I fatti: sospensione del porto d'armi
Tizio vede notificarsi, da parte della Prefettura, un divieto detenzione armi e munizioni ex 39 TULPS e contestualmente, da parte della Questura, la sospensione del porto d’armi.
I provvedimenti vengono emessi in quanto Tizio risulta essere sottoposto a procedimento per turbativa d’asta, associazione a delinquere, e corruzione.
Tizio ricorre immediatamente nelle opportune sedi, lamentando come vi sia stata, in concreto, una erronea applicazione della normativa di riferimento in quanto, a sua detta, i reati ad egli contestati nulla avevano a che fare con le armi e quindi, detta della difesa, tali reati non potevano e non dovevano essere addotti come elementi ostativi.
Il Tar darà ragione a Tizio, evidenziando come i reati ad egli ascritti non erano da considerarsi indicativi di una personalità in grado di abusare delle armi. Viene inoltre annullato anche il provvedimento emesso dalla Questura.
La sentenza
In realtà la sentenza di primo grado verrà appellata proprio da parte dell’Amministrazione e questo appello troverà pieno accoglimento. Vediamo come si è pronunciato quindi il Consiglio di Stato.
Il Consiglio di Stato prima di tutto evidenzia come chiunque sia titolare di porto d’armi deve per forza condurre una vita specchiata, volta al rispetto delle regole non solo penali ma anche e soprattutto quelle del vivere civile e del rispetto dell’ordine pubblico. A quel punto la valutazione circa la potenziale inaffidabilità può anche essere desunta da elementi non per forza validi sul piano penale ma anche relativi alla semplice buona condotta.
Prosegue il Consiglio di Stato evidenziando come la licenza di porto d’armi può essere tolta anche di fronte a elementi non per forza aventi una connessione con il potenziale abuso di armi. L’Amministrazione è infatti autorizzata a considerare validi anche quegli elementi tipici del vissuto personale del soggetto che non abbiano per forza rilevanza penale.
Come già rilevato, la revoca o il diniego dell’autorizzazione possono essere adottate sulla base di un giudizio ampiamente discrezionale circa la prevedibilità dell’abuso dell’autorizzazione stessa potendo assumere rilevanza anche fatti isolati, ma significativi.
Seppur i reati commessi da Tizio non erano inerenti ad un potenziale abuso delle armi, il Consiglio di Stato evidenzia come il fatto che egli abbia intrapreso condotte illecite, volte ad un illecito profitto, deve essere considerato come un elemento che indica come Tizio sia un soggetto che non è in grado di rispettare le regole della civile convivenza e quindi non pienamente affidabile al possesso e maneggio di armi.
Gli elementi cosi strutturati avvalorano quindi la tesi del Prefetto che, in primo grado, lo ricordiamo, era stata invece considerata non valida e non sorretta da elementi validi.