Cosa dice la legge
In materia di acquisto armi e munizioni la legge parla chiaro, non lasciando troppo spazio all’interpretazione: dall’acquisto di armi e munizioni al momento della denuncia agli uffici di pubblica sicurezza non possono, in alcun modo, passare più di 72 ore. Ce lo dice, in modo chiaro e puntuale, l’articolo 38 del Tulps (R.D. 18 giugno 1931 n. 773). La denuncia va trasmessa, in caso di mancanza sul territorio di uffici della questura. al locale comando dei Carabinieri.
Per ovviare all’incombenza della denuncia, il legislatore europeo, con la nuova direttiva europea armi (direttiva 853/2017) ha introdotto la possibilità di trasmettere attraverso indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) la denuncia. Quindi la legge, come già abbiamo detto, non ammette ignoranza ne eccezioni almeno su questo aspetto.
La sentenza del Consiglio di Stato n. 3700 dell’11 maggio 2021
Vediamo ora questa interessante sentenza che, seppur semplice, ha certamente tracciato un importante solco anche per quanto riguarda la futura interpretazione della normativa da parte dei tribunali amministrativi, questure ecc.
A Tizio viene comminato un decreto di divieto detenzione armi e munizioni. Allo stesso viene contestata la mancata denuncia di acquisto di un’arma entro le 72 ore come prescritto dall’art. 38 tulps, il possesso di un numero di armi maggiore rispetto a quello previsto per legge, e la mancata diligenza nella custodia della stessa arma, un fucile, come previsto dalla legge 18 aprile 1975 n. 110.
Tizio ricorre al Tar e, per sostenere le proprie ragioni, deduce quanto segue: prima di tutto considera come illogica l’istruttoria che l’amministrazione ha fatto a suo carico. Egli sostiene di aver si acquistato l’arma, ma di non averla immediatamente ritirata e di averla ceduta a terza persona proprio per evitare di incorrere nel problema relativo al possesso di un numero di armi maggiore rispetto al dovuto.
Il tar da torto a Tizio. Prima di tutto il Tar sostiene che quanto da Tizio ricostruito e raccontato non corrisponda, in alcun modo, a quanto dedotto dall’istruttoria fatta dalla questura prima e dalla prefettura poi. Successivamente Tizio dice di aver immediatamente ceduto a Caio la propria arma per evitare un esubero di armi. La cessione risulta però essere stata fatta ben oltre le canoniche 72 ore che devono obbligatoriamente passare dall’acquisto. Dopo di che il Tar conferma anche la mancata diligenza nella custodia dell’arma stessa, un fucile. Tizio quindi ricorre al Consiglio di Stato
La decisione del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ritiene il ricorso del tutto infondato. Secondo il Consiglio di Stato, infatti, quanto mosso nei confronti di Tizio avrebbe certamente valenza e logicità per provvedere ad un giudizio di inaffidabilità nel possesso e maneggio delle armi e quindi, proprio perché Tizio viene considerato inaffidabile nel maneggio e possesso di armi, il provvedimento di dievieto emesso dalla prefettura è valido.
Quindi, ricapitolando: non denunciare entro le 72 ore l’acquisto di una certa arma o di un certo quantitativo di munizioni, inoltre conservare le armi in modo non diligente, sono tutti comportamenti che l’amministrazione considera validissimi per togliere armi e titolo (porto d’armi). Perché questo? La risposta è nella stessa sentenza: facciamo una rapida e semplice sintesi.
L’amministrazione per togliere le armi al cittadino e per togliergli il porto d’armi non deve basarsi per forza su un fatto che sia realmente accaduto e che abbia avuto per forza conseguenze di carattere penale. L’amministrazione può togliere il porto d’armi anche a quelle persone che, per tutta una serie di motivi e di condotta particolare, possono comunque far dubitare circa una condotta che sia buona ed esemplare, ma che non abbia comunque una rilevanza a livello penale. Non serve quindi per forza una vera e propria denuncia o, piuttosto, una condanna. Basta che la condotta faccia anche solo dubitare l’amministrazione. Quindi basta che manchi la buona condotta, anche senza condanne.
Normative di riferimento
Tulps (R.D. 18 Giugno 1931 n. 773)
Legge 18 aprile 1975 n. 110