Il reato di uccellagione ed i riferimenti normativi
Prima di prendere in esame, nel concreto, la sentenza, vediamo cosa dice la legge in merito al reato di uccellagione. Il primo articolo da cui prendere le mosse è l’art. 3 della legge 157 del 92, la famigerata legge quadro sulla Caccia. L’art. 3 prevede il divieto, su tutto il territorio nazionale, di ogni forma di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici, nonché di uova, nidi e piccoli nati. Il secondo articolo che ci interessa è l’art. 21, lett. V) vieta inoltre di vendere a privati, e quindi ne vieta anche il possesso, di reti concepite appositamente per l’uccellagione. L’art. 30 lett. E) punisce con l’arresto fino ad un anno e l’ammenda di euro da 774 a 2.065 chi esercita l’uccellagione.
La sentenza n. 4877 del 31 gennaio 2019 – Corte di Cassazione 3° sez. penale
La fattispecie
Il tribunale di Brescia condannava Tizio alla ammenda di euro 1.500 perché ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 30, comma 1, lett. B) della legge 157 del 1992 perché, con più azioni consecutive volte al medesimo disegno criminoso, deteneva in una gabbia un esemplare di pettirosso, specie di cui è vietata la Caccia ai sensi dell’art. 2, lett. C) della medesima legge quadro.
Inoltre, esercitava uccellagione mediante l’utilizzo di una rete a tramaglio. Tale mezzo è vietato dall’art. 21, comma 1, lett. U) della 157/92.
Tizio presenta ricorso per Cassazione, adducendo i seguenti motivi:
- Col primo motivo viene eccepita contraddittorietà tra la motivazione della sentenza di condanna e quanto, invece, riferito in sede di esame dallo stesso imputato. In particolare Tizio sostiene che quanto da egli raccontato sia inattaccabile sul piano logico e consequenziale: né il pettirosso né la rete, da egli rinvenuta una settimana prima della contestazione ad una distanza di 200 metri dal proprio capanno fossero di sua proprietà. Il giorno della contestazione del reato, racconta Tizio, si era recato al capanno per dare da mangiare ai propri uccelli da richiamo, ed aveva fatto una passeggiata nel bosco;
- Il secondo motivo addotto dal ricorrente, invece, verte sul novero della specie pettirosso all’interno dell’Allegato II della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979 recepita in Italia con legge 5 agosto 1981 n. 503. A detta di Tizio il Tribunale avrebbe ritenuto il novero del pettirosso all’interno dell’Allegato alla Convenzione di Berna come elemento sufficiente affinché tale specie sia da considerarsi specie in via d’estinzione. A detta di Tizio, invece, sarebbero da considerarsi specie in via d’estinzione solo quelle contemplate nelle c.d. Liste Rosse redatte dall’International Union for Conservation of Nature (IUCN). A detta di Tizio si sarebbe applicato in maniera del tutto arbitraria ed errata l’art. 30 della legge 157 del 92;
- Altro elemento avvalorante la tesi di Tizio sarebbe quello relativo al fatto che il Tribunale non si sia accertato della concreta ed effettiva efficacia del mezzo rinvenuto (rete a tramaglio) per la cattura di un numero indiscriminato ed indeterminato di uccelli. In particolare, al momento del rinvenimento e contestazione del reato, all’interno della rete non vi era alcun esemplare;
- Tizio, inoltre, sostiene che il giudice avrebbe escluso la causa di non punibilità, invocata dal ricorrente, sulla base di un illogico e del tutto arbitrario automatismo tra la detenzione in gabbia del pettirosso ed il verificarsi di una situazione di crudeltà nei confronti dell’animale, che si potrebbe invece verificare e quindi essere ravvisabile solo ed esclusivamente nel momento in cui l’animale fosse stato detenuto in condizioni inidonee.
I motivi di rigetto del ricorso ed i criteri di configurabilità
Il ricorso, sulla base dei punti sopra menzionati, è da considerarsi infondato e quindi rigettato.
Ovviamente, per ragioni di convenienza espositiva, faremo una rapida sintesi delle motivazioni che hanno portato la Cassazione a rigettare questo ricorso.
Quello che a noi interessa, in questo articolo, sono i criteri che configurano il reato. Ed in questo, la Cassazione, ha stabilito in modo preciso quanto segue: la fattispecie contemplata dall’art. 30, comma 1, lett. E) della legge 157 del 92 è modellato come fattispecie di pericolo a consumazione anticipata, per la cui integrazione è sufficiente qualsiasi atto diretto alla cattura di uccelli con mezzi diversi dalle armi da sparo e con potenzialità offensiva indeterminata, non essendo quindi richiesta la concreta apprensione di volatili.
Inoltre, altro parametro stabilito dalla Cassazione, è quello relativo alla differenziazione tra uccellagione in senso stretto e caccia con mezzi vietati; nel caso dell’uccellagione vi è un indiscriminato depauperamento della fauna selvatica a prescindere dalle specie catturate. Nel caso, invece, della caccia con mezzi vietati, vi è il prelievo di singoli esemplari appartenenti ad una determinata specie.
Secondo la Cassazione la rete predisposta da tizio, seppur vuota al momento della contestazione del reato e seppur di piccole dimensioni, era perfettamente in grado di svolgere la funzione per la quale era stata concepita e predisposta.
Quindi, secondo tale sentenza, il solo aver predisposto una rete a tramaglio per la cattura di un numero indiscriminato di uccelli, a prescindere dalla loro specie di appartenenza, integra perfettamente il reato di uccellagione.
Normative di riferimento
Legge quadro del 10 febbraio 1992 n. 157
Convenzione di Berna del 19 settembre 1979
Legge n. 503 del 5 agosto 1981
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Corrado Maria Petrucci
Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia
Responsabile rubrica legale All4shooters.com / All4hunters.com
email: legalall4shooters@gmail.com