Non c'è pace: nessun altro commento riassume meglio le notizie che stanno circolando in queste ore su numerosi Forum in rete dedicati agli appassionati d'armi italiani, in seguito alle notizie che arrivano da alcune fonti di stampa con buoni contatti al Ministero dell'Interno.
E si che, pareva, ne avessimo ben d'onde di restrizioni ingiustificate ed illegali, dopo quelle poste alla capacità dei caricatori dal famigerato "Correttivo 204".
Invece no. A quanto pare qualcosa bollirebbe in pentola in queste ore al Viminale, e riguarderebbe le armi sportive moderne, ovvero i cosiddetti "Black Rifle".
Si tratta, per chi non avesse familiarità coi termini, delle armi inserite nella categoria di classificazione europea B7, ovvero quelle armi lunghe semi-automatiche a canna rigata, a percussione centrale o anulare, aventi l'aspetto di un'arma militare e, talvolta, derivanti proprio dal Design di un'arma d'ordinanza.
Nei paesi ove esse sono legali − tra cui l'Italia, ma il fenomeno raggiunge il picco negli Stati Uniti − la popolarità delle armi sportive moderne è in continua crescita tra i privati cittadini.
Il motivo è semplice: essendo basati sul Design di armi militari − pur private di quelle caratteristiche, quali la capacità di tiro a raffica, che le renderebbe adeguate all'uso bellico − questi fucili e queste carabine offrono una solidità costruttiva senza pari nel settore delle armi civili, ed una maggiore affidabilità di funzionamento in ogni condizione, oltre ovviamente ad un'ottima maneggevolezza, ad un'intrinseca precisione e ad un volume di fuoco molto alto, sia in fatto di capacità che di potere d'arresto.
Ciò le rende adatte praticamente a tutti gli scopi legittimi per cui i cittadini possano voler detenere un'arma da fuoco: la caccia, il tiro sportivo e − nei casi più estremi − anche la difesa personale, abitativa e della proprietà.
Purtroppo, questa è anche la categoria su cui gli anti-armi rivolgono più spesso le loro indesiderate attenzioni; la somiglianza estetica di questi modelli alle armi militari da cui derivano le rende un "facile bersaglio", in quanto è più semplice far passare le limitazioni a questo tipo di strumenti come "leggi di buon senso contro le armi da guerra" quando in realtà si sta soltanto cercando di aprire delle crepe nel muro della difesa del diritto alle armi, per poi procedere a giri di vite più importanti su tutti gli altri tipi d'arma da fuoco.
Orbene, secondo alcune fonti di stampa, questo starebbe accadendo in queste ore in Italia. Girano infatti voci (non confermate, si badi bene!), di due distinte proposte di modifica alla legge 110/1975 − la "spina dorsale" della legislazione italiana sulle armi − e alla 85/1986, sulle armi ad uso sportivo, atte a porre dei paletti artificiosi al mercato e alla circolazione delle armi sportive moderne.
In base a quanto sarebbe riportato sulla prima, informale stesura redatta da qualche grigio funzionario ministeriale, in base alla prima proposta si modificherrebbe l'articolo 10, Sesto comma della legge 110/1975:
«Al sesto comma dell’articolo 10 è aggiunto il seguente periodo: 'La detenzione di armi sportive in numero superiore a 6 è subordinata al rilascio di apposita licenza, che ha carattere permanente. Il trasporto e l’utilizzo delle armi detenute in forza di tale licenza sono subordinati alla previa comunicazione all’ufficio di polizia amministrativa competente per territorio.'»
Si aggiungerebbe poi un "Comma 2bis" all'articolo 2 della legge 85/1986:
«Sono armi sportive di categoria B7 dell’allegato “i” della direttiva 91/477/Cee relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi, le armi lunghe che costituiscono versioni semiautomatiche nello stesso calibro dei fucili militari d’assalto a funzionamento automatico in dotazione a forze armate o di polizia italiane o straniere. Entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, chiunque detenga armi riconosciute sportive in numero superiore a sei, deve fare istanza al questore per ottenere la licenza per detenerle. La licenza è rilasciata senza ulteriori formalità.'»
