I fatti
- Materia: diritto delle armi e di pubblica sicurezza
- Ambito: validità del divieto ex 39 TULPS alle armi in collezione
- Normative di riferimento: artt. 32 commi 9 e 10 legge 110/1975, art. 39 TULPS
Tizio, titolare di licenza per la collezione di armi dal 2001, e di un porto d’armi, veniva attinto da decreto penale di condanna per non aver denunciato 95 cartucce e per non aver nuovamente denunciato il trasferimento di una pistola ad altro indirizzo. Tale procedimento penale però veniva di fatto estinto, per intervenuta oblazione.
Nei confronti di Tizio, però, scattava, da parte del Prefetto, il divieto detenzione armi e munizioni ai sensi dell’art. 39 TULPS, con l’obbligo di cedere o disattivare, pena la confisca e la successiva distruzione, non solo le armi oggetto della vicenda (la sola pistola) ma anche le armi detenute in virtù della licenza di collezione.
Il ricorso di Tizio
Nei confronti del provvedimento cosi emesso, Tizio deciderà di proporre il proprio ricorso, strutturato cosi come segue.
Relativamente al divieto di detenzione armi emesso nei confronti della pistola, arma classificata comune, l’omessa denuncia veniva fatta in buona fede, senza intendi esplicitamente fraudolenti.
Nei confronti invece delle munizioni, acquistate addirittura nel 1991, Tizio sostiene come anche in questo caso si tratti di un errore di fatto scusabile, quindi in grado di essere giustificato, anche qui senza intenti chiaramente fraudolenti.
Quel che a noi interessa è però la parte in cui Tizio sostiene come il divieto di detenzione armi e munizioni sia da considerarsi illegittimo soprattutto nei confronti delle armi detenute in virtù della licenza di collezione. In tal senso secondo Tizio l’estensione del provvedimento sarebbe da considerarsi illegittima in quanto non esplicitamente previste dalla normativa di riferimento (art. 32 commi 9 e 10 legge 18 aprile 75 n. 110) in cui non sono minimamente menzionate le armi in collezione tra le armi che potrebbero essere oggetto di confisca e di conseguente distruzione.
Il Tar andrà a rigettare quanto emesso da Tizio, sostanzialmente argomentando come il divieto emesso dal Prefetto andava considerato come applicabile anche nei confronti delle armi detenute in collezione.
Il ricorso al Consiglio di Stato ed il parziale accoglimento del ricorso
Ovviamente Tizio non ci sta e decide di proporre ricorso al Consiglio di Stato, nei confronti di una sentenza apparentemente illogica sotto molti punti di vista.
Prima di tutto vi diciamo subito come il ricorso verrà solo parzialmente accolto. Secondo i giudici di Palazzo Spada, infatti, il provvedimento emesso dal Prefetto sarebbe da considerarsi pienamente legittimo solo nella parte in cui lo stesso andava colpire la pistola e le cartucce, non legalmente di fatto detenute.
Il testo della sentenza, su questo punto, si dilunga non poco sull’impianto giurisprudenziale ormai pacificamente acclarato, e che non riportiamo per ragioni di convenienza espositiva.
La parte interessante però è quella in cui il Consiglio di Stato riconosce che nei confronti delle armi detenute in virtù della licenza in collezione non sarebbe da estendersi il divieto di detenzione armi e munizioni ai sensi del art. 39 TULPS.
I giudici infatti riconoscono come le armi in collezione sono da considerarsi come sottoposte ad un regime giuridico completamente diverso rispetto alle armi diversamente classificate e come tale fatto sia confermato anche dal carattere permanente della licenza in collezione.
Tale particolareggiato quadro normativo consente di affermare che, in relazione alle Collezioni di armi storiche, non si applica l’obbligo di cessione a terzi o disattivazione, ovvero in mancanza la confisca con successivo versamento alla competente Direzione di artiglieria per la distruzione. Tali conseguenze, infatti, determinerebbero la compromissione dell’interesse alla conservazione del bene, in ragione del suo intrinseco valore storico artistico, oggetto di specifica tutela da parte del legislatore mediante la soprarichiamata specifica disciplina legislativa e regolamentare.
Ciò conferma che, indubbiamente, il divieto di detenzione impugnato può concernere esclusivamente le armi e munizioni per le quali sussiste l’obbligo di denuncia di detenzione ex art. 38 cit. (nella specie la pistola e le sue cartucce) ma non anche la collezione di armi artistiche, rare o antiche di proprietà dell’appellante.