Porto abusivo di armi, reato di minacce e conseguenze sulla licenza: una nuova sentenza del Consiglio di Stato

I fatti

Tizio richiede il rinnovo del porto d’armi da caccia ed il Questore decide di non accogliere la sua richiesta. Il motivo sembrerebbe essere una vecchissima condanna, risalente al 1974,  per porto abusivo di arma da fuoco ed altra condanna per reato di minacce, risalente quest’ultima al 1988.

Tizio decide così di presentare ricorso gerarchico al Prefetto, affinché annulli la decisione del Questore.

Purtroppo per Tizio, il Prefetto considererà le due condanne come automaticamente ostative al rinnovo del porto d’armi e deciderà quindi di confermare la decisione.

Tizio quindi presenta ricorso al TAR ed anche in questa sede la vicenda prenderà, per l’interessato, una piega del tutto sfavorevole. Il Tribunale Amministrativo Regionale, infatti, confermerà di nuovo la decisione già emessa dal Questore e confermata dal Prefetto: in presenta di condanne di tale tenore un soggetto deve essere automaticamente giudicato come non affidabile al maneggio delle armi. Nulla da fare nemmeno sul fattore temporale (ricordiamo sempre che le condanne in capo a Tizio sono vecchie di più di quarant’anni).

Tale decisione, e soprattutto questo considerare come perpetui gli effetti ostativi e preclusivi di una condanna di natura penale rappresentano però un modo di giudicare che certamente si discosta pesantemente da un orientamento giurisprudenziale ormai pacifico ed acclarato, secondo cui il fattore temporale non può non considerarsi come elemento su cui basare una eventuale valutazione in senso, invece, positivo.

Porto abusivo di armi e minacce: analisi normativa

Relativamente al porto abusivo di armi, sarà utile riportare innanzitutto per intero l’art. 699 del codice penale il quale stabilisce testualmente

“Chiunque, senza la licenza dell’Autorità, quando la licenza è richiesta porta un’arma fuori dalla propria abitazione o dalle pertinenze di essa, è punito con l’arresto fino a diciotto mesi”

in pratica, stando anche a quando stabilito oggi dalla giurisprudenza e dalla dottrina interpretativa del diritto delle armi, portare l’arma significa averla addosso, immediatamente disponibile e pronta ad essere non tanto “usata” quanto ad essere appresa dal soggetto, in modo facile e veloce.  In questo senso “l’uso” rientra nelle possibilità date dal fatto di avere l’arma immediatamente disponibile.

Le minacce, invece, sono normate dall’art. 612 del codice penale che, per completezza e chiarezza, qui riportiamo.

“chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, fino ad euro 51. Se la minaccia è grave, o è fatta in uno dei modi indicati dall’art. 339, la pena è della reclusione fino ad un anno e si procede d’ufficio”.

In tal caso non vi è bisogno di eccedere nell’interpretazione dell’articolo che, come non sempre capita in diritto, è abbastanza chiaro.

Gli orientamenti della giurisprudenza

Sempre leggendo il testo della sentenza, il Consiglio di Stato riporta quali sono stati, nella storia recente della giurisprudenza del medesimo organo, gli orientamenti giurisprudenziali e quindi le “scuole di pensiero” relative alle modalità di applicazione dell’art. 43 del TULPS che, in questa fattispecie, è stato l’articolo su cui prima il Questore, poi il Prefetto e successivamente il TAR hanno basato la loro decisione di rifiuto del rinnovo del porto d’armi di Tizio.

Un primo orientamento, di sicuo molto più stringente, ritiene che l’Amministrazione sia obbligaata d attenersi ad una interpretazione letterale dell’art. 43 TULPS, quindi in pratica in presenza di certi reati, nulla vale il fatto che magari sia passato del tempo e che la persona abbia dato modo di dimostrare la propria piena affidabilità: se si sono commessi certi reati (quelli riportati dal 43 TULPS) niente porto d’armi.

Il secondo orientamento, certamente più lasco e quindi maggiormente favorevole al cittadino, stabilisce che l’Amministrazione deve operare una valutazione che tenga conto sì dei reati commessi ma anche della personalità totalmente considerata del soggetto, in modo tale che una eventuale condotta di vita specchiata e rispettosa delle regole intrapresa dal soggetto per un tempo apprezzabile, sia elemento in grado di controbilanciare, in modo anche pesante, l’elemento a sfavore, come potrebbe essere, come nel caso di oggi, la commissione di reati comunque di entità non certo leggera.

L’accoglimento del ricorso

Il Consiglio di Stato deciderà di attenersi a quest’ultimo orientamento giurisprudenziale, accogliendo il ricorso di Tizio, ed argomentando la decisione nel modo che segue.

Senza scendere in tecnicismi inutili ed abbastanza noiosi, possiamo sintetizzare la decisione in questo modo.

Prima di tutto, come già abbiamo detto, il Consiglio di Stato si rifà al secondo orientamento giurisprudenziale, quindi l’Amministrazione dovrà essere comunque tenuta a fare una valutazione omnicomprensiva del vissuto di Tizio e del suo aver vissuto, in modo rispettoso delle regole, negli ultimi quarant’anni.

In tal senso notiamo come il giudizio dell’organo giudicante sia stato ispirato dalla ragionevolezza, quindi sull’essere certamente consapevole della tassatività di una certa previsione normativa ma anche dell’eventuale eccesso di effetti negativi, in capo ad un soggetto, di una interpretazione troppo restrittiva e pedante della norma stessa.

Il fatto che Tizio abbia vissuto in modo specchiato negli ultimi quarant’anni ha controbilanciato il peso di reati comunque gravi, che la stessa normativa in materia di armi considera come automaticamente preclusive al rilascio o al rinnovo del porto d’armi.

Normative di riferimento

Art. 612 c.p. Minacce

Art. 699 c.p. Porto abusivo di arma

Art. 43 TULPS

Video: Porto abusivo di armi, reato di minacce e conseguenze sulla licenza



Corrado Maria Petrucci 

Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia 

Responsabile rubrica legale  All4shooters.com  /  All4hunters.com      

email: legalall4shooters@gmail.com