In base alla seconda proposta si integrerebbe il sesto comma dell'art.10 della legge 110/1975 come segue:
«La detenzione di armi sportive in numero superiore comporta l’obbligo di comunicare previamente ogni trasporto e utilizzo di tali armi all’ufficio di polizia amministrativa competente per territorio.»
Si aggiungerebbe poi il seguente "Comma 2bis" all'articolo 2 della legge 85/1986:
« Sono armi sportive di categoria B7 dell’allegato “i” della direttiva 91/477/Cee relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi, le armi lunghe che costituiscono versioni semiautomatiche nello stesso calibro dei fucili militari d’assalto a funzionamento automatico in dotazione a forze armate o di polizia italiane o straniere.»
In poche parole, e fuori dal burocratese: si vorrebbe imporre la classificazione sportiva delle armi B7 (cosa che finora era facoltà dell'importatore o del produttore richiedere!) e le si vorrebbe sottoporre ad uno speciale regime che prevede il rilascio di una licenza di collezione speciale, o comunque il preavviso alle autorità di Pubblica Sicurezza competenti per territorio per la loro movimentazione, anche quando le si porta al poligono!
Cosa ancor più grave, lo si fa passare per un regalo ai tiratori, in quanto la ventilata licenza dovrebbe rendere possibile detenere più di sei armi sportive − cosa che tutti i tiratori chiedono da tempo.
I commenti più comuni che girano in Rete a questo testo (che, ricordiamo, ancora non ha conferme ufficiali!) sono unanimi: queste proposte proverebbero "l'incapacità del nostro ministero di risolvere i problemi in modo semplice e diretto, preferendo al contrario ogni tipo possibile di arzigogolo."
A nostro avviso, il semplice fatto che il provvedimento possa essere fatto passare come un superamento del limite di sei armi comuni detenibili, e che abbia ad oggetto solo le armi di categoria B7, è semmai prova di manifesta malafede.
È innegabile come questa tipologia di armi non rappresenti un problema di alcun tipo, in Italia: non si sono mai verificate sparatorie di massa significative nel nostro Paese, e i pochi casi di pazzoidi che hanno sparato a caso dalle finestre − peraltro senza fare vittime in grande numero − non hanno visto l'uso di armi sportive moderne.
Per quanto riguarda invece i crimini d'alto profilo (rapine alle banche, ai furgoni portavalori, ecc.), nel nostro Paese è tragica realtà l'uso di armi da guerra vere e proprie, importate illegalmente.
L'unica eccezione è relativa ai fatti della Uno Bianca: la banda di poliziotti ed ex-poliziotti usò un fucile Beretta AR-70 "Sport" in quanto i membri avevano un addestramento specifico con quella piattaforma, impartitogli dallo Stato italiano.
Tuttavia, continua l'assalto al diritto dei cittadini italiani di acquistare e detenere questo tipo di armi ed utilizzarle al pieno delle loro potenzialità per fini legali: limitazioni ai calci pieghevoli, ai rompifiamma, ai caricatori... classificazione (o catalogazione) obbligatoria come sportiva... tutte cose a cui eravamo abituati col Catalogo Nazionale e con la Commissione Consultiva Centrale per il Controllo delle Armi.
Segno evidente che la mente dietro tutto ciò è burocratica, non politica; e la cosa valga come monito a chi pensa ancora che in Italia ci sia "una parte" politica ben precisa che è attiva contro il diritto alle armi ed "una parte" politica ben precisa che è invece attiva a favore. L'attuale Ministro dell'Interno viene infatti da una parte politica normalmente non identificata come disarmista, ma ciò non ha impedito che il suo Ministero partorisse l'orrendo Correttivo 204!
La verità è molto più semplice: i politici italiani non conoscono il tema armi, o non vogliono "sporcarsi le mani"; delegano dunque tutto a grigi funzionari e burocrati, che fanno i loro interessi di casta (maggiore controllo sul mondo armiero significa per loro maggiore potere personale e di categoria!) e si vedono puntualmente le loro decisioni vidimate senza battere ciglio.
