Munizioni detenibili: nuova sentenza del Tar Piemonte

I fatti

Il Sig. C.B.P.C. in proprio ed in qualità di socio accomandatario e legale rappresentante dell’armeria C., impugnava il decreto CAT. 6/D/2019/P.A.S. adottato in data 13 marzo 2019 con cui il Questore disponeva la sospensione per cinque giorni della licenza di minuta vendita di armi comuni da sparo e parti di esse di cui C. è titolare. Le motivazioni di detta impugnativa sono le seguenti:

  • Violazione ed errata interpretazione degli artt. 221 TULPS (R.D. 18 giugno 1931 n. 773) e 97 del relativo regolamento di esecuzione (R.D. 635 del 1940) oltre ché dell’art. 6, comma 7 del d.lgs. 204 del 2010. Eccesso di potere ed istruttoria carente e per illogicità manifesta sono le motivazioni addotte dal ricorrente avverso il  provvedimento di cui sopra. In particolare il Questore non aveva tenuto conto della tipologia di munizioni in possesso a C. e successiva denuncia delle stesse.

Andando a sintetizzare e quindi non menzionando quelli che possono essere gli aspetti strettamente procedurali, possiamo riportare quanto segue.

A detta del Questore. C, avrebbe sostanzialmente posto in essere un comportamento non rispettoso delle norme e delle prescrizioni impartite integrando, in tal modo, un vero e proprio abuso del titolo di polizia di cui è titolare.

C. infatti avrebbe venduto ad un privato cittadino numero 206 cartucce cal. 300 Blackout benché il numero massimo di cartucce detenibili sia di 200 unità. Inoltre, in data 21 settembre 2017 il signor C. era stato sanzionato per violazione dell’art. 7, comma 2, del d.m. 362/2001 per non aver provveduto all’annotazione di cinque operazioni di scarico sul prescritto registro di p.s. relativamente alla vendita di armi a bassa capacità offensiva.

Le ragioni del ricorso

Il ricorrente ne ha contestato la legittimità sostenendo che l’amministrazione avrebbe dato una interpretazione alle norme applicate errata e non conforme alla loro ratio:

in particolare l’art. 97 del R.D. 635/1940 nello stabilire che “possono tenersi in deposito o trasportarsi nel territorio dello Stato […] un numero di millecinquecento cartucce da fucile da caccia caricate a polvere, nonché duecento cartucce cariche per pistola o rivoltella”, nell’introdurre un limite (200 colpi per pistola/1500 colpi per fucile), non farebbe alcun cenno alla tipologia di arma su cui ciascun proiettile verrà utilizzato, ma terrebbe in considerazione solo il tipo di munizione in uso.

Per poter indicare e quindi stabilire il corretto  quantitativo di materiale esplodente detenibile, il solo elemento a cui occorre fare riferimento sarebbe la tipologia del proiettile in questione, a nulla rilevando la categoria dell’arma su cui detta munizione verrà caricata. 

A sugellare la correttezza di quanto sopra esposto l’art. 6, comma 7, del D.lgs. n. 204/2010, il quale specifica che “per i fucili da caccia in grado di camerare le cartucce per pistola o rivoltella, si applica il limite detentivo di 200 cartucce cariche, di cui all’articolo 97 del regolamento di esecuzione al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni”.

l’amministrazione avrebbe quindi adottato un atto viziato per difetto di istruttoria, non avendo tenuto in considerazione che le cartucce calibro 300 “Blackout” sono espressamente qualificate come proiettili per armi da caccia per le quali si applicherebbe, quindi, il limite di 1.500 colpi.

Le ragioni del rigetto del ricorso

Le doglianze eccepite da C. non sono da accogliersi per le motivazioni che, di seguito, andremo a vedere.

Secondo il TAR una lettura letterale e maggiormente aderente alla ratio di quanto menzionato dall’art. 97 del R.D. 635/1940 ai sensi del quale “possono tenersi in deposito o trasportarsi nel territorio dello Stato senza licenza […] un numero di millecinquecento cartucce da fucile da caccia caricate a polvere, nonché duecento cartucce cariche per pistola o rivoltella […]” attribuirebbe rilievo alla distinzione tra la tipologia di arma a cui le cartucce sono destinate. Infatti prima di tutto non sono detenibili più di duecento (200) cartucce per pistola cioè destinate ad essere inserite in una pistola e, dall’altra parte, non possono detenersi più di millecinquecento (1500) cartucce da utilizzare con un fucile da caccia.

Il tribunale amministrativo eccepisce come tale distinzione sia effettivamente figlia dell’epoca in cui la distinzione tra le due tipologie di armi era ben netta. Successivamente, nel tempo, i confini distintivi sono andati via via sciamando, portando il legislatore del 2010 ad emanare il d.lgs. 204 con il quale, all’art. 6 comma 7, ha sentito la necessità di prevedere he il limite delle 200 cartucce si applica anche ai fucili da caccia in grado di camerare le cartucce per pistola (“per i fucili da caccia in grado di camerare le cartucce per pistola o rivoltella, si applica il limite detentivo di 200 cartucce cariche, di cui all'articolo 97 del regolamento di esecuzione al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni”).

Il legislatore ha quindi attribuito rilievo alla tipologia di cartucce solamente nel caso di cartucce per

pistola utilizzate con i fucili da caccia, prevedendo per tali casi il limite di 200, anziché quello di 1.500 che avrebbe trovato applicazione in forza della previsione di cui all’art. 97, R.D. n. 635/1940.

Non ha invece disposto alcunché quanto alle pistole in grado di camerare cartucce per fucili da caccia, lasciando, quindi, per tali fattispecie, il limite di 200 cartucce previsto dall’art. 97.

In conclusione, tranne che per le cartucce per pistola destinate a un fucile da caccia, per le quali viene in rilevo la tipologia di munizione, il criterio generale per stabilire il limite massimo di cartucce che possono tenersi in deposito o trasportarsi è quello dell’arma alla quale le cartucce sono destinate.

Poiché, nel caso di specie le cartucce vendute dal ricorrente – per quanto solitamente utilizzate per la caccia - erano destinate a essere camerate in una pistola, la decisione assunta con il provvedimento impugnato è da ritenersi pienamente legittima.

La reiezione dei motivi di ricorso comporta anche il rigetto dell'istanza risarcitoria.

Per le ragioni esposte il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto.

La novità delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

Normative di riferimento

Testo Unico di leggi di pubblica sicurezza (R.D. 18 Giugno 1931 n. 773)

Regolamento di esecuzione del Testo Unico di leggi di pubblica sicurezza (R.D. 635/1940)

D.lgs. 204/2010

D.M. 362 / 2001

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