Ci risiamo: il fronte anti-armi interno alla burocrazia e alla politica italiane ci attacca di nuovo, subdolamente, stando a quanto lamenta dall'ANPAM che, con un comunicato stampa di queste ore, ci avvisa di un nuovo pericolo imminente che si dovrà sventare nelle aule del Senato.
il 18 febbraio scorso, con il Decreto Legge numero 7 emanato sull'onda lunga degli attacchi terroristici alla sede del settimanale Charlie Hebdo e al supermercato Hyper Cacher di Parigi, erano state imposte alcune "Misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale". Il Decreto Legge si avvia ora alla sua data di scadenza naturale (60 giorni), motivo per cui è in corso l'iter parlamentare di conversione.
Orbene, qualche "manina furba" di origine governativa (o dovremmo semplicemente dire ministeriale?) ha inserito surrettiziamente nel testo alcune norme che nulla hanno a che fare con lo scopo del decreto ma che invece molto hanno a che fare con un vecchio pallino del Ministero dell'Interno: la limitazione dei caricatori amovibili e delle armi lunghe semi-automatiche aventi l'aspetto di un'arma militare, ovvero quelle classificate come B7 dalla legislazione attuale.
E non è difficile sospettare che le mani siano quelle dei "soliti noti", a cominciare
dal Prefetto Alessandro Pansa, Capo della Polizia, che già all'epoca dell'infame "Correttivo 204" si era personalmente inserito nell'iter per dichiarare che "non si tratta sui caricatori: vanno limitati e basta". Alla luce delle notizie delle ultime ore, possiamo vedere le voci di corridoio che qualche mese fa parlavano di una nuova "stretta" sui "Black Rifles" sotto una luce molto diversa.
Ma andiamo con ordine.
L'emendamento inserisce un comma all'articolo 3-Septies della Legge 110/75, nel quale si sottopongono ad obbligo di denuncia quei « caricatori in grado di contenere un numero superiore a 5 colpi per le armi lunghe e un numero superiore a 15 colpi per le armi corte, fermo restando quanto previsto dall'articolo 2, secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. . All'articolo 38, primo comma, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931.»
Vi dice niente? A noi suona come "coda" all'infame Correttivo 204. Non essendo stati in grado di "spazzare via" i caricatori non limitati dal mercato, a causa della contrarietà di tale norma alla direttiva europea, li si vorrebbe ora sottoporre ad obbligo di denuncia, entro e non oltre la data del 4 novembre 2015, rendendo reato la loro detenzione senza denuncia e/o senza licenza, con apposite modifiche al TULPS e all'articolo 697, primo comma, del Codice Penale.
Il tutto, si badi bene, ancora una volta, contrariamente alla normativa europea!
Ancora peggio si trova più avanti: l'emendamento inserirebbe un codicillo al comma 2 dell'articolo 13 della legge 157 dell'11 febbraio 1992, secondo il quale, « In deroga a quanto previsto dai commi 1 e 2, l'attività venatoria non è consentita con l'uso del fucile rientrante tra le armi da fuoco semiautomatiche somiglianti ad un'arma da fuoco automatica, di cui alla categoria B, punto 7, dell'allegato I alla direttiva 91/477/CEE [...] nonché con l'uso di armi e cartucce a percussione anulare di calibro non superiore a 6 millimetri Flobert.».
In parole povere, si vieta l'uso delle armi d'impostazione militare per la caccia, e si chiude definitivamente la porta all'accettazione delle armi a percussione anulare in calibro .22 per l'impiego venatorio, cosa che invece è realtà in numerosi Paesi europei.
