Conflittualità in famiglia: quali possono essere le conseguenze sul porto d’armi?

Il caso

Tizio si vede notificare un provvedimento di divieto detenzione armi e munizioni da parte del Prefetto di Cagliari ai sensi dell’art. 39 TULPS. Il motivo di tale provvedimento viene ravvisato in una querela di parte presentata da un familiare di Tizio per il reato di cui all’art. 612 c.p. (minacce).

Il provvedimento con cui il Prefetto di Cagliari andava a vietare a Tizio la possibilità di possedere armi e munizioni viene da quest’ultimo impugnato e, per avvalorare le proprie ragioni, Tizio sostiene che vi sia stata violazione del’art.3 della legge 241/90 con conseguente carenza motivazionale e di presupposti, una totale violazione dell’art. 39 TULPS ed eccesso di potere da parte dell’Amministrazione in quanto, almeno stando a quanto riportato dall’impugnativa di Tizio, non sarebbe da potersi considerare sufficiente per l’adozione del provvedimento la semplice presentazione della querela soprattutto perché lo stesso Pubblico Ministero ebbe ad archiviare la stessa querela. Tizio inoltre sostiene come il provvedimento di archiviazione adottato dal PM non sia dipeso da remissione della querela (ritiro) né che sia intervenuta alcuna forma di opposizione all’archiviazione della querela stessa.

Il ricorso viene completamente rigettato.

Cosa dice la legge

Vediamo ora cosa dice la legge, concentrandoci proprio sul provvedimento con cui il Prefetto, ai sensi dell’art. 39 del TULPS può di fatto, vietare ad un soggetto, la possibilità di poter possedere armi e munizioni.

Per chiarezza espositiva, riportiamo qui di seguito le parti dell’art. 39 che più ci sono utili:

“Il Prefetto ha la facoltà di vietare la detenzione di armi e munizioni e materie esplodenti […] alle persone ritenute capaci di abusarne. Nei casi di urgenza gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza provvedono all’immediato ritiro cautelare dei materiali di cui al primo comma, dandone immediata comunicazione al Prefetto. […]”

l’art. 39 del TULPS va letto di concerto con gli artt. 11 e 43 dello stesso testo legislativo i quali, in modo puntuale, elencano quei casi in cui è necessario ritirare o comunque togliere o non rinnovare una licenza di porto d’armi.

Andandoci a rifare al caso sopra esaminato, possiamo chiaramente leggere come nei casi di delitti contro le persone (e la minaccia è a tutti gli effetti un delitto contro la persona), l’art. 11 giustifichi pienamente un ritiro di porto d’armi.

La ratio della norma è assai semplice da capire. In sostanza il legislatore che ha concepito le previsioni normative di cui sopra non ha voluto introdurre nel sistema giuridico italiano un provvedimento che abbia natura strettamente e solamente punitiva, bensì un provvedimento di natura cautelare e di prevenzione. Prevenzione di situazioni che, seppur già conflittuali, potrebbero degenerare con l’utilizzo di armi…

Una domanda legittima…

Il lettore, che non per forza possiede conoscenze tecniche di natura giuridica, potrebbe chiedersi come mai il Prefetto abbia comunque disposto nei confronti di Tizio un provvedimento di divieto detenzione armi e munizioni, nonostante il PM si sia preoccupato di archiviare la querela. In tal caso rispondiamo dicendo quanto già anticipato nei paragrafo precedente e quanto, in maniera assolutamente chiara, hanno decretato la Cassazione e Consiglio di Stato in materia.

In particolare quest’ultimo, che rappresenta il massimo grado della giustizia amministrativa in Italia, ha chiaramente detto che "Ai sensi dell'art. 39, t.u. n. 773 del 1931, è ragionevole, e comunque insindacabile in sede di giurisdizione di legittimità, la scelta dell'Amministrazione di prevenire che determinate situazioni possano degenerare, vietando la detenzione di armi e munizioni a chi ha formulato minacce nel corso di litigi, anche se in assenza di un contestuale uso di armi (Cons. Stato, sez. III, n. 3693 del 2016) ed anche se ciò è avvenuto fra congiunti (Cons. Stato, sez. III, n. 3515 del 2016); in altri termini, in relazione ad una situazione familiare caratterizzata da tensioni e litigi, è ragionevole - e comunque insindacabile nella sede della giurisdizione di legittimità - la scelta dell'Amministrazione di prevenire che la situazione possa degenerare, vietando la detenzione di armi e munizioni nei confronti di chi risultava comunque coinvolto in tali tensioni familiari (Cons. Stato, sez. III, 18 marzo 2019, n. 1790)"

Come possiamo quindi capire, al legislatore ciò che preme non è punire ma prevenire che situazioni già di per sé caratterizzate da generale litigiosità possano in qualche modo degenerare.

Normative di riferimento

R.D. 18 giugno 1931 n. 773 (Testo unico di leggi di pubblica sicurezza)

Legge 241 del 1990

Art. 612 del codice penale

Video: Conflittualità in famiglia. Quali conseguenze sul porto d’armi?


Corrado Maria Petrucci 

Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia 

Responsabile rubrica legale  All4shooters.com  /  All4hunters.com      

email:  legalall4shooters@gmail.com