Corretta custodia della pistola in casa

L’interesse della pubblica sicurezza

Abbiamo spesso affrontato il tema legato alle corrette modalità di custodia delle armi all’interno della nostra abitazione o, comunque, all’interno del luogo di detenzione che risulta in denuncia. Sappiamo, ai sensi dell’art. 20 della legge 18 aprile 1975 n. 110 che la custodia delle armi deve essere assicurata “con ogni diligenza nell’interesse della sicurezza pubblica”. Abbiamo anche imparato ce non a caso il legislatore sceglie di utilizzare diciture tanto “vaghe”. È infatti interesse del legislatore, in questo caso, poter utilizzare diciture utili a sottendere alla disciplina un numero di fattispecie potenzialmente infinito.

Se da un lato, però, l’uso di diciture così vaghe e indefinite si presta ad una regolamentazione utile a disciplinare un numero sempre maggiore di fattispecie, dall’altro si pone un problema relativo all’interpretazione ed al significato che gli interpreti del diritto dovranno restituire.

I fatti

Tizio viene condannato ad ammenda di duecento euro per non aver custodito, con la doverosa diligenza, all’interno della propria abitazione, la pistola, il relativo caricatore, e cinquanta cartucce, da lui legalmente detenuti.

Tizio infatti deteneva l’arma, seppur scarica, sotto al materasso nella propria stanza da letto, il relativo caricatore all’interno di una cassapanca in salotto e le cartucce in un mobile nella veranda. Stando a quanto stabilito dal tribunale, una modalità di custodia del genere avrebbe permesso a chiunque di impossessarsi delle armi, cartucce e caricatore, potendo fare potenzialmente un uso assolutamente improprio.

Tizio quindi ricorre ed arriva in Cassazione. Tizio argomenta la propria tesi difensiva asserendo che l’arma ed il relativo caricatore con munizionamento erano custoditi  in luoghi rispettivamente diversi. Altro elemento addotto dalla difesa è quello relativo alla posizione dell’abitazione di Tizio; isolata e lontana dal centro abitato. Inoltre l’abitazione sarebbe stata protetta da cancelli e porte blindate. Egli quindi sostiene di aver adoperato tutte le accortezze e di essere stato mosso, nella scelta delle modalità di custodia dei propri oggetti oggetto del procedimento, adoperando la normale diligenza.

Il ragionamento dei giudici della Cassazione

Il ragionamento giuridico degli Ermellini parte dall’art. 20 della legge 18 aprile 1975 n. 110. Tale articolo prevede che la custodia delle armi, come abbiamo già espresso nel primo paragrafo, deve essere assicurata “con ogni diligenza nell’interesse della sicurezza pubblica”. Come già abbiamo anticipato, la norma non pone un obbligo specifico, delineandone i confini logici, giuridici e pratici. La diligenza di cui parla il legislatore è quella applicabile da una persona dotata di normale prudenza.

Il principio evincibile, in questo caso, è quello relativo all’obbligo di assunzione di ogni cautela volta a scongiurare che l’arma sia nella immediata e diretta o comunque potenzialmente facile disponibilità di persone considerate imperite all’uso delle armi e quindi non in grado di maneggiarle o di farne un utilizzo assolutamente illecito.

Gli ermellini, inoltre, sottolineano come l’obbligo di custodia delle armi improntato alla normale diligenza a tutela della sicurezza pubblica per soggetti privati (non titolari di licenze professionali in materia di armi) “deve ritenersi adempiuto alla sola condizione che risultino adottate le cautele che, nelle specifiche situazioni di fatto possono esigersi da una persona di normale prudenza”e “proporzionate al pericolo che la norma intende scongiurare”.

Per chiarezza è utile sottolineare come il legislatore del 1975 abbia chiaramente disposto invece l’obbligo di adozione di particolari sistemi di sicurezza (porte blindate, inferriate  e sistemi di allarmi) solo nei confronti di quei soggetti titolari di licenze professionali in materia di armi all’interno dei luoghi ove viene esercitata l’attività professionale e nei luoghi adibiti ad esempio a deposito.

In questo caso la Cassazione sceglie di annullare la sentenza di condanna senza rinvio, sulla base di già altre sentenze della medesima Corte acclarate e pacifiche che avevano disposto assoluzioni nei confronti di soggetti che avevano adoperato modalità di custodia delle armi per nulla dissimili rispetto a quelle adottate dal ricorrente. In questo caso, lo sottolineiamo, nel valutare l’inesistenza del fatto contestato a Tizio, ha svolto un ruolo fondamentale il fatto che lo stesso vivesse da solo e che all’interno della propria abitazione non vi fossero, nemmeno eventualmente, minori.

I nostri consigli

Per le ragioni che abbiamo appena esposto, e stando anche alla giurisprudenza acclarata in materia, il consiglio che noi di All4shooters vogliamo dare è quello di adottare armadi blindati per la custodia delle vostre armi. Per ragioni legate non solo alla praticità degli stessi, in particolare a quelli per pistole le cui dimensioni li rendono anche occultabili in posti di difficile rintraccio da parte di eventuali malviventi, ma anche e soprattutto per la garanzia di assoluta sicurezza che danno. Per quanto poi la Cassazione potrebbe darvi ragione, sappiamo che i procedimenti giudiziari costano, sia in termini economici che in termini di risorse e di tranquillità. Eventualità che vogliamo tutti scongiurare.

Normative di riferimento

Artt. 20 e 20-bis legge 18 aprile 1975 n. 110

Sentenze di riferimento

Corte di Cassazione, Sezione I Penale, sentenza 20 marzo 2017, n. 13570.

Cass. Sez. 3, n. 76 del 12 gennaio 1996

Cass. Sez. 1, n. 7154 del 14 dicembre 1999

Cass. Sez. 1, n. 12295 del 3 dicembre 2003

Cass. Sez. 1, n. 46265 del 6 ottobre 2004

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Corrado Maria Petrucci 

Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia 

Responsabile rubrica legale  All4shooters.com  /  All4hunters.com      

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