E lo scopo, ovviamente, quale sarebbe? Ma è chiaro: limitare il numero di armi di categoria B7 legalmente disponibili ai comuni cittadini. L'emendamento continua infatti a recitare la sua litania liberticida:
« Alle armi escluse dall'uso venatorio ai sensi dell'articolo 13, comma 2-bis157, introdotto dal comma 3- , della legge 11 febbraio 1992, n.decies 110, e successive modificazioni. del presente articolo, detenute alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, continuano ad applicarsi i limiti numerici sulla detenzione vigenti anteriormente alla medesima data. In caso di cessione, a qualunque titolo, delle armi medesime, si applicano i limiti detentivi di cui all'articolo 10, sesto comma, primo periodo, della legge 18 aprile 1975, n. 110.»
In parole povere: non più da caccia, detenibili dunque in numero illimitato, ma comuni o sportive, a seconda di come gli importatori decideranno di classificarle, con i conseguenti limiti alla detenzione.
Insomma: la realizzazione di qualcosa che gli anti-armi che operano nell'ombra delle istituzioni italiane hanno sempre cercato di fare.
Non finisce quì, perché a seconda dell'interpretazione di altri codicilli inseriti nel testo, si potrebbe pensare che possano intervenire limitazioni anche in fatto di ricarica.
Che dire? In un paese dove mai si è verificata una sparatoria "all'americana" e dove mai armi d'impostazione militare sono state utilizzate per fatti criminosi di particolare rilevanza (fatta eccezione per i fatti della "Banda della Uno Bianca", composta guarda caso da agenti di Polizia in servizio!) si cerca di inserire in una norma di "contrasto al terrorismo" e di proroga delle missioni internazionali una serie di restrizioni arbitrarie alle armi di categoria B7.
Il tutto nella giornata in cui un nuovo attacco terroristico condotto con armi da guerra dal gruppo Al-Shabab all'università di Garissa (Kenya) ha mietuto 147 vittime, ricordandoci che solo 19 mesi fa, dopo che un assalto del medesimo gruppo al centro commerciale Westgate di Nairobi aveva mietuto 67 morti e 175 feriti, l'allora Segretario Generale dell'INTERPOL Ronald K. Noble aveva invitato le società con maggiori tendenze anti-armi e le forze di Polizia di tutto il mondo a rivedere profondamente la loro posizione sul "Gun Control", e ad accettare il fatto che solo una cittadinanza armata può offrire il margine di sicurezza necessario ed auspicabile contro la montante minaccia terroristica.
Da parte nostra, non possiamo che auspicare che le associazioni del settore, tra cui la stessa ANPAM, nonché i movimenti come Firearms United si attivino prontamente per scongiurare questa minaccia; da parte delle associazioni dell'industria, come ANPAM e CONARMI, sarebbe opportuno esercitare la pesante pressione politica e possibilmente anche mettere in atto le forme di protesta pubbliche che non furono in grado di esercitare all'epoca del passaggio del "Correttivo 204".
Da parte di tutti gli appassionati d'armi d'Italia sarebbe invece opportuna una immediata mobilitazione: contattate i vostri senatori, per esprimere il vostro sdegno ed invitarli a richiedere lo stralcio dal testo di un emendamento che nulla ha a che vedere con il decreto da convertire in legge, che non porterà alcun vantaggio alla sicurezza pubblica e complicherà solo la vita ai cittadini onesti e agli operatori del settore.
Il Senato della Repubblica si riunirà i giorni 8 e 9 aprile prossimi, ma stando al calendario dei lavori il testo in parola non sarebbe ancora stato calendarizzato per la discussione e la votazione. Il Decreto Legge 7 del 18/2/2015 dev'essere convertito in legge dal parlamento entro il 20 aprile, pena la decadenza; se il Senato sforasse, si dovrebbe ricominciare l'Iter da capo, ma non è il caso di incrociare le dita e sperare nella lentezza dell'azione legislativa italiana (che, come sappiamo, ha spesso dimostrato di non essere poi tanto lenta quando c'era da penalizzare gli appassionati di armi).
È necessario mobilitarsi subito: scrivete una valanga di E-Mail ai vostri senatori e diffidateli dal far passare questo scempio, se ci tengono alla poltrona!