I fatti
Tizio si vede comminato un provvedimento di divieto detenzione armi e munizioni ai sensi dell’art 39 del TULPS. Egli, titolare di porto d’armi da caccia da oltre vent’anni, nel 2016 viene tratto in arresto per un provvedimento di custodia cautelare nell’ambito di un procedimento penale in materia di corruzione. Di conseguenza, quindi, oltre a vietargli la detenzione di armi e materiale esplodente, gli viene anche revocato il porto d’armi.
Tizio decide di impugnare il provvedimento di divieto detenzione armi (39 tulps) che, in effetti, gli verrà poi successivamente revocato. Tizio, quindi, a detta della prefettura, può tranquillamente detenere armi e munizioni.
Di conseguenza, quindi, Tizio, forte della vittoria ottenuta nei confronti della prefettura e della piena autorizzazione al possesso di armi e munizioni, decide di procedere ad una nuova richiesta di rilascio di un nuovo porto d’armi da caccia. La questura, però, non condivide la tesi del Prefetto ed opterà per un rifiuto di detta richiesta, sulla base delle motivazioni che vedremo nel successivo paragrafo.
I motivi del rifiuto della Questura
La questura, nel concreto, fa un ragionamento, sul piano giuridico e fattuale che comunque ha una sua logica.
Si parte dal fatto che la generale condotta di vita di Tizio certamente non è stata specchiata e monda da condanne o comunque da problemi con la legge. Si legge, infatti, come lo stesso sia stato indagato per tutta una serie di reati di sicuro peso, come rissa, detenzione di stupefacenti, ubriachezza, lesioni personali. Tutti reati i cui procedimenti, si legge nel testo della sentenza, anche se non hanno mai portato a condanne sono, comunque, sintomatici di una condotta di vita che non rispecchia quel criterio di piena affidabilità che la legge richiede al cittadino che decide di ottenere una licenza di porto d’armi. Ricordiamo sempre come, anche qui il Tar Toscana lo ribadisce, non vi è un diritto del cittadino né a possedere armi né a portarle.
Vediamo ora la parte che ci interessa, per capire poi se effettivamente la materia della detenzione delle armi (nulla osta) e del porto (licenza di porto d’armi) siano caratterizzate da una medesima modalità di valutazione da parte dell’Amministrazione.
Diciamo subito che, seppur apparentemente, non vi è una gerarchia tra prefettura e questura; di conseguenza il fatto che Tizio abbia sostenuto come la questura si sia dovuta, obbligatoriamente, adeguare alla valutazione invece positiva della prefettura, è un elemento che non trova alcun riscontro apprezzabile ne sul piano pratico e tantomeno su quello di natura giuridica.
La detenzione di armi può essere vietata “alle persone ritenute capaci di abusarne”, come dice l’art. 39 TULPS. La licenza di porto d’armi, invece, può (o deve) essere negata a chi abbia determinati precedenti penali, o non abbia buona condotta, o non dia affidamento di non abusare di dette armi. Dunque, Il provvedimento del Prefetto di divieto di detenzione delle armi interviene laddove il detentore venga ritenuto capace di abusare delle armi stesse; una volta revocato tale divieto per mutamento delle circostanze di fatto, la situazione del detentore delle armi ritorna quella di partenza della possibilità di detenere armi, senza alcuna prerogativa, ai fini del rilascio del porto d’armi, rispetto alla posizione dei detentori di armi che non sono incorsi in provvedimenti di divieto di detenzione e di successiva revoca degli stessi. Perciò, la Questura, chiamata a pronunciarsi sul rilascio del porto d’armi, è legittimata a formulare un proprio autonomo giudizio prognostico sull’affidabilità del soggetto “di non abusare delle armi”, senza alcun limite e senza alcun particolare aggravio motivazionale dettato dalla pregressa revoca del divieto di detenzione.
Sintetizzando: non è che se la Prefettura toglie il divieto automaticamente si ha diritto ad ottenere un porto d’armi dalla Questura.
Appare evidente che la licenza di porto d’armi, che abilita il titolare, appunto, a portare l’arma e trasportarla al di fuori della propria abitazione in deroga al generale divieto, ha un contenuto autorizzatorio più ampio di quello oggetto del nulla osta per la detenzione, circostanza che comporta che le valutazioni sull'affidabilità dell'istante debbano essere maggiormente ponderate e improntate ad un maggior rigore.
Da ciò deriva che seppure sussista un rapporto di presupposizione tra il divieto di detenere armi e la licenza di porto d’armi, sicchè a fronte del provvedimento di divieto di detenzione ex art. 39 cit. assunto dal Prefetto, il diniego o la revoca della licenza di porto d'armi da parte del Questore costituisce una conseguenza naturale e praticamente vincolata, non può ritenersi operante il reciproco, di talchè la facoltà di detenere armi per effetto della revoca di un precedente divieto non condiziona il potere discrezionale del Questore in ordine alla concessione della licenza di porto d’armi, di contenuto più ampio.
In conclusione, nella fattispecie in esame, sebbene la Prefettura avesse ritenuto sufficiente per la revoca del divieto di detenzione d’armi, , il fatto che dal 2016 in poi l’odierno ricorrente si fosse comportato correttamente, la Questura, ai fini del rilascio del porto d’armi, ha potuto liberamente e autonomamente valutare la personalità dell’odierno ricorrente e la sua complessiva affidabilità, in modo più rigoroso e tenendo in considerazione la condotta tenuta in un più ampio arco temporale.
Pertanto nessuna contraddittorietà può essere ravvisata fra i due provvedimenti, che sono emanati da differenti Autorità amministrative, sulla base di diversi presupposti e autonome valutazioni.
Normative di riferimento
Artt. 11,43,38 e 39 tulps
Video: Porto d’armi e nulla osta: una nuova sentenza del TAR Toscana
Corrado Maria Petrucci
Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia
Responsabile rubrica legale All4shooters.com / All4hunters.com
email: legalall4shooters@gmail.com