Il dovere di diligenza
Quando si parla di “dovere di diligenza” nella custodia delle armi si utilizza una dicitura che, a prima lettura, potrebbe risultare eccessivamente vaga e priva di connotazioni logico-semantiche. Tanta genericità non è affatto una scelta sbagliata del legislatore ma è concepita proprio per permettere a chi dovrà applicare la legge (e chi ovviamente dovrà osservarla) di sottendere alla stessa tutta una serie di fattispecie a garanzia della pubblica sicurezza. La normativa di riferimento, in questo caso, è l’art. 20 della Legge 18 Aprile 1975 la quale statuisce infatti che la custodia delle armi ed esplosivi deve essere effettuata con ogni diligenza nell’interesse della sicurezza pubblica. In questo caso si è scelto di non stabilire, a priori, le corrette e tassative modalità di custodia delle armi, lasciando al privato la possibilità di potersi adattare in base alle proprie esigenze ed anche alle necessità dettate dal luogo di detenzione.
Dovere di adottare particolari misure di sicurezza
Proseguendo nella lettura della Legge appena menzionata (comma 1 art. 20 L. 110/1975), vediamo che le uniche categorie a cui il legislatore impone l’obbligo di adottare particolari misure di sicurezza sono i titolari di licenze che autorizzano alla vendita minuta di armi e i titolari di licenza di collezione. A questi soggetti il legislatore impone l’obbligo di installare nei luoghi di custodia delle armi stesse impianti di antifurto.
Il caso in esame
La persona interessata custodiva un fucile semiautomatico in una cassapanca priva di chiusura vicino all’entrata della propria abitazione. Assieme al fucile venivano conservate le relative munizioni. Il compagno della figlia della persona interessata aveva accesso diretto e immediato all’arma e decide così di accedervi, caricarla e di spararsi un colpo suicidandosi. Il soggetto veniva quindi condannato per mancata diligenza nella custodia delle armi.