Armi bianche, coltelli, spade, pugnali: facciamo il punto
Per comprendere pienamente l’argomento di oggi è necessario, come sempre, fare le dovute premesse. Per la legge italiana è da considerarsi arma in senso stretto quell’oggetto la cui destinazione finale è l’offesa alla persona. Quell’oggetto, cioè, che è stato appositamente pensato e costruito per arrecare una offesa alla persona. Per armi corte e lunghe lo scriminante è la potenza generata al momento dello sparo; un’arma in grado di generare una potenza superiore ai 7,5 joule è classificata come arma da fuoco, e necessità di essere denunciata con i dovuti permessi.
E per coltelli, spade, pugnali e simili?
In tal senso, invece, abbiamo imparato che è da considerarsi arma in senso proprio, ad esempio, il pugnale, che ha due caratteristiche fondamentali, che lo rendono un oggetto la cui destinazione finale è, in modo evidente, l’offesa alla persona. Parliamo prima di tutto della punga acuta. E, successivamente, del filo della lama sviluppato su entrambi i lati.
Queste caratteristiche, che sono tipiche del pugnale, ne determinano l’appartenenza alla classe delle armi, e la detenzione è subordinata al possesso dei necessari titoli.
Il normale coltello da cucina, invece, è arma in senso improprio, cioè un oggetto la cui destinazione finale non è quella dell’offesa alla persona, ma che, in determinate circostanze di tempo e luogo, può essere usato per arrecare l’offesa.
Spade di rappresentanza: cosa dice la legge?
Rendiamoci prima di tutto conto di cosa è una spada di rappresentanza. Essa è letteralmente un vero e proprio simulacro, un oggetto cioè privo sia di punta acuta sia di filo della lama (anche solo da un lato) che è stato pensato e costrutto proprio in virtù della necessità di simulare una spada vera e propria.
Vediamo i riferimenti normativi più importanti in materia.
Prima di tutto l’art. 5 della legge 36 del 1990 stabilisce, in modo certamente esplicito, come la detenzione, la collezione ed il trasporto di armi antiche inidonee a recare offesa per difetto ineliminabile della punta o del taglio, ovvero dei congegni di lancio o di sparo, sono consentiti senza alcuna autorizzazione.
Rendiamoci sempre conto, però, che il legislatore ha voluto stabilire come vi debbano essere delle condizioni imprescindibili e cioè, in questo caso, un eliminabile difetto della punta, del taglio, e dei congegni di lancio o sparo.
Altro riferimento necessario è quello alla Circolare dello Stato Maggiore dell’Esercito del 2 marzo 2016, in cui è possibile stabilire con certezza, che deve essere denunciata all’Autorità di pubblica sicurezza soltanto la detenzione di sciabole e spadini ascrivibili alla categoria delle “armi bianche proprie”, in quanto muniti di punta acuminata e di filo tagliente (caratteristiche costruttive che ne subordinano l’acquisizione al possesso di una licenza di porto d’armi o di un nulla osta all’acquisto rilasciati dalla medesima Autorità di P.S.).
Interessante, inoltre, il riferimento che è opportuno fare ad altra importante circolare, questa volta del Ministero dell’Interno, del 17 gennaio 2020 nella quale è proprio riportato il vero e proprio status giuridico delle sciabole, spadini, e spade privi di punta e taglio.
Nel caso in cui, la sciabola o lo spadino dall’origine siano prodotti e commercializzati privi della punta e del filo tagliente, per costituire un “accessorio d’ornamento dell’uniforme”, ovvero siano stati resi un mero “simulacro” e dunque non idonei a recare offesa alla persona, poiché privi di tali caratteristiche, gli stessi non vanno considerati un’arma, quanto, piuttosto, strumenti atti ad offendere. Conseguentemente essi non necessitano delle sopra richiamate autorizzazioni o adempimenti previsti dalla normativa di pubblica sicurezza e, pertanto, non sono soggetti all’obbligo di denuncia di detenzione.