Custodire insieme le armi di due soggetti diversi: interessante sentenza del Tribunale di Verona

I fatti

Materia: diritto delle armi e di pubblica sicurezza

Ambito: custodia promiscua delle armi di due diversi soggetti

Normative di riferimento: art. 20bis legge 18 aprile 1975 n. 110

Tizio e Caio sono padre e figlio. Entrambi sono appassionati di armi e, vivendo l’uno sopra l’altro in due differenti appartamenti, decidono di tenere insieme le armi. Intendiamo, in questo caso, un particolare modo di detenzione delle armi: i due soggetti tengono le armi nello stesso posto, e quindi in questo modo si configura la possibilità che l’uno entri in possesso delle armi dell’altro, in qualsiasi momento.

Leggendo il testo della sentenza, viene riportato come le armi di Tizio e Caio venivano custodite in due diversi armadi, ma comunque entrambi accessibili indistintamente da entrambi i soggetti.

Tizio, padre di Caio, in preda ad una crisi, tenta di togliersi la vita, utilizzando purtroppo proprio una delle armi del figlio Caio.

Ovviamente, una volta giunti i sanitari sul luogo della vicenda, venivano avvertite anche le forze dell’ordine che, in virtù della vicenda così descritta, sequestravano l’arma di Tizio, denunciandolo per omessa custodia.

L’assoluzione di Tizio

Vi diciamo subito che Tizio verrà assolto dall’accusa mossagli da parte dell’Amministrazione. Vediamo di capire come i giudici hanno ragionato.

Prima di tutto Tizio, con la sua difesa, dichiarerà di non essere a conoscenza di quello che viene descritto non proprio come un disagio psichico acclarato e diagnosticato del padre, ma più come uno stato di “generalizzata agitazione”. Caio infatti, anche sulla base di quanto dichiarato da parte del medico di base che lo aveva in cura, assumeva psicofarmaci in quanto molto agitato a causa di un problema fisico alle gambe, e a causa di problemi relativi ad altro familiare.

Tizio quindi prosegue la propria vincente difesa, producendo prove evidenti di come lo stesso non potesse essere a conoscenza dello stato di agitazione del genitore, in quanto passava moltissimo tempo fuori casa, per lavoro e per altre esigenze personali.

Tra le altre cose, viene inoltre pacificamente ricostruito il modo in cui le armi venivano custodite e come di fatto non fossero custodire le stesse in maniera non attenta e quindi poco diligente.

La casa dei genitori di Tizio, in cui erano presenti i due armadi con all’interno le armi, era dotata di sistemi di allarme e non era mai lasciata incustodita, con la costante presenza di qualcuno all’interno della stessa.

Il Tribunale di Verona, nel dare ragione a Tizio, evidenzia l’intervento e l’orientamento oramai pacifico ed acclarato della Corte di Cassazione, secondo cui “ai fini dell’integrazione del reato di omessa custodia di armi, previsto dall’art. 20 bis, comma 2, della legge 18 aprile 1975, n. 110, è necessario che l’agente possa rappresentarsi, in relazione a circostanze specifiche, l’esistenza di una concreta situazione di fatto tale da richiedere l’adozione di cautele volte ad impedire che uno dei soggetti contemplati dalla predetta disposizione – minori incapaci, persone inesperte o tossicodipendenti – riescano ad impossessarsi delle armi”

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