La fattispecie
Con sentenza del 10 settembre 2018, il Giudice dell’udienza preliminare di Chieti dichiarò C.M. colpevole dei reati di tentato furto (relativamente a tre episodi di delitto) ricettazione, resistenza a pubblico ufficiale, porto di parti di arma, evasione e lesioni personali. La continuazione tra i vari reati e con la riduzione del rito si arriva ad una condanna a cinque anni di carcere e multa di 4.600 euro.
In merito al delitto posto in essere da C.M. ed in merito alla sua configurabilità ai sensi dell’art. 2 della legge 895 del 1967, il Tribunale ritenne che i calci di fucile rinvenuti nell’auto dello stesso C.M. dovessero essere considerati come “parti di arma” non trattandosi di accessorio o mero ornamento, ma di strumento funzionale all’imbracciata del fucile ed al puntamento per lo sparo.
C.M. ricorre in appello. La Corte d’appello di L’Aquila conferma quanto stabilito dal Tribunale, considerando il calcio del fucile da caccia “non un accessorio di mero ornamento, ma parte funzionale dell’arma poiché serve ad imbracciarla e a prender la mira”.
Il ricorso in Cassazione
C.M. assistito dal suo legale, decide di ricorrere in Cassazione. Il ricorso è basato su due motivi di impugnazione, ma a noi, in questa sede, interessa solo quello riguardante il reato relativo ai calci di fucile.
In merito a questo ultimo punto, C.M. lamenta sostanzialmente la mancata perizia dei calci rinvenuti all’interno della propria vettura e l’accertamento in merito alla potenziale e concreta utilizzabilità degli stessi (mediante assemblaggio ad un’arma e quindi per rendere questa imbracciabile e pronta all’uso) e, in seconda battuta, l’integrità degli stessi.
La sentenza, a detta del ricorrente, non avrebbe fornito una precisa e puntuale descrizione dei calci in merito a questi ultimi due punti analizzati.
Il rigetto del ricorso
A detta dei giudici di Cassazione il ricorso è infondato in merito ad entrambi i punti su cui C.m. ricorre.
Vediamo quello che a noi interessa. Secondo gli Ermellini, per la configurabilità dei reati di cui all’art. 2 della legge 895 del 1967 andrebbe a costituire parte di arma ogni componente, diverso dagli accessori di mera rifinitura od ornamento, indispensabile per il suo funzionamento o che contribuisca ad aumentarne la pericolosità, potenzialità, precisione di tiro e rapidità di esplosione del colpo.
C.M. viene quindi condannato per i reati a lui ascritti.
Cosa dice la legge
Vediamo ora, per capire l’assurdità di tale sentenza, cosa dice la normativa italiana in materia di parti di armi.
Il D.lgs. 104 del 2018 recepisce, in Italia, la direttiva europea armi 853 del 2017 che, tra le tante novità, va a novellare la legge 527 del 1992 riconsiderando la definizione di parte di arma.
Secondo la nuova disciplina in materia, sono da considerarsi come “parti di armi” ciascuna delle seguenti componenti essenziali: la canna, il telaio, il fusto, comprese le parti sia superiore che inferiore, (upper reciver e lower reciver), nonché, in relazione alle componenti di funzionamento, il carrello, il tamburo, l’otturatore, il blocco di culatta che, in quanto oggetti distinti, rientrano nella categoria in cui è stata classificata l’arma da fuoco sulla quale sono installati o sono destinati ad essere installati”.
Solo le parti essenziali sono soggette a denuncia ai sensi dell’art. 38 TULPS. Tra le parti considerate, in senso giuridico, “parte di arma” non è inserita la calciatura. In claris non fit interpretatio o quando le cose sono chiare non serve interpretarle. Perché l’interpretazione, spesso, può creare incomprensioni di difficilissima risoluzione.
Perché, allora, la Cassazione ha voluto, in modo manifestamente forzato, inserire un altro elemento all’interno del novero delle parti di armi ? A voi le conclusioni ed i commenti…
Normative di riferimento
Legge n. 895 del 1962
D.lgs. 104 del 10 agosto 2018
Direttiva europea armi 853/2017
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Corrado Maria Petrucci
Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia
Responsabile rubrica legale All4shooters.com / All4hunters.com
email: legalall4shooters@gmail.com