Ci risiamo.
Le voci circolavano da tempo, molto prima dall'ultimo weekend di sangue, ma senza alcuna prova concreta non era possibile lanciare un allarme − tanto più che, alle E-Mail inviate da alcuni cittadini nordeuropei preoccupati, il capo della Task-Force sulle armi da fuoco dell'ufficio del Commissario europeo agli Affari Interni, l'italiano Fabio Marini, aveva risposto negando che ci fosse alcunché in preparazione.
Persino il Ministero dell'Interno finlandese, appoggiato dal Ministero della Difesa, lo scorso 27 ottobre aveva emesso un comunicato in cui paventava l'arrivo di nuovi restrizioni, dichiarando la sua contrarietà.
Dopo i tragici fatti di Parigi, i disarmisti della Commissione Europea escono allo scoperto: con un comunicato-stampa ufficiale del 18 novembre la Commissione ha dichiarato di essere al lavoro su alcune proposte di revisione "urgenti" alla direttiva europea sulle armi.
Stando a quanto dichiarato sul comunicato-stampa, la proposta di revisione sembrerebbe ampiamente condivisa da molti membri della Commissione stessa, ma a giudicare da quanto riporta la bozza di revisione della direttiva, non promette nulla di buono. Come al solito, infatti, si risponde ad un attacco portato avanti con armi da guerra illegali e bombe a mano tentando di imporre una serie di restrizioni che riuscirebbero solo a penalizzare i cittadini onesti.
Una breve occhiata é sufficente a ritrovarvi alcuni vecchi pallini del fronte disarmista:
- Spostamento nella categoria A (armi completamente proibite ai civili) delle armi oggi individuate nella categoria B7
Si parla, in pratica, di una messa al bando totale delle armi sportive moderne − quelle che si basano esteticamente solo in parte a livello tecnico, su armi militari. Si tratterebbe di un colpo mortale per il mercato, dato che oggi sono queste le armi più popolari e vendute tra le giovani categorie di tiratori, nonché per diverse categorie dello sport di tiro dinamico che si basano proprio sull'uso di questa tipologia di armi lunghe e corte.
Abbiamo già parlato abbondantemente, in passato, di come questa categoria d'armi sia invisa al fronte disarmista istituzionale sia in Italia che in tutt'Europa − si pensi solo al fatto che si tratta della tipologia più penalizzata dalla Legge 43/2015. Oggi, approfittando della morte di decine di innocenti falciati da armi a raffica illegali, la Commissione Europea tenta di realizzare un suo vecchio sogno mettendo al bando centinaia di migliaia di armi semi-automatiche legali che non sono mai state utilizzate per atti criminosi di rilievo ma che vengono percepite dall'UE "particolarmente pericolose a causa dell'alto volume di fuoco e della facile convertibilità a raffica".
- Regole più severe sull'acquisto di armi, munizioni e componenti in Rete.
Già oggi, sia a livello europeo che in moltissimi Paesi UE, l'acquisto di armi, munizioni e parti essenziali d'arma su Internet è proibito già da tempo; laddove esso è consentito, è sottoposto a forti restrizioni e regolamentazioni che fanno in modo che solo un possessore di regolare licenza d'armi possa ricevere un pacchetto contenente armi, munizioni o parti d'arma − e tali spedizioni vengono notificate alle autorità.
Pare dunque ovvio che tale norma finirà per penalizzare il commercio legale di oggetti di libera vendita quali accessori, ricambi che non attengono al funzionamento essenziale delle armi, caricatori amovibili, ottiche, e quant'altro. Ovviamente, anche in questo caso, si tratta di un espediente per togliere dal mercato oggetti che gli Stati membri e l'UE come istituzione vorrebbero vedere monopolio delle forze armate e dei corpi di Polizia, oltre a rendere più difficile e costosa la manutenzione delle armi, creando dunque un ulteriore deterrente alla loro detenzione.
- Regole comuni sulla marcatura delle armi a livello europeo, per facilitare la tracciabilità.
