Armi e liti in famiglia: interessante pronuncia del TAR Lazio

I fatti

  • Materia: diritto delle armi e di pubblica sicurezza
  • Ambito: porto d'armi per difesa e liti in famiglia
  • Normative di riferimento: artt. 11 e 43 T.U.L.P.S.

In data 3.4.2023 il Questore di Roma decretava, nei confronti di Tizio,  la revoca per il ricorrente della licenza di porto di pistola per difesa personale, in ragione di alcuni episodi di conflittualità familiare che avevano reso indispensabile, sia nel 2019, sia, più di recente, nel 2022, l’intervento delle forze dell’ordine.

Tizio non ci sta, e decide di proporre ricorso avverso il provvedimento del Questore.

Con un unico motivo di gravame, il ricorrente lamentava un difetto di istruttoria e di motivazione dell’atto impugnato, poiché gli episodi a base del provvedimento non erano mai sfociati in violenze fisiche o minacce, come risultante dalle dichiarazioni della compagna nonché della figlia.

Peraltro, si trattava di vicende avvenute a distanza di molto tempo fra loro. Dunque, l’amministrazione non avrebbe potuto fare applicazione né dell’art. 11 né dell’art. 43 T.U.L.P.S., dato che dai fatti in questione non risultava alcun elemento dal quale potesse desumersi che Tizio potesse abusare dell’uso delle armi.

L’accettazione del ricorso

Vi anticipiamo immediatamente che il ricorso presentato da Tizio verrà pienamente accettato da parte del TAR. Vediamo quindi come hanno ragionato i giudici amministrativi.

Prima di tutto si riporta, nel testo della sentenza, come la giurisprudenza amministrativa è costante nell’affermare che, ferma restando l’ampia discrezionalità che connota il potere valutativo dell’amministrazione a tutela degli interessi primari dell’ordine e della sicurezza pubblica, non va mai dimenticato che la stessa deve essere esercitata in coerenza con la situazione di fatto, oggettivamente esistente, e mediante la formulazione di una congrua motivazione sulle ragioni, concrete ed attuali, dalle quali possa desumersi il rischio di un abuso delle armi 

Il pericolo di abuso delle armi, in particolare, deve essere comprovato e richiede, sia un’adeguata istruttoria, sia una congrua valutazione, anche della personalità del soggetto, che possa giustificare un giudizio prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità, come in caso di personalità violente, aggressive o prive della normale capacità di autocontrollo.

In conclusione, pur non essendo richiesto un oggettivo ed accertato abuso nell’uso delle armi, questo in forza del carattere preventivo delle misure di polizia, è, comunque, necessario provare che, sulla base di elementi obiettivi, vi siano circostanze tali che dimostrino una scarsa affidabilità nella detenzione o nell’uso delle armi o un’insufficiente capacità di dominio dei propri impulsi ed emozioni 

Facendo applicazione dei principi di cui sopra nel caso in esame, deve evidenziarsi che gli episodi segnalati dall’Amministrazione a base del provvedimento, oltre ad essersi verificati a distanza di oltre tre anni fra loro, non appaiono particolarmente significativi, stante che gli alterchi tra il ricorrente e la moglie si sono sempre arrestati al piano verbale (la donna ha fatto riferimento solo a degli insulti ricevuti dal compagno e a litigi verbali, come confermato anche dalla figlia.

Dunque, non c’è mai stato, neppure sul piano soltanto verbale, un riferimento alle armi e ad un loro possibile abuso, né, soprattutto, un qualche atteggiamento del ricorrente volto a far presagire un possibile e futuro pericolo in tal senso.

Video: Armi e liti in famiglia. Pronuncia del Tar Lazio