Il caso ed il ricorso al Tar Puglia
Tizio, che svolge attività di guardia particolare giurata per conto di una s.r.l. chiede il rinnovo del decreto di nomina a guardia particolare giurata alla Prefettura e, contestualmente, richiede il rinnovo del porto d’armi da difesa personale necessario per svolgere il proprio lavoro. La Prefettura rinnova il decreto di nomina a guardia particolare giurata ma nega il rinnovo del porto d’armi da difesa.
Il motivo per cui il porto d’armi viene negato è ravvisabile in un episodio che ha visto Tizio commettere il reato di porto abusivo d’arma bianca durante un controllo presso il palazzo di giustizia. A questo punto la s.r.l. per cui Tizio lavora ne dispone la sospensione dal servizio arrecando al medesimo un danno.
Tizio, quindi, decide di ricorrere al Tar valutando anche la possibilità di farsi risarcire il danno.
La sentenza
Con la sentenza del 14 febbraio 2020 n. 1275 il Tar Puglia darà ragione a Tizio. Vediamo come hanno ragionato i giudici.
Nel testo della sentenza è interessante prendere in considerazione, sostanzialmente, un paio di passaggi che ben evidenziano i punti cardine su cui poggia l’intera favorevole valutazione nei confronti della vicenda di Tizio.
Prima di tutto il Tar ribadisce e chiarisce, in modo assolutamente ineccepibile, come vi sia piena coincidenza tra i requisiti necessari a valutare l’eventuale rinnovo del decreto di nomina a guardia particolare giurata ed il rinnovo del porto d’armi. Il tribunale amministrativo evidenzia l’illogicità di una valutazione che, se da una parte riconosce la legittimità di uno dei due provvedimenti, dall’altra parte esclude l’altro.
Inoltre, facendo riferimento ad una particolare e puntuale sentenza del Consiglio di Stato (Sent. Sez. IV, del 12 aprile 2018 n. 2197) nel caso in cui vi sia un acclarato e dimostrato danno al privato derivante dalla illegittimità di un provvedimento amministrativo, al privato stesso non sarà richiesto uno sforzo da considerarsi eccessivo per dimostrare il danno stesso. Scendendo in un tecnicismo giuridico, al fine della dimostrazione del danno generato al privato nel caso di un atto amministrativo illegittimo, tale dimostrazione potrà pienamente poggiare sulla presunzione semplice di cui all’art. 2727 c.c..
All’amministrazione spetta, invece, l’onere di dimostrazione dell’errore scusabile.
Il risarcimento del danno
Anche in questo caso è necessario precisare. Il Tar riconosce a Tizio il risarcimento del danno. Ma di che danno si tratta ? ed in che misura e su quali presupposti e fattori viene calcolato ?
Vengono a configurarsi, nella vicenda di Tizio, due particolari tipologie di danno. Da una parte il danno patrimoniale configurabile e ravvisabile pienamente nella mancata retribuzione per il periodo di sospensione dal servizio. In questo caso il Tar poggia la propria valutazione e la legittima facendo riferimento ad una particolare sentenza del Consiglio di Stato e cioè la senteza sez. III del 20 marzo 2015 n. 1520.
Secondo questa sentenza il conteggio delle cifra a cui Tizio avrebbe diritto è da commisurarsi sulla base del corrispettivo mensile da egli percepito.
Subentra, conseguentemente, il diritto al risarcimento da danno esistenziale. In questo caso il Tar Puglia fa riferimento ad un'altra sentenza del Consiglio di Stato e cioè la sentenza sez. IV del 12 novembre 2015, n. 5143 che identifica il danno esistenziale in un peggioramento della qualità della vita e delle condizioni di vita quotidiane. Tornando alla vicenda di cui alla sentenza che stiamo analizzando, Tizio dopo aver ricevuto la notizia del mancato rinnovo del porto d’armi e conseguentemente l’impossibilità di lavorare, veniva colto da grave malore e necessitava di ricovero in ospedale.
Su questo punto e su questa vicenda viene calcolato il danno esistenziale.
Normative di riferimento
Codice Civile
Testo Unico di Leggi di Pubblica Sicurezza (R.D. 18 Giugno 1931 n. 773)
Sentenze di riferimento
Tar Puglia sent. 14 febbraio 2020 n. 1275
Consiglio di Stato Sent. Sez. IV, del 12 aprile 2018 n. 219
Consiglio di Stato Sent. sez. III del 20 marzo 2015 n. 1520
Consiglio di Stato Sent. sez. IV del 12 novembre 2015, n. 5143