Sequestro di tutti i fucili semi-automatici Zastava M76 calibro 8x57JS posseduti da legittimi titolari di licenza di porto d'armi o custoditi presso le armerie o i distributori, in tutto il territorio nazionale.
È stata ripresa da numerose fonti d'informazione del mondo armiero italiano, la notizia dell'emissione di un decreto ai sensi dell'articolo 253 del Codice di Procedura Penale, a firma dei magistrati Francesco Piantoni e Michele Stagno, con cui la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia ha ordinato il sequestro di tutti i fucili Zastava M76 presenti in Italia.
Sebbene l'ordinanza di sequestro degli Zastava M76 porti la data del 25 luglio scorso, l'esecuzione da parte delle Forze dell'Ordine di tutt'Italia, in sub-delega per conto della Squadra Mobile della Questura di Brescia, sta avvenendo in questi giorni. Ai possessori, e alle armerie che hanno in carico tali armi, non viene e non verrà contestato alcun reato, ma le armi dovranno tassativamente essere consegnate.
L'ordinanza è stata emessa nell'ambito di un procedimento giudiziario ancora in corso, ed è motivata dal fatto che gli Zastava M76 − almeno, alcuni esemplari provati nell'ambito di verifiche sempre attenenti allo stesso procedimento − sarebbero in grado, in alcune condizioni, di sparare a raffica.
Un problema simile su questa piattaforma si è già presentato in passato, e diversi anni fa portò al sequestro da parte del BATFE (Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives) del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d'America di alcune quantità di carabine importate negli USA. Fu in effetti riscontrato, come pare sia accaduto anche sulle stesse armi in Italia, che posizionando la leva di sicura a metà strada tra la posizione di "sicura" e quella di "fuoco", il fucile Zastava M76 possa sparare a raffica.
Stando a quanto pubblicato nel 2009 sulla prestigiosa rivista Guns and Ammo, ciò è dovuto al fatto che gli ingegneri dell'azienda armiera serba che progettarono gli Zastava M76 "ingrandendo" il design del Receiver del celebre Kalashnikov AK-47 mantennero, sulla nuova arma, l'intaglio sulla parte interna destra della rotaia su cui scorre il portaotturatore. Nell'AK, tuttavia, tale intaglio serve ad