I fatti
Tizio viene condannato da parte del Tribunale di primo grado alla contravvenzione di euro 516,00 per non aver applicato la dovuta diligenza nella custodia delle proprie armi. In particolare, la contravvenzione scattava a seguito di un furto all’interno dell’abitazione di Tizio in occasione del quale proprio le armi gli venivano sottratte.
Il ricorso
Chiaramente Tizio decide di proporre ricorso avverso la sentenza di condanna, motivando le proprie ragioni nel modo che segue:
- La prima motivazione del ricorso presentato da Tizio concerne il fatto che la dovuta diligenza nella custodia delle armi era stata ampiamente osservata. Fa notare il ricorrente come all’interno della propria abitazione lo stesso si era preoccupato di installare presidi metallici quali catenacci ed altri strumenti volti a scongiurare intrusioni da parte di non autorizzati. Tizio fa notare, inoltre, come lo stesso vivesse da solo e come sia del tutto remota la possibilità che eventuali conviventi o comunque soggetti che frequentavano la sua casa potessero venire a contatto con le suddette armi;
- Il secondo motivo concerne il fatto che la responsabilità penale dell’imputato veniva attribuita sulla base di una testimonianza resa da un agente di pubblica sicurezza il quale, sostanzialmente riferiva di aver appreso proprio da Tizio il fatto che le armi fossero custodite in una credenza aperta e non blindata e l’altra sotto il cuscino del letto di Tizio.
L’accoglimento del ricorso
La Cassazione considera pienamente legittimo il ricorso presentato da Tizio, annullando senza rinvio la sentenza di condanna emessa a suo carico da parte del Tribunale.
Come sempre, vediamo insieme come hanno ragionato gli Ermellini.
Partiamo prima di tutto dal fatto che la sentenza della Cassazione fa notare come l’obbligo di diligenza nella custodia delle armi, che è previsto dall’art. 20 della legge 18 aprile 1975 n. 110 per i privati cittadini, deve ritenersi perfettamente osservato alla sola condizione che risultino adottate le cautele che, nelle specifiche situazioni di fatto, possano esigersi da una persona di normale prudenza.
Che cosa significa?
Possiamo dire che per il legislatore, la diligenza nella custodia delle armi, sempre da parte dei cittadini privati che sono differenti da chi svolge attività professionale in materia di armi, possa ritenersi adempiuto nel momento in cui il soggetto stesso, che si presume debba essere persona dotata di normale prudenza, applichi tutte quelle attenzioni e tutte quelle accortezze tali da garantire che le armi siano solo a lui accessibili, scongiurando che eventuali non autorizzati (esempio conviventi) possano accedere alle armi.
La Cassazione, inoltre, fa notare come non vi sia responsabilità da parte di Tizio proprio perché lo stesso aveva installato, all’interno della propria abitazione, lucchetti, catenacci, grate in acciaio e vetri blindati; per gli Ermellini, come è ovvio che sia, l’adozione di tali presidi di sicurezza certamente dimostra come si siano adottate tutta una serie di accortezze tali da dimostrare come le armi fossero custodite comunque con la dovuta diligenza che è richiesta dalla legge.
Cosa dice la legge
Senza entrare in tecnicismi, rivediamo qui brevemente cosa dice la legge in materia di corretta custodia delle armi.
L’articolo di riferimento è l’art. 20 della legge 18 aprile 1975 n. 110. Tale articolo pone una differenza sostanziale tra chi non svolge attività professionale in materia di armi e chi, invece, la svolge.
Nel particolare, per il privato cittadino è richiesto, come già abbiamo visto sopra, che le armi ed il materiale esplodente siano custodite nell’interesse della pubblica sicurezza garantendo, quindi, che le armi non vengano in possesso di non autorizzati.
Invece, per chi svolge attività professionale in materia di armi e materiali esplodenti, viene richiesta l’installazione di un adeguato sistema di antifurto secondo le modalità prescritte dall’autorità di pubblica sicurezza.
In riferimento al caso in esame, notiamo come ci sia un elemento da non sottovalutare. Tizio teneva le armi in una credenza e sotto al cuscino. Lo stesso aveva adottato catenacci ed inferriate varie, quindi la Cassazione afferma come si sia osservata la dovuta diligenza nella custodia delle armi, nonostante le stesse fossero, appunto, sotto al cuscino e nella credenza.
La Cassazione, nel caso in esame, si esprime in tal modo perché Tizio viveva da solo! e lo dice chiaramente la sentenza come tale fattore sia stato preponderante nel giudizio !
Questo per dirvi che, se vivete in casa con altre persone, non importa che abbiate adottato misure di prevenzione contro l’intrusione da parte di malviventi perché la legge parla chiaro: a considerarsi non autorizzati ed imperiti sono anche gli eventuali conviventi e gli eventuali frequentatori abituali della vostra abitazione ! Ammettiamo che Tizio vivesse con sua moglie, state pur certi che la condanna sarebbe stata assolutamente e senza ombra di dubbio confermata.
Qualche utile consiglio
Noi di All4shooters, consigliamo sempre di adottare casseforti blindate, costruite secondo le attuali normative di riferimento, che siano o murate o comunque ancorate a terra e a parete. Nel caso di casseforti con serratura a chiave, che la chiave dovrà essere custodita in modo tale che la stessa non venga in contatto con non autorizzati. La Cassazione ha chiarito, in più occasioni, come le armi tenute in cassaforte di cui però la chiave non veniva custodita diligentemente, integri senza ombra di dubbio la mancata diligenza nella custodia delle armi. Appare ovvio che se mettiamo le armi nel armadio blindato e le chiavi dell’armadio stanno in bella vista sull’armadio stesso, ci stiamo prendendo in giro da soli.
Normative di riferimento
Art. 20 legge 18 aprile 1975 n. 110
Video: Custodia di armi e corretto impiego di presidi di sicurezza
Corrado Maria Petrucci
Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia
Responsabile rubrica legale All4shooters.com / All4hunters.com
email: legalall4shooters@gmail.com