I fatti
- Materia: diritto delle armi e di pubblica sicurezza
- Ambito: porto d’armi da difesa ed uso, non obbligatorio, di metodi di pagamento alternativi al contante
- Normative di riferimento: art. 42 TULPS
Tizio, amministratore delegato di una importante azienda che commercia pelletteria per calzature, risulta essere titolare, dal 1991 di porto di pistola per difesa personale.
La professione che svolge, infatti, gli permette di incontrare tanti clienti che scelgono, in modo assolutamente legale e legittimo, di pagare la merce in contanti. Questo costringe poi Tizio a rientrare in azienda con una ingente quantità di denaro addosso, esponendolo, ovviamente, al pericolo di subire rapine o peggio.
In sede di rinnovo l’Amministrazione, in questo caso la Prefettura, sostiene che Tizio possa ovviare al problema dell’ingente somma di denaro che si troverebbe costretto a trasportare con sè, utilizzando tutta una serie di modalità di pagamento alternativi, predisposti dal sistema bancario.
Tizio, ovviamente, non ci sta e decide di impugnare il provvedimento di diniego di rinnovo del porto d’armi con le motivazioni che, di seguito, elenchiamo.
I motivi e l’accoglimenti del ricorso
Vediamo insieme in che modo Tizio decide di proporre ricorso avverso il provvedimento di divieto di rinnovo del porto d’armi.
Secondo Tizio, non sarebbero stati indicati dall’Amministrazione nuovi elementi fattuali o nuovi criteri valutativi a giustificazione del mutamento di indirizzo; deduceva inoltre che l’esistenza di forme alternative al pagamento di contante non può determinare la cessazione delle esigenze di difesa dell’incolumità personale.
Tra le altre cose, l’Amministrazione, imponendo di fatto metodi di pagamento alternativi, andrebbe contro due principi fondamentali.
Prima di tutto la libera iniziativa dell’individuo la quale, seppur comprimibile di fronte ad esigenze di maggiore rilevanza come la pubblica sicurezza, non può in alcun modo essere totalmente estinta, stante quindi l’obbligo per l’Amministrazione di emettere valutazioni che siano bilanciate dal punto di vista degli interessi.
Sarebbe poi da considerare non legale anche l’obbligo, imposto indirettamente a Tizio, di non accettare pagamenti in contanti. L’art. 693 del codice penale infatti punisce chi non accetta moneta avente corso legale.
Il TAR deciderà quindi di dare ragione a Tizio, sostenendo che le sue motivazioni sono da considerarsi legittime.
Avverso la sentenza di accoglimento del TAR propone ricorso il Ministero dell’Interno al Consiglio di Stato ma, udite udite, il ricorso del Ministero dell’Interno verrà rigettato.
La sentenza del Consiglio di Stato
Come anticipato, il Consiglio di Stato darà torto al Ministero dell’Interno. Vediamo insieme come hanno ragionato i giudici.
Nella sostanza possiamo affermare come il Consiglio di Stato ha sottolineato che l’adozione di sistemi di vigilanza privata rappresenterebbero un onere ingiusto nei confronti di Tizio, il quale si troverebbe, in maniera irragionevole, a dover pagare un sacco di soldi per pagarsi le guardie del corpo.
Questa imposizione, non proprio velata, avanzata dal Ministero dell’Interno, viene quindi totalmente respinta da parte del Consiglio di Stato.
Inoltre, anche l’imposizione di sistemi di pagamento alternativi sarebbe da considerarsi illegittima, stante il fatto che sotto alcune cifre non sono obbligatori.
In sintesi quindi il Consiglio di Stato ha stabilito che l’Amministrazione non può, in alcun modo, trincerarsi dietro il semplice obbligo di uso di sistemi di pagamento alternativi, o l’uso di sistemi di vigilanza privata, rappresentando il primo una imposizione che profila anche aspetti non propriamente legali (si contravviene all’obbligo imposto dall’art. 693 del codice penale) e l’altro un obbligo di spesa gravoso ed ingiusto.
Video: Porto d’armi da difesa e trasporto di contanti. Sentenza del Consiglio di Stato
Corrado Maria Petrucci
Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia
Responsabile rubrica legale All4shooters.com / All4hunters.com
email: legalall4shooters@gmail.com