I fatti
Materia: diritto delle armi e di pubblica sicurezza
Ambito: porto del coltello senza giustificato motivo
Normative di riferimento: Art. 4 legge 18 aprile 1975 n. 110
Tizio viene condannato a 1.500 euro di multa per porto senza giustificato motivo di un coltello a serramanico. Viene applicata a questa particolare fattispecie l’ipotesi di lieve entità del fatto.
Tizio si giustifica sostenendo come lo stesso coltello si trovasse nella propria borsa per ragioni di comodità e di praticità, in quanto, a detta di Tizio, il coltello si rivelava essere utile strumento nelle proprie attività quotidiane come gestore di una palestra e come organizzatore di escursioni in canoa.
Tizio però decide comunque di appellare la sentenza emessa in primo grado, argomentando le proprie ragioni come segue
Col primo motivo Tizio lamenta come, nella propria vicenda giudicata dal tribunale, vi sia stata evidente violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla presunta mancanza di un giustificato motivo relativo al porto di coltello fuori dalla propria abitazione.
Il giudice, relativamente a questo motivo, non si è convinto delle necessità pratiche quotidiane di Tizio (apertura di pacchi, varie attività sportive e montaggio di gazebi per centri estivi) ritenendo invece che Tizio avesse potuto benissimo impiegare diversi strumenti per ottemperare a queste particolari necessità. Il porto del coltello risulta quindi ingiustificato.
Il secondo motivo vede il travisamento della prova fornita per testi. Viene chiamato a testimoniare Caio il quale sostiene come, effettivamente, da parte di Tizio non vi fosse la volontà di portare seco il coltello ma come la presenza dello stesso nella propria borsa fosse, in realtà, una eventualità fortuita giustificata comunque dalle attività da egli svolte. Anche qui il Tribunale non sentirà ragioni.
La vicenda approda in Cassazione dopo tutte le varie lungaggini processuali.
L’accoglimento del ricorso
Il ricorso viene accolto da parte dei giudici della Corte di Cassazione, anche se non interamente.
La parte che a noi interessa è quella relativa alla applicazione della particolare tenuità del fatto.
Dopo aver riportato, con dovizia di particolari, le ragioni a sostegno della norma che regola il porto di coltello, per cui vi sappiamo esserci il divieto assoluto senza un giustificato motivo, gli Ermellini evidenziano, in modo assai tecnico, che qui risparmiamo ai lettori in nome della semplificazione e della chiarezza espositiva, come il fatto oggetto del giudizio necessiti di essere adeguatamente riconsiderato e soprattutto come sia nel pieno potere della Cassazione la possibilità di riqualificare una certa fattispecie.
Nella questione di cui ci stiamo occupando, la Cassazione ha quindi riqualificato il fatto non già come comportamento intenzionale da parte di Tizio, nella piena consapevolezza del proprio gesto (portarsi appresso un coltello) ma come fatto derivante da semplice e mera dimenticanza, e quindi allo stesso risulta applicabile la particolare tenuità del fatto. In particolare, è l’art. 4 comma 3 della legge 18 aprile 1975 n. 110 che ci dice che, nei casi di lieve entità, riferibili ai soli oggetti atti ad offendere, può essere irrogata la sola pena dell’ammenda, come nel caso, appunto, di Tizio.
Riferimenti normativi
Vediamo adesso, per completezza, cosa dice la legge relativamente al porto di coltello. Prima di tutto il coltello non è considerato arma in senso proprio, in quanto, e questo lo abbiamo imparato, per la legge arma è quell’oggetto la cui destinazione finale è l’offesa alla persona. Nel senso che lo stesso oggetto deve avere caratteristiche tecniche ed ingegneristiche tali da conferirgli come primaria e principale utilità quella dell’offesa alla persona. Il pugnale è, ad esempio, arma in senso proprio in quanto la presenza della lama a doppio filo e della punta acuta sono caratteristiche tecniche tipiche di una vera e propria arma da taglio.
Il coltello è strumento od oggetto atto ad offendere, il quale, sempre per la legge in materia, non è stato considerato come strumento atto ad offendere ma che, per circostanze particolari di tempo e luogo, potrebbe essere impiegato per l’offesa alla persona.
È chiaro che anche la disciplina del porto, quindi del girare con addosso un certo strumento pronto all’uso, è assai diversa in relazione proprio alla qualificazione dell’oggetto stesso. relativamente alle armi in senso proprio sappiamo che il porto è sempre vietato, se non con le dovute autorizzazioni che concede l’Amministrazione.
Con il coltello il discorso è diverso. Per poter girare con un coltello addosso è necessario avere un giustificato motivo.
Su cosa sia il giustificato motivo si è sempre discusso tanto, ma anche in questo caso la giurisprudenza in materia si è pronunciata, chiarendone i limiti logici.
Secondo gli Ermellini il giustificato motivo non è quello addotto dal convenuto in giudizio in sede di eventuale difesa ma quello espresso immediatamente, in quanto riferibile all’attualità e suscettibile di una immediata verifica da parte dei verbalizzanti.