Alterazione di armi di libera vendita: nuova interessante sentenza della Cassazione

I fatti

Analizziamo prima di tutto i fatti. Tizio si vede contestato, a seguito di un controllo, l’illegittimo possesso di un’arma comune da sparo in quanto egli aveva pensato bene di alterare, aumentandone la potenza, una carabina di libera vendita da lui acquistata nel 2011. Tutti sappiamo che le armi di libera vendita, per non essere classificate come armi comuni da sparo, devono erogare una potenzia di fuoco non superiore ai 7,5 joule e, anche il solo aumento di 0,1 joule, determina l’automatico novero dell’arma stessa come arma comune da sparo, per il cui possesso è necessario avere una autorizzazione di polizia (porto d’armi o nulla osta).

Tizio invece aveva aumentato, di quanto non ci è dato saperlo, la potenza della carabina da egli acquistata e nel 2011,  a seguito di un controllo da parte delle forze dell’ordine, la carabina veniva sequestrata.

Dopo le varie lungaggini, e dopo due gradi di giudizio, la vicenda approda in Cassazione su ricorso presentato da Tizio, articolato secondo le motivazioni che vedremo tra poco.

I motivi del ricorso di Tizio

In sede di ricorso Tizio lamenta prima di tutto come non si sia di fatto evidenziato che allo stesso non si potesse attribuire un possesso continuato dell’arma alterata, in quanto a far data dell’acquisto, l’arma aveva, in effetti, una potenza non superiore ai 7,5 joule e quindi, secondo la difesa di Tizio, non è per forza a lui ascrivibile ed attribuibile la responsabilità di aver alterato l’arma.

La seconda motivazione del ricorso di Tizio riguarda il mancato riconoscimento della lieve entità del fatto penalmente rilevante; a detta della difesa di Tizio l’arma era si alterata, ma non in modo così rilevante da determinare una potenza di fuoco da considerarsi, se vogliamo, pericolosa e micidiale. Anche tale motivazione non sta troppo in piedi, in quanto, come abbiamo già anticipato prima, la legge considera anche il semplice aumento di 0.1 joule come rilevante ai fini della nuova classificazione dell’arma come arma comune da sparo.

Il rigetto del ricorso

Vediamo ora in che modo gli Ermellini hanno rigettato il ricorso presentato da Tizio.

Innanzitutto i giudici della Cassazione fanno una differenziazione, supportata dagli opportuni riferimenti normativi, chiarendo cosa sia un’arma comune da sparo e cosa sia un’arma di libera vendita. Le armi i cui proiettili erogano una energia cinetica superiore ai 7,5 joule sono da considerarsi "comuni da sparo": l’eventuale illegale ed illegittima detenzione è punita dagli artt. 2 e 7 della legge n. 895 del 1967.

Successivamente i giudici della Suprema Corte evidenziano come si, le armi i cui proiettili erogano una potenza inferiore ai 7,5 joule sono da considerarsi come armi di libera vendita ma, le stesse, vengono comunque considerate “armi”, essendo quest’ultima una categoria di riferimento assai più ampia, ed il porto ingiustificato delle stesse costituisce reato.

Come già abbiamo avuto modo di vedere, alla data del sequestro (2017)  risultata nel pieno possesso di Tizio proprio quella carabina alterata, da considerarsi non arma in senso generico ma arma comune da sparo, per il cui possesso è necessario possedere un porto d’armi o nulla osta.

La Cassazione qui fa un passaggio importante. Il reato di detenzione abusiva di arma è reato permanente, a cui non si richiede un certo lasso di tempo per integrarsi. In sostanza, spiegando in modo chiaro, basta possedere l’arma abusivamente (senza avere titoli o autorizzazioni) e non ha importanza per quanto tempo.

Possesso di armi alterate: vanno sempre di pari passo?

Quello che interessa di questa sentenza è una differenziazione, molto utile, che la Suprema Corte fa a proposito del concorso dei reati di possesso di armi alterate e materiale alterazione delle stesse.

Se leggiamo la sentenza, notiamo come la detenzione abusiva di un'arma alterata non comporta necessariamente responsabilità per l'alterazione medesima, qualora non sussista la prova che essa sia stata compiuta dal detentore, né il giudice può sostituire alla mancanza di prova la presunzione che l'alterazione sia stata compiuta dal possessore dell'arma ovvero, invertendo l'onere della prova, richiedere al detentore di fornire elementi certi per individuare colui che alterò l'arma.

Spiegando in modo più chiaro: non è per forza detto che chi possiede armi alterate le abbia poi, nel concreto, materialmente alterate e questo passaggio logico obbliga giudici e periti a non attribuire, in modo automatico, la responsabilità di aver per forza alterato le armi a chi sia stato sorpreso a possederle. A meno che non vi siano delle prove chiare ed incontrovertibili che determinino, oltre ogni ragionevole dubbio, la responsabilità dell’alterazione dell’arma in capo a chi ne sia in possesso.

La Corte quindi, almeno da questo punto di vista, darà ragione a Tizio, al quale verrà quindi riconosciuta la sola responsabilità derivante  dal possesso di arma alterata e non dall’averla, materialmente e concretamente, alterata.

Normative di riferimento

Art. 3 legge 18 aprile 1975 n. 110

Artt. 2 e 7 legge 895 del 1967

Art. 14 legge 497 del 1974

Video: Alterazione di armi di libera vendita



Corrado Maria Petrucci 

Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia 

Responsabile rubrica legale  All4shooters.com  /  All4hunters.com      

email: legalall4shooters@gmail.com