I fatti
- Materia: diritto delle armi e di pubblica sicurezza
- Ambito: disciplina delle armi ad aria compressa con potenza superiore ai 7,5 joule
- Normative di riferimento: art. 697 codice penale, art. 22bis legge 18 aprile 1975 n. 110 e art. 58 R.D. 22 del 1940
Tizio viene condannato in primo grado per omessa custodia di armi, ai sensi dell’art. 20 della legge 18 aprile 1975 n. 110 e per detenzione abusiva di una carabina ad aria compressa, ai sensi dell’art. 697 codice penale.
Dopo le indagini, si appurava come le pistole, per le quali era stata semplicemente omessa la custodia, risultavano comunque denunciate, e Tizio le aveva spostate in altra abitazione. La fattispecie veniva quindi riqualificata ai sensi dell’art. 58 del R.D. 221 del 1940, e Tizio veniva quindi condannato.
Avverso la sentenza di condanna Tizio decide di proporre ricorso, con i motivi esposti nel seguente paragrafo.
I motivi del ricorso
Vediamo adesso i motivi sulla base dei quali Tizio ha strutturato il ricorso.
Col primo motivo, Tizio sostiene come la carabina ad aria compressa, oggetto della vicenda, non andava da riqualificarsi ai sensi dell’art. 697 del codice penale, in quanto l’oggetto non andava annoverato sotto la categoria delle armi proprie ma sotto quella dell’arma di libera vendita, per la quale non era necessario osservare le prescrizione previste per le armi comuni (autorizzazione dell’Amministrazione e denuncia).
In particolare, col secondo motivo la difesa rileva che la Carabina marca Diana mod. 35, diversamente da quanto ritenuto in sentenza, non rientrerebbe nella categoria delle armi comuni da sparo in quanto sarebbe arma da bersaglio da sala ad emissione di gas o di aria compressa che eroga un'energia cinetica non superiore a 7.5 joule. Nello specifico, d'altro canto, la Corte territoriale avrebbe omesso di effettuare in concreto l'accertamento relativo alla potenzialità effettiva dell'arma e al depotenziamento della stessa, attività necessaria e imposta dalla L. 526 del 1999 che incide sulla disciplina di cui alla L. 110 del 1975, ai fini dell'affermazione di responsabilità.
Il rigetto del ricorso
Vediamo adesso in che modo, e sulla base di quali motivi, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di Tizio.
La Corte territoriale, diversamente da quanto indicato nell'atto di ricorso, con lo specifico riferimento alle caratteristiche al modello della carabina ad aria compressa rinvenuta, una Diana mod. 35, e alla circostanza che questa, per come prodotta, è inserita al n. 365 del Catalogo Nazionale delle Armi dalla Commissione consultiva centrale per cui eroga un'energia iniziale di 11 joule, ha dato atto che l'arma in sequestro rientra a pieno titolo nelle armi comuni da sparo che non è consentito detenere senza denunciarne il possesso all'Autorità di pubblica sicurezza.
Quindi, secondo la Corte, ogni critica circa la mancanza di un concreto accertamento in ordine all'effettiva energia erogata dalla carabina risulta infondato.
Ciò in quanto, a fronte del dato costituito dalle caratteristiche di fabbrica dell'arma, la difesa ha omesso di allegare elementi e circostanze tali da porre in dubbio quali fosse l'effettiva energia erogata dall'arma, tali cioè da rendere necessario procedere a verificare se in effetti questa era stata oggetto di un depotenziamento.
Per i motivi sopra riportati, il ricorso presentato da Tizio viene rigettato. Le armi ad aria compressa in grado di erogare una energia maggiore di 7,5 joule sono e rimangono, ai sensi dell’attuale normativa vigente, armi in senso proprio, classificate come armi comuni da sparo.
Video: Armi ad aria compressa full power
Corrado Maria Petrucci
Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia
Responsabile rubrica legale All4shooters.com / All4hunters.com
email: legalall4shooters@gmail.com