Differenza tra pugnale e coltello: la nuova sentenza della Cassazione

I fatti e le motivazioni del ricorrente

Tizio viene condannato in primo grado ad anni due di arresto poiché era stato trovato in possesso, fuori dalla propria abitazione senza giustificato motivo, con un coltello a serramanico di 22 cm con lama di 10 cm e larga 2 cm, occultato sotto il soprabito, agganciato alla cintura dei pantaloni. In appello la condanna viene confermata. Tizio quindi decide di ricorrere in Cassazione.

A detta della difesa, gli elementi e le motivazioni su cui rivedere la condanna sarebbero sostanzialmente tre. Vediamoli.

Prima di tutto la difesa di Tizio denuncia l’erronea applicazione della legge penale, poiché in Appello i giudici avrebbero omesso di considerare il fatto che il coltello sequestrato, per le sue caratteristiche intrinseche, non poteva essere considerato come arma bianca in senso proprio e la condotta, pertanto, doveva essere ricondotta alla fattispecie di cui all’art. 4 della legge 18 aprile 1975 n. 110 (porto di oggetti atti ad offendere) e non all’art. 699 del codice penale (porto abusivo di armi)

A detta di Tizio il giudice di secondo grado, per sostenere la propria tesi accusatoria, si sarebbe limitato ad evidenziare che il coltello aveva doppia punta (ma non doppia lama) circostanza, questa, comune a molti coltelli da campeggio.

Il ricorrente, inoltre, attraverso una lettura puntuale della normativa in materia(art. 80 r.d. 6 maggio 1940 regolamento di attuazione del Tulps) va ad elencare tutta una serie di strumenti certamente da considerarsi molto più pericolosi del semplice coltello proprio sulla base delle loro caratteristiche costruttive.

Infine, dalla combinata lettura degli art. 30 del tulps e 45 del R.d. n. 635 del 1940, si evincerebbe che l’arma bianca può essere definita tale solo quando presenti caratteristiche oggettive precise (tra le quali: impugnatura simmetrica, la doppia affilatura della lama, la punta acuminata e l’asta paramano) e non la semplice destinazione finale di offesa alla persona.

Con il secondo motivo il ricorrente, in realtà, torna sul primo motivo evidenziando anche qui come vi sia stata una erronea interpretazione ed applicazione della legge penale.

Col terzo motivo Tizio sostiene un vizio di motivazione della sentenza appellata, lamentando la mancata concessione delle attenuanti ex art. 62 bis codice penale.

Le motivazioni del rigetto del ricorso

La giurisprudenza in materia ha chiarito, in più occasioni, come il coltello a serramanico (utensile dotato di lama pieghevole nella cavità presente nell’impugnatura, la quale, cosi facendo, funge anche da guaina) costituisca mero strumento da punta/taglio ovverosia arma impropria il cui porto ingiustificato configura il reato di cui all’art. 4 della legge 18 aprile 1975 n. 110.

L’arma bianca, invece,  è quella particolare specie di coltello a serramanico chiamato anche coltello a scatto, a molla o a scrocco, dotato di congegni che consentono la fuoriuscita della lama dal manico, senza la manovra della estrazione manuale, ed il successivo bloccaggio della lama in assetto col manico.

Tale orientamento, che pone delle concrete differenze tra i due strumenti, prende le mosse dal fatto che l’ultimo (coltello a scatto) ha una lama azionata meccanicamente, mediante congegno a molla, che gli fa assumere le caratteristiche del pugnale  e dello stiletto e non di semplice coltello. 

Quali che siano le particolari caratteristiche di costruzione del coltello, alla stregua della varia tipologia, il discrimen tra l'arma impropria (cioè, lo strumento da punta e/o da taglio atto a offendere) e l'arma propria è costituito dalla presenza delle caratteristiche tipiche delle armi bianche corte, tra le quali i pugnali o gli stiletti. Ai fini della qualificazione del "coltello" quale arma propria o arma impropria, quindi, deve farsi riferimento, rispettivamente, alla presenza o alla assenza della punta acuta e della lama a due tagli, tipica delle armi bianche corte, mentre sono irrilevanti le particolarità di costruzione dello strumento.

Il coltello a serramanico o il coltello a scatto non costituiscono necessariamente un'arma (bianca) propria per cui non è ammessa licenza, il cui porto fuori dall'abitazione integra il reato di cui all'art. 699, secondo comma, cod. pen. (e non già primo comma): affinché il fatto sia idoneo a realizzare il più grave reato punito, a titolo di fattispecie autonoma, dal secondo comma della norma incriminatrice, occorre che il coltello oggetto di porto abusivo, più che essere dotato di un congegno a scatto che consenta la fuoriuscita della lama dal manico, senza la necessità di una manovra di estrazione manuale, e il successivo bloccaggio della lama stessa in assetto col manico, possieda le caratteristiche tipiche di un pugnale o di uno stiletto, rappresentate dalla presenza di una punta acuta e di una lama a due tagli.

Sulla base quindi di quanto sopra menzionato, tralasciando riferimenti meramente procedurali, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.


Norme di riferimento

Art. 4 legge 18 aprile 1975 n. 110

Art. 30  R.d. 18 giugno 1931 n. 773

Art. 45 R.d. 6 maggio 1940 n. 635

Art. 699 codice penale

Video: Differenza tra pugnale e coltello, la nuova sentenza della Cassazione



Corrado Maria Petrucci 

Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia 

Responsabile rubrica legale  All4shooters.com  /  All4hunters.com      

email:  legalall4shooters@gmail.com