Tale tracciabilità è oggi assicurata dal fatto che i banchi di prova europei sono certificati CIP; qualsiasi ulteriore intervento sulla marcatura e sulla tracciabilità potrebbe essere mirata ad imporre regole inutili e costose quali quelle relative al Microstamping o al Ballistic Fingerprinting.
La prima, che imporrebbe a tutti i produttori di fare in modo che ciascuna singola arma lasci un segno identificativo univoco sul bossolo, richiede l'acquisizione di tecnologie molto costose che potrebbero spingere fuori mercato i produttori più piccoli. La seconda, che prevede che per ciascuna arma legale presente sul territorio le Forze dell'Ordine conservino un campione di tracce univoche quali rigature della canna o segno del percussore, si è già rivelata inutile: recentemente, lo Stato USA del Maryland l'ha abbandonata in quanto, in 15 anni, essa non ha aiutato a risolvere un singolo caso!
- Miglioramento dello scambio d'informazioni tra paesi membri.
Questa può parere una norma di buon senso, ma il comunicato-stampa definisce in dettaglio cosa s'intende per "scambio d'informazioni": ad esempio le autorità nazionali sarebbero costrette ad interconnettere le loro banche-dati (creandone di centralizzate, laddove già non esistessero) in modo che, tanto per dire, ciascun paese membro sappia se al cittadino di un altro è stata negata una licenza d'armi.
Si tratta di un'idea che nasconde molti pericoli intrinseci, anzitutto relativi alla Privacy e alla vulnerabilità dei sistemi − un pirata informatico che riesca a fare breccia su una sola banca-dati potrebbe avere accesso ai dati personali dei possessori d'armi di tutt'Europa! − nonché relativa alla libertà individuale dei cittadini: gli Stati dovrebbero spendere cifre enormi per creare dei database centralizzati con nessun'altra utilità salvo quella di soddisfare le fantasie più sfrenate di chi sogna di trasformare l'Unione Europea in un "Grande Fratello" dove "chi di dovere" possa sapere tutto di tutti senza neppure preoccuparsi del fatto che ciò sia eticamente corretto e di fatto dando ragione a chiunque pensa che l'Europa intenda diventare un'enorme dittatura.
- Criteri comuni sulla produzione di armi a salve o da segnalazione per rendere più difficile la loro conversione in armi pienamente funzionanti.
Questa, assieme ad eventuali nuove regole sulla disattivazione delle armi, potrebbe essere l'unica norma veramente di buon senso ed attuabile. Attenzione, però, a non trasformarla (come in tanti vorrebbero!) in una messa al bando totale di certi tipi di armi a salve e di armi disattivate.
Se infatti è vero che le cosiddette Expansion Weapons (armi disattivate in maniera "blanda" in modo da poter essere facilmente riattivabili) possono essere trasformate nuovamente in armi letali da un eventuale malintenzionato, è anche vero che tali armi hanno una precisa e legittima ragion d'essere − soprattutto relativa ai mercati Custom e alla produzione di armi di scena.
Inoltre il problema della conversione delle armi a salve per l'impiego di munizioni reali è decisamente minoritario sulla scena criminale europea rispetto alla massiccia presenza di pistole d'ordinanza degli eserciti dell'ex-blocco sovietico − ed è praticamente inesistente dal punto di vista terroristico.
- Norme più severe sulla circolazione intra-UE delle armi disattivate.
Un'altra proposta di restrizione inutile, che inoltre contraddice (quantomeno apparentemente) quella precedente. Che motivo c'è di imporre limiti alla loro circolazione se s'intende disattivarle in maniera più sicura? A meno che, ovviamente, lo scopo non sia la messa al bando totale.
E in effetti, il comunicato-stampa lo ammette: le armi di categoria B7 dovrebbero essere bandite completamente dal mercato civile anche laddove disattivate.
