Il contesto di riferimento
Materia: diritto delle armi e di pubblica sicurezza
Ambito: diniego di porto d’armi ed accesso agli atti
Normative di riferimento: artt. 11 e 43 TULPS, Capo V della legge 241 del 1990, legge n. 15 del 2005
Abbiamo imparato che il porto d’armi non è un diritto, ma una eccezione ad un generico divieto che in Italia è imposto dall’art. 699 del codice penale. Nella sostanza, quindi, se non si da modo di far dubitare l’Amministrazione circa un possibile abuso delle armi, questa ci concederà la licenza di porto d’armi.
Sappiamo inoltre che, proprio in quanto il porto d’armi rappresenta una eccezione ad un generico divieto, la concessione di questa possibilità, e le valutazioni in riferimento alla stessa, sono soggette ad una valutazione ampiamente discrezionale dell’Amministrazione.
Questo significa che è a discrezione del Questore, o del Prefetto, di valutare circa l’affidabilità di un soggetto che richieda di poter possedere e disporre di armi.
Diniego di rinnovo o primo rilascio
Il porto d’armi può essere negato, e questo è nel pieno potere dell’Amministrazione ove questa valuti che determinati elementi caratterizzanti la vita, pubblica o privata, di un soggetto, non siano compatibili con il possesso di armi. Il motivo principale, quello che è spesso utilizzato comunque in modo più o meno velatamente interessato, è l’interesse alla pubblica sicurezza. Il legislatore non vuole che le armi finiscano in mano a chiunque, e su questo ovviamente possiamo ritenerci anche d’accordo.
Il problema però scatta quando l’Amministrazione, forte del potere discrezionale che il legislatore gli riconosce, decide di legittimare la propria valutazione negativa sulla base di elementi che potrebbero risultare non del tutto logici. A quel punto è chiaro che l’interessato vorrà vederci chiaro, e quindi chiederà all’Amministrazione di poter accedere agli atti, di prendere quindi visione dei documenti, non tutti, che hanno fatto si che si sia arrivati ad una valutazione in senso negativo.
Diritto di accesso agli atti
Prima di tutto è necessario dire che accedere agli atti è un diritto del cittadino, ed è un diritto che a questo viene riconosciuto in forza del rapporto con lo Stato e con l’Amministrazione, al fine di garantire la piena trasparenza circa l’operato di quest’ultima.
È quindi un diritto posto a tutela della democrazia, che viene garantito dal Capo V della legge 241 del 1990.
Di seguito, in maniera concisa, in modo da rendere comprensibile l’argomento a tutti, alcuni principi salienti dell’argomento.
- Il requisito per l’accesso agli atti risiede in un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso (art. 22).
- Il diritto all’accesso è negato qualora dalla loro divulgazione possa derivare una lesione (…) alla sicurezza e alla difesa nazionale, quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche e persone giuridiche (art. 24).
- Il successivo art. 25 stabilisce che il giudice amministrativo, sussistendone i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti richiesti, peraltro avvalendosi di un rito processuale particolarmente con termini dimezzati.
Accesso agli atti e porto d’armi negato
Per aiutarci a comprendere in che modo l’accesso agli atti è connesso con un eventuale diniego di porto d’armi, è interessante analizzare una recentissima del Tar Brescia.
Tizio, a causa di una situazione di accesa conflittualità col fratello, e sulla nota dei Carabinieri con la quale la suddetta conflittualità veniva accertata, si vede arrivare un provvedimento di divieto armi a munizioni dal Prefetto, ai sensi del 39 TULPS.
Tizio, al quale tra le altre cose non era stato nemmeno notificato l’avviamento del procedimento, decide di proporre ricorso avverso il provvedimento, richiedendo inoltre accesso agli atti, per poter avere contezza di quanto riportato nella nota dei Carabinieri. L’accesso veniva negato, perché secondo la Prefettura, “gli atti richiesti non sono ostensibili, ai sensi dell’art. 3 del Regolamento del Ministero dell’interno del 16.3.2022, che disciplina le categorie dei documenti sottratti al diritto di accesso”. In particolare, il regolamento citato consentirebbe di secretare i documenti “per ragioni inerenti all’attività di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica o di prevenzione e repressione della criminalità”.
Secondo i giudici amministrativi del Tar invece è riconosciuto al soggetto richiedente il diritto di poter accedere agli atti inerenti ad un provvedimento di divieto detenzione armi e munizioni, e conseguente ritiro del porto d’armi, ogni qual volta questo accesso non vada a contrastare con l’esigenza di tutelare la pubblica sicurezza.
Come sempre quindi di fronte all’interesse di tutti, della pubblica sicurezza, il diritto del cittadino, seppur riconosciuto e legittimo, viene meno.