Ritiro cautelare del porto d’armi
Partiamo prima di tutto dal un dato che ormai i nostri lettori conoscono bene. L’amministrazione deve tutelare la pubblica sicurezza, quindi la sicurezza di tutti. Questo significa che ove se ne presenti la necessità, l’amministrazione può disporre ad un cittadino il divieto di possedere armi e munizioni.
Trova quindi fondamento questa possibilità nell’art. 39 del testo unico di leggi di pubblica sicurezza (TULPS R.D. 18 giugno 1931 n. 773) in cui è riconosciuto al Prefetto di disporre tale divieto.
È ovvio comunque che l’esercizio di tale facoltà non può sfociare in valutazioni parziali ed arbitrarie e quindi tale divieto deve essere comminato sulla base di presupposti che siano assolutamente oggettivi ed attuali.
Sul piano procedurale l’applicazione di tale divieto deve rispondere a tutta una serie di elementi che ne inficerebbero, ove mancassero, la piena legittimità.
Modifiche introdotte dal d.lgs. 121 del 2013
Con l’introduzione del d.lgs. 121 del 2013 il testo dell’art. 39 del Tulps è stato modificato e, stante le perplessità del medesimo testo legislativo, che presenta tutta una serie di criticità, è stata introdotta una particolare facoltà agli agenti di pubblica sicurezza consistente nella possibilità di ritirare, in via cautelativa, le armi a chi sia ritenuto in grado, anche solo potenzialmente, di abusarne.
Da un punto di vista prettamente logico e a seguito di una interpretazione letterale della norma, appare chiaro come il legislatore del 2013 si sia preoccupato di menzionare il ritiro in via cautelare di armi e munizioni ma non abbia menzionato le licenze in materia di armi che, comunque, nel caso in cui il soggetto sia solo titolare della licenza e non in possesso di armi, abiliterebbe lo stesso ad acquistarne.
Sappiamo comunque che la prassi acclarata, seguita da molte questure, è quella di procedere ad un ritiro cautelativo del porto d’armi ove si presentino in capo a un particolare soggetto, elementi che facciano dubitare circa la piena affidabilità dello stesso. Tale prassi, da un punto di vista squisitamente giuridico, pecca in legittimazione. Infatti sappiamo che, sulla base delle attuali normative in vigore, un ritiro di porto d’armi deve essere legittimato sulla base di una decisione del Questore o del Prefetto. In assenza di tali eventuali decisioni, sempre stando alle attuali norme in materia, un ritiro del porto d’armi è illegittimo.
Tali incongruenze trovano comunque una loro ragione di fondo. Sappiamo che in Italia non esiste un diritto a possedere armi ma avere armi rappresenta una deroga ad un generalissimo divieto. In sostanza, quindi, le armi sono accessibili solo a chi non dia modo di far dubitare circa la propria piena affidabilità. L’interesse tutelato è quello della sicurezza pubblica.
Da questo elemento possiamo trarre una conclusione. Seppur ad oggi non esista una vera previsione normativa che legittimi un ritiro cautelativo del porto d’armi senza un provvedimento dell’amministrazione, il fatto che la sicurezza pubblica debba essere necessariamente tutelata va a legittimare l’operato delle questure che, per prassi, procedono ad un ritiro cautelativo del porto d’armi in presenza di alcuni elementi. Elementi che comunque ritroviamo agli artt. 11 e 41 del Testo unico di leggi di pubblica sicurezza.
Inoltre ricordiamo l’art. 38 comma 3 del Tulps secondo cui ’autorità di Pubblica sicurezza ha la facoltà di eseguire, quando lo ritenga necessario, verifiche di controllo […] e di prescrivere quelle misure cautelari che ritenga indispensabili per tutelare l’ordine pubblico”.
Normative di riferimento
D.lgs. 121 del 2013
Artt. 11,39 e 41 del Testo unico di leggi di pubblica sicurezza (R.D. 18 giugno 1931 n. 773)
Video: Ritiro cautelare del porto d’armi
Corrado Maria Petrucci
Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia
Responsabile rubrica legale All4shooters.com / All4hunters.com
email: legalall4shooters@gmail.com