I fatti
- Materia: diritto delle armi e di pubblica sicurezza, diritto delle successioni
- Ambito: successione di armi ed obbligo di denuncia da parte degli eredi
- Normative di riferimento: art. 2 e 7 legge 895 del 1967
Tizio muore, e lascia come eredi i figli Caio e Sempronio e la moglie Mevia. Tizio, appassionato cacciatore, possedeva legalmente ed in virtù del porto d’armi da caccia un fucile calibro 12 e le relative munizioni.
Nei confronti di Caio veniva eseguita ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari ed in sede di esecuzione veniva appunto rinvenuto il fucile del defunto padre.
Gli eredi di Tizio, in particolare i figli, spiegavano alle forze dell’ordine come gli stessi avessero più volte esortato la madre a recarsi in Questura per procedere al disfacimento dell’arma stessa, non essendo nessuno di loro appassionato di attività venatoria.
Nei confronti di tutti e tre gli eredi scattava la denuncia per non aver denunciato l’arma dal momento in cui ne venivano concretamente in possesso, e cioè a far data della morte del padre. In primo e secondo grado le condanne vengono confermate.
I ricorsi degli eredi e il loro rigetto
Tutti e tre gli eredi di Tizio decidono quindi di presentare ricorso per Cassazione. Vediamo le motivazioni da questi addotte.
Rispettivamente ai ricorsi presentati da parte dei due figli Caio e Sempronio, le loro motivazioni sono sostanzialmente identiche.
Entrambi gli eredi denunciano violazione degli artt. 2 e 7 della legge n. 895 del 1967 e vizio di motivazione.
Il fucile era risultato detenuto dal deceduto per uso sportivo (caccia) e alla morte del coniuge, secondo quanto ricostruito dal ricorrente, i figli avevano sollecitato la madre affinché si recasse alla locale Stazione di polizia per disfarsi dell'arma, non essendo nessuno di loro amante della disciplina venatoria.
La Corte di appello invece ha ritenuto che i due fratelli, in quanto eredi del deceduto erano diventati, dal momento del decesso, proprietari del fucile e quindi investiti dell'obbligo giuridico di denunciarne il possesso.
Secondo la Corte di Cassazione, tra l’altro, non rileva quanto riferito dalla moglie, secondo la Corte di appello, e successivamente confermato proprio dalla Cassazione, circa la volontà di conservare l'arma per ricordo affettivo, in quanto tutti gli imputati, nella qualità di eredi, dal momento del decesso del genitore, erano diventati responsabili della conservazione della stessa.
Secondo la Cassazione infatti Si tratta di un obbligo, quello di ripetere la denuncia da parte dell'erede, la cui mancanza di conoscenza non integra l'ipotesi di cui all'art 5 cod. pen.
Ai fini del perfezionamento dell'elemento soggettivo del reato è sufficiente, infatti, il dolo generico senza che sia richiesta la consapevolezza dell'antigiurididtà della condotta o di violare una determinata norma di legge. L'obbligo di denuncia delle armi trova la propria ratio nella finalità di mettere l'autorità di polizia in condizioni di conoscere il luogo dove le armi si trovano e le persone che ne hanno la disponibilità.
Secondo gli Ermellini Si ritiene, infatti, che in caso di morte del soggetto che ha denunciato il possesso di un'arma alla competente autorità, grava sull'erede l'obbligo di ripetere tale denuncia, anche quando l'accettazione dell'eredità sia avvenuta con beneficio di inventario, procedura che ha il solo effetto di tenere separati, ai fini civilistici, il patrimonio del de cuius e quello dell'erede