I fatti
La Corte di Appello di Bologna confermava la condanna nei confronti di Tizio e Caio per i reati di rapina aggravata e tentativo di danneggiamento.
I motivi con cui Tizio e Caio decidono di procedere ad appello in Cassazione sono, rispettivamente, i seguenti.
Prima di tutto il difensore di Tizio sostiene come, nel computo della pena applicata, si dovessero tenere in considerazione tutta una serie di difficoltà relazionali e psicologiche che affliggevano il proprio assistito.
Anche il difensore di Caio, in modo abbastanza sommario, cerca di far valere la propria tesi secondo cui il proprio assistito sia stato da intendersi, al momento dei fatti, come incapace di intendere e di volere.
Quello che interessa a noi è, sostanzialmente, il fatto che secondo i difensori l’aggravante al reato di rapina non doveva in alcun modo essere considerato poiché il fatto era stato commesso con l’utilizzo di arma giocattolo.
Il ragionamento giuridico
Veniamo adesso alle motivazioni di natura giuridica che, in qualche modo, hanno stabilito come entrambi i ricorsi debbano considerarsi infondati.
Il collegio ribadisce che il semplice uso o porto fuori della propria abitazione di un giocattolo riproducente un'arma sprovvisto di tappo rosso non è previsto dalla legge come reato. L'uso o porto fuori della propria abitazione di un tale giocattolo assume rilevanza penale soltanto se mediante esso si realizzi un diverso reato del quale l'uso o porto di un'arma rappresenti elemento costitutivo o circostanza aggravante, come avviene quando il giocattolo riproducente un'arma, sprovvisto di tappo rosso, sia portato in aeromobile, in violazione della legge 23 dicembre 1974 n. 694, o quando sia usato nella commissione di delitti contro la sicurezza della navigazione aerea, di reati di natura elettorale, nei delitti di rapina aggravata (art.628, comma 3 n. 1, prima ipotesi, Cod. pen.), di violenza e resistenza aggravata a pubblico ufficiale (art. 339 cod. pen.), di estorsione aggravata (art. 629 cpv Cod.Pen.), di minaccia aggravata (art. 612 cpv. Cod.pen.), o quando venga portato indosso nella commissione del reato di furto. (Sez. U, Sentenza n. 3394 del 06/03/1992 Ud. (dep. 23/03/1992 ) Rv. 189520 - 01).
Per configurare l'aggravante e decisivo il fatto che il tappo rosso o gli altri segni identificativi dell'arma come giocattolo non siano "visibili", affermando rilevanza sia alle condizioni oggettive di visibilità che alla percezione "soggettiva" della vittima
Si è affermato infatti che sussiste pertanto l'aggravante della minaccia con uso di arma ove la minaccia sia compiuta con un'arma giocattolo il cui pur esistente tappo rosso sia occultato, anche solo temporaneamente, in modo da non renderlo "visibile" alla persona offesa.
Si ribadisce pertanto che per configurare l'aggravante dell'uso dell'arma nel delitto di rapina è sufficiente il ricorso ad una arma "giocattolo" che non sia immediatamente riconoscibile come tale; la circostanza sussiste cioè quando l'azione minatoria risulta aggravata dal ricorso ad uno strumento che "appare" come un'arma da sparo.
Pertanto la sussistenza dell'aggravante dipende non solo dalla oggettiva assenza sull'oggetto dei segni dell'arma da gioco (tappo rosso e similari), ma anche dal fatto che tali segni non sono visibili e riconoscibili dalla vittima.
L'accertamento della riconoscibilità dell'arma come un oggetto da gioco deve essere dunque effettuato valutando sia le circostanze ambientali "oggettive" che incidono sulla visibilità dei segni del giocattolo (tappo rosso e similari), sia la percezione "soggettiva" che la vittima ha avuto di quei segni.