Armi e litigi in famiglia. Cosa dice la legge?

La valutazione dell’amministratore

In caso di valutazione, da parte dell’amministrazione, circa i requisiti di un soggetto che fa richiesta di primo rilascio o rinnovo del porto d’armi, l’elemento famigliare ha una rilevanza davvero pesante. Con questo si intende dire che il contesto all’interno del quale il soggetto si trova a vivere e le persone con le quali lo stesso si trova ad intrattenere rapporti di stretta parentela potrebbero essere addotti dall’amministrazione come elementi in grado di far presumere un potenziale uso distorto delle armi.

Come già abbiamo detto in articoli precedenti, e non ci stancheremo mai di ripeterlo dato che è su questo elemento che si basa l’intero impianto normativo e giurisprudenziale del diritto delle armi, l’amministrazione si vede riconosciuto dalla legge un potere caratterizzato da una profonda discrezionalità circa gli elementi che possano in qualche modo far presumere che il richiedente primo rilascio o rinnovo del porto d’armi possa abusare delle armi delle quali entrerà in possesso una volta ottenuto il titolo abilitativo all’acquisto. Ciò, però, non comporta, ma spesso cosi è, che tale valutazione sfoci nella più completa arbitrarietà. Vediamo quindi, di seguito, alcune sentenze in materia di armi e rapporti famigliari turbolenti o problematici.

Un caso interessante

  • Sentenza Tar Lombardia 1994 del 16/08/2018

La situazione vede l’ennesimo diverbio, assai concitato, tra marito e moglie che stanno affrontando una separazione. Vengono allertati i Carabinieri i quali, una volta giunti presso il domicilio della coppia, hanno conferma del diverbio tra i due. Emerge inoltre la continuità dei diverbi sempre con toni molto accesi. A questo punto la Questura, sulla base degli elementi evidenziati dai militari, dispone la revoca del porto d’armi ad uso caccia del marito. Egli, quindi, presenta scritti difensivi avverso tale provvedimento evidenziando come la moglie fosse affetta da disturbi psichiatrici gravi e perfettamente documentabili.

A questo punto, rigettati dalla Questura gli scritti difensivi, il marito presenta ricorso al Tar Lombardia che gli darà ragione. Il Tar Lombardia, infatti, tiene conto degli evidentissimi disagi psichiatrici che affliggono la moglie del ricorrente e, giustamente, restituisce il porto d’armi al ricorrente.

Una sentenza interessante

Quando si parla di ritiro o diniego di rinnovo del porto d’armi è evidente che tali provvedimenti non devono essere comminati automaticamente. In questo senso è interessante prendere in esame una sentenza del TAR Toscana (Sentenza n.1658 del 19 dicembre 2018) dice infatti che in sede di valutazione di questi casi a doversi prendere in considerazione saranno tutti gli elementi che la vanno a caratterizzare. In particolare si dovrà tenere conto della veridicità di quanto asserito, ad esempio, in sede di denuncia alle Forze dell’ordine ai danni del detentore di armi e della condotta che quest’ultimo ha avuto negli anni passati. 

Normative di riferimento

D.lgs 104 del 2018

Legge 110 del 1945

Testo Unico di Leggi di Pubblica Sicurezza

Sentenze di riferimento

TAR Toscana (Sentenza n.1658 del 19 dicembre 2018)

Sentenza Tar Lombardia 1994 del 16/08/2018

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Corrado Maria Petrucci 

Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia 

Responsabile rubrica legale  All4shooters.com  /  All4hunters.com      

email:  legalall4shooters@gmail.com  

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