Resta da capire come sia possibile pensare che il divieto di distribuzione sul mercato civile di armi che di militare hanno solo l'aspetto (che possano essere trasformate facilmente a raffica è una balla colossale!) possa impedire il ripetersi, in futuro, di attacchi portati avanti con mitragliatrici e bombe. E, a differenza di quel che dicono gli anti-armi, la messa al bando di questo tipo di arma nel Regno Unito e in Australia non ha salvato una singola vita.
- Limitazioni alle collezioni d'armi.
Secondo il comunicato-stampa, la ratio di questo provvedimento sarebbe "impedire la vendita ai criminali". Ma quali collezionisti vendono le loro armi legalmente detenute ai criminali di loro spontanea volontà?
Pare chiaro come la Ratio della norma sia in realtà quella di impedire che singoli individui possano detenere "troppe" armi per gli Standard di politici e burocrati che rispondono ad istituzioni che vorrebbero vederci tutti disarmati.
Tant'è vero che la proposta prevederebbe altri provvedimenti molto gravi quali il passaggio alla categoria C per le armi a salve, dunque con obbligo di licenza e denuncia di detenzione; la riduzione a cinque anni della durata di tutte le licenze; e l'imposizione di esami clinici obbligatori per ogni rinnovo.
Si tratta di norme che avrebbero effetti disastrosi non solo su tutti i possessori di armi, ma su quasi metà della popolazione europea.
Non volendo credere che alla Commissione Europea siano veramente così ingenui, non possiamo che optare per la seconda ipotesi: si sta prendendo la palla al balzo per disarmare i cittadini europei senza che vi sia veramente un interesse a fermare il flusso di armi che foraggia criminali e terroristi.
Per fare ciò, infatti, bisognerebbe intervenire anzitutto sugli arsenali militari e sui magazzini dei corpi di reato delle forze di Polizia e delle Forze Armate di tutto il continente, se non di tutto il mondo, dato che è da lì che vengono la maggior parte delle armi utilizzate dai criminali; il mercato che alimenta gli arsenali terroristici è più ampio, include Stakeholders che contrabbandano armi dagli arsenali militari, e andrebbe contrastato con altre misure che in Europa nessuno sa adottare o ha intenzione anche solo di teorizzare.
E nel mentre, si continua ad ignorare che una cittadinanza armata sarebbe l'unica soluzione pratica, e che persino la Polizia francese ha dovuto ammettere che le leggi contro le armi non aiutano affatto!
Si preferisce invece dare la colpa alle armi detenute dai comuni cittadini: secondo la citata Task Force sulle armi da fuoco, circa mezzo milione di armi detenute privatamente sarebbe rubato ogni anno in Europa per finire sul mercato criminale.
Una cifra, tuttavia, che l'organizzazione Firearms United, con le sue ricerche, ha scoperto essere ampiamente modificata al rialzo, in malafede, da parte dell'istituzione retta da Fabio Marini, per giustificare le proposte di restrizioni che periodicamente si susseguono.
Quasi come se chi ci governa, in Italia e in Europa, temesse più le armi detenute legalmente dai comuni cittadini che non quelle in mano ai terroristi e ai delinquenti...
Allo stato attuale dei fatti, null'altro è dato sapere. Anche se la proposta di modifica è considerata "urgente", infatti, ci vorranno studi di fattibilità ed impatto economico prima di decidere se mai verrà presentata, e in quale forma definitiva.
Questo dà alla comunità europea dei tiratori e degli appassionati d'armi, e all'industria, alcuni mesi di tempo per pianificare le sue contromosse.
Qualcosa si sta già muovendo: una proposta così disastrosa sarebbe irricevibile per chiunque, e se adottata avrebbe come risultato quello di portare tutta l'Europa al livello del Regno Unito, con i risultati che ben conosciamo.
Tenete dunque alto il livello d'allerta: organizzazioni come Firearms United - Italia, il Comitato Direttiva 477, e molte altre − comprese le rappresentanze dell'industria − sono al lavoro. e in pochi giorni o settimane vi comunicheremo le novità riguardanti ogni possibile iniziativa intesa a salvaguardarci da questo scempio!