Domanda n. 1: il porto d’armi è un diritto del cittadino?
Su questo argomento spesso e volentieri si è discusso tra studiosi del diritto delle armi e di pubblica sicurezza. Possiamo affermare, evitando di menzionare qui di seguito quelle argomentazioni che avvalorerebbero la tesi contraria, che il porto d’armi non rappresenta un diritto assoluto in capo al cittadino che ne faccia richiesta ma è, sulla base dell’intero impianto normativo che regola il diritto delle armi, una eccezione ad un generalissimo divieto. Nel senso che la legge non riconosce al cittadino il diritto di possedere armi e, ancora meno, il diritto di poterle portare con sé per la difesa della propria incolumità. Vi è infatti un generalissimo divieto nei confronti dei cittadini di possedere armi e solo a quei soggetti che abbiano i requisiti previsti dalla legge possono avere un porto d’armi.
Domanda n. 2: come ragiona l’amministrazione quando si fa una richiesta di porto d’armi?
La risposta alla domanda è tutt’altro che scontata. Tenendo presente infatti quanto esposto nella risposta di cui alla domanda precedente, l’Amministrazione, dopo aver ricevuto la richiesta di primo rilascio del porto d’armi da parte di un cittadino, porrà in essere una istruttoria volta ad accertare la sussistenza di elementi che non facciano presumere, anche lontanamente, la possibilità di abuso di armi da parte del richiedente. In questo caso subentra quel potere caratterizzato da una ampia e profonda discrezionalità che la legge riconosce al Questore circa la possibilità di rilasciare o meno un porto d’armi. In questo caso la discrezionalità serve non già a conferire un potere totale ed arbitrario in mano all’amministrazione ma a sottendere ad una valutazione negativa tutta una serie di situazioni, fatti, situazioni che caratterizzano la vicenda personale ed umana della persona. Abbiamo visto in molti altri precedenti articoli come anche gli elementi più impensabili possano essere addotti come motivazioni avvaloranti e giustificanti un provvedimento di diniego di porto d’armi; basti pensare che viene negato il porto d’armi a soggetti che litigano sovente con la moglie in caso di separazioni coniugali turbolente.
Domanda n. 3: Può accadere che venga negato il porto d’armi anche in presenza di molti rinnovi in passato?
Nella vicenda umana e sociale di un individuo è plausibile che quegli elementi che dapprima hanno avvalorato la piena affidabilità dello stesso al possesso e maneggio delle armi, siano venuti meno. Nel senso che può accadere che la persona possa commettere reati considerati ostativi alla titolarità del porto d’armi, oppure che la situazione psicofisica della persona cambi e questo cambiamento potrebbe essere considerato come elemento ostativo al porto d’armi. In questo caso la legge permette alla Questura di negare il porto d’armi, stante comunque il diritto dell’interessato di proporre ricorso nelle sedi opportune. Potrebbe però accadere che nonostante la presenza di elementi apparentemente ostativi al porto d’armi, lo stesso venga rilasciato e rinnovato per anni. Successivamente quell’elemento dapprima per nulla considerato dalla Questura, possa invece diventare argomento su cui si basa un provvedimento di diniego. Pensiamo, per esempio, a reati di lieve entità commessi molto tempo addietro. Successivamente ad una condotta del soggetto improntata al rispetto delle regole, il porto d’armi viene rilasciato e rinnovato in più occasioni ma, ad un certo punto, il rinnovo viene negato. In questo caso la Questura è in torto perché c’è giurisprudenza affermata e pacifica (Tar di Potenza, sez.1 con Sentenza n. 394 del 29 Maggio 2017) che stabilisce come non possa esserci una soggezione perpetua ad una eventuale condanna subita dal soggetto in merito agli effetti di quest’ultima. Nel nostro caso per un rilascio o rinnovo di porto d’armi. Chiaramente gli effetti non sono sempre automatici. Ogni fattispecie dovrà essere considerata singolarmente anche in base all’entità della condanna e dal reato commesso.
Domanda n. 4: quali sono i tempi per ricorrere in caso di diniego di primo rilascio o rinnovo?
Chi si vede notificato un provvedimento di diniego di primo rilascio (o rinnovo) del porto d’armi può intraprendere due strade. Prima di tutto può proporre ricorso gerarchico al Prefetto avverso il provvedimento di diniego emesso dal Questore. Il termine temporale entro cui presentare tale ricorso è di 30 giorni dalla data di avvenuta notifica all’interessato o, comunque, dalla data in cui lo stesso abbia avuto piena conoscenza di tale provvedimento. Altrimenti è possibile direttamente presentare ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.) entro 60 giorni dalla data di notifica.
Domanda n. 5: cosa è opportuno inserire in un ricorso?
Sarà bene farsi assistere da un legale in caso si voglia procedere ad un ricorso avverso un provvedimento di mancato rinnovo o rilascio del porto d’armi. Nel ricorso dovranno essere inserite tutte quelle motivazioni di rilevanza giuridica in grado di evidenziare la contraddittorietà di quanto asserito dall’amministrazione.
Normative di riferimento
Testo unico di leggi di pubblica sicurezza (Regio decreto 18 giugno 1931 n. 773)
D.lgs 104 del 2018
Legge 118 del 1975
Sentenze di riferimento
Tar di Potenza, sez.1 con Sentenza n. 394 del 29 Maggio 2017
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Corrado Maria Petrucci
Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia
Responsabile rubrica legale All4shooters.com / All4hunters.com
email: legalall4shooters@gmail.com
Video: Focus sul diniego di primo rilascio (rinnovo) porto d’armi