Conflittualità in famiglia: il Consiglio di Stato conferma l’incompatibilità col porto d’armi

I fatti

Materia: diritto delle armi e di pubblica sicurezza

Ambito: titolarità porto d’armi e conflittualità in famiglia

Norme di riferimento: Artt. 11 e 43 TULPS

Tizia si vede recapitato un provvedimento di revoca del porto d’armi da parte del Questore, e il conseguente provvedimento di divieto detenzione armi e munizioni da parte del Prefetto.

La motivazione addotta dall’Amministrazione, per avvalorare questi due provvedimenti, sarebbe una situazione di accesissima conflittualità tra lei e il proprio compagno inerente all’affidamento del figlio minorenne.

Nei confronti di questi due provvedimenti Tizia decide di proporre ricorso al TAR che comunque le darà torto.

In particolare, secondo il Tribunale Amministrativo Regionale, ad avvalorare la sentenza vi sarebbe stata una nota del Pubblico Ministero del Tribunale (ove si discuteva un procedimento per querela tra lei ed il compagno) con cui si richiedeva alla Questura di valutare di revocare a Tizia il porto d’armi in quanto il procedimento de quo era scaturito proprio in virtù dell’accesissima conflittualità tra lei ed il compagno.

La Questura, quindi, accoglieva l’indicazione del PM emettendo quindi il provvedimento di revoca.

Il ricorso di Tizia

Nei confronti della sentenza con cui il TAR conferma i provvedimenti emessi dall’Amministrazione, Tizia decide di proporre ricorso al Consiglio di Stato. Si costituisce quindi in giudizio anche l’Amministrazione stessa (Ministero dell’Interno) per confermare la legittimità del provvedimento emesso.

Le motivazioni addotte da Tizia sono, sostanzialmente, tutte inerenti ad una non esatta applicazione ed interpretazione delle normative di riferimento (art. 39 TULPS e 43 TULPS) alla violazione di legge o falsa applicazione della normativa (art. 1 e 11 terzo comma TULPS) ed eccesso di potere per motivazione contraddittoria e difetto di istruttoria.

La decisione del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato darà torto a Tizia, sostenendo la propria decisione nel modo seguente.

Prima di tutto, come ormai è prassi sia nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, sia in quella della Corte di Cassazione, i giudici evidenziano come la licenza di porto d’armi sia una eccezione ad un generico divieto di portare armi; eccezione ammessa solo nel caso in cui, da parte del cittadino, non ricorrano elementi che possano far dubitare circa un uso illegittimo delle armi.

Relativamente al caso, i giudici sottolineano come proprio la situazione di accesa conflittualità tra l’appellante e l’ex compagno sia l’elemento principale su cui il provvedimento di revoca del porto d’armi ha trovato la propria legittimità.

Sappiamo infatti che, per reati relativi alla offesa alla persona, l’appellante ha proposto querela nei confronti dell’ex compagno, e, all’epoca dei fatti, vi era ancora in essere il procedimento penale.

Anche la stessa nota del Pubblico Ministero, che richiedeva la revoca del porto d’armi, richiesta poi pienamente accolta dalla Questura, ha rappresentato un elemento su cui i giudici del Consiglio di Stato hanno confermato le decisioni emesse dai giudici dei gradi inferiori.

Il Consiglio di Stato, con questa sentenza, ha dato conferma di un orientamento giurisprudenziale che già era stato intrapreso e pacificamente ammesso. Una situazione di accesa conflittualità in famiglia è un elemento che pienamente legittima un provvedimento di revoca del porto d’armi.

In particolare, notiamo come a rappresentare elemento ostativo non deve per forza essere qualcosa afferente intrinsecamente la persona, ma anche il contesto in cui questa è inserita.

Video: Conflittualità in famiglia. Il Consiglio di Stato conferma l’incompatibilità col porto d’armi


Corrado Maria Petrucci 

Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia 

Responsabile rubrica legale  All4shooters.com  /  All4hunters.com      

email: legalall4shooters@gmail.com