Ciò spiega la confusione e la contraddittorietà della maggior parte di questi testi. Il "Correttivo 204" era già incostituzionale, illegale e in conflitto con la normativa europea; questo testo − se fosse vero e se diverrà mai legge, sia ben chiaro! − come potrà non porsi in contraddizione con la libertà di trasporto delle armi su tutto il territorio nazionale garantita oggi dai porti d'arma? Che ne è della libera circolazione delle persone? Del libero godimento della proprietà privata? Quale necessità c'è di imporre una simile limitazione? (Lo sappiamo già: nessuna.) E come si farebbe ad armonizzare l'obbligatorietà della classificazione delle armi B7 come "Sportive" con la legge 157/1992 che regolamenta la questione dei calibri e delle armi da caccia?
E soprattutto: come faranno, eventualmente, i Commissariati di Polizia, le Questure e i comandi dei Carabinieri, già sotto organico, a gestire le notifiche di trasporto delle armi di questa categoria? Ed ancora: visto che la licenza e il preavviso varrebbero solo per chi "possieda più di sei armi sportive", va da se' che un tiratore che detenga meno di 6 armi sportive, o detenga armi di tipo B7 non classificate come tali, potrà ancora trasportarle senza preavviso... quindi quale efficacia avrebbe veramente tale provvedimento?
E il preavviso sarebbe necessario per il trasporto di dette armi se tutte insieme, o anche se ne fosse trasportata solo una (in conflitto con, e violazione della, legge attuale)?
Tutte domande senza risposta che indicano come anche un simile provvedimento, se mai passasse, sarebbe un altro mattone inutile e dannoso che si aggiunge al castello delle leggi italiane.
Il tutto, ovviamente, nel silenzio delle associazioni di categoria − quelle dell'industria, sia ben chiaro − che già nel caso del "Correttivo 204" dimostrarono di essere ben disposte a tradire i diritti degli appassionati italiani in favore di facilitazioni all'export, perché "il mercato nazionale non è redditizio, è troppo piccolo".
Ma le condizioni del mercato armiero italiano sono tali perché l'industria stessa, negli anni passati, non si è opposta mai con efficacia alle restrizioni; la ripetizione dell'errore non fa altro che peggiorare la situazione.
Da parte dell'industria, sarebbe auspicabile una richiesta di chiarimento al Ministero sulla veridicità o meno della proposta, ed una presa di posizione che la porti finalmente a fare Lobby per una riforma in senso permissivo delle leggi sulle armi in Italia, che renda di nuovo il nostro mercato nazionale appetibile.
In particolare sarebbe auspicabile che l'industria smettesse di farsi condizionare da quelle frange attive al suo interno che invece spingono per delle limitazioni a queste tipologie di armi, perché non le producono e perché le vedono come "concorrenza"... una concorrenza a cui, molto italicamente, sanno rispondere soltanto facendo pressioni sui loro contatti istituzionali per imporre delle limitazioni ad personam (o ad armam).
Per quanto riguarda noi appassionati, è chiaro che tale proposta − anche qualora contenga il desiderato superamento del limite di 6 armi sportive detenibili − è irricevibile, ed eccessivamente penalizzante.
Ciò che chiediamo è il ritorno allo Status Quo pre-Correttivo 204; sarebbe accettabile una limitazione dei caricatori a 5 colpi quando le armi sono usate sui percorsi di caccia, senza limitazioni per tutti gli altri usi, senza limitazioni per le armi da difesa o sportive, e soprattutto una volta per tutte la rimozione delle limitazioni artificiose vigenti solo in Italia, che ingessano il mercato italiano (cosa che peraltro fa molto comodo al fronte disarmista!) e tagliano fuori l'Italia dal circuito degli eventi sportivi internazionali. Per la precisione, sarebbe auspicabile l'abolizione della proibizione delle armi corte in 9 Parabellum e l'introduzione detenzione illimitata di armi sportive e comuni, come per quelle da caccia, ovviamente con normale porto d'armi e senza limiti o restrizioni alla movimentazione. Solo questi provvedimenti possono far "rinascere" il mercato armiero interno, e renderlo di nuovo appetibile per le imprese operanti nel settore.
Ovviamente all4shooters.com vi terrà aggiornati sulla situazione; se le cose dovesero veramente svilupparsi in questa direzione, ci saranno sicuramente associazioni come Firearms United o AUDA pronte a farsi sentire in difesa dei nostri diritti, quindi restate vigili, amici: una "chiamata alle armi" potrebbe essere dietro l'angolo!