassumere, la qualità ottica deve essere la nostra prima e assoluta priorità. Il reticolo dev’essere il più semplice possibile.
L’ingrandimento dovrebbe essere fisso e stare tra il 4x e il 6x, anche se la cosa è abbastanza soggettiva: bersagli particolarmente piccoli (come quelli per le gare di bench rest 22) o a distanze maggiori possono necessitare di maggior ingrandimento, infine l’età è, tristemente, un fattore significativo. A venticinque anni non avevo alcun bisogno di ottiche di sorta: le mire metalliche erano tutto ciò che mi serviva a tirare bene per un pomeriggio. Ora che sono passati alcuni anni da quando ho compiuto i quaranta, dopo una dozzina di colpi le cose cominciano a farsi confuse e decisamente vorrei un’ottica da almeno 3 ingrandimenti per tirare a qualsiasi cosa sia più lontana di 100 metri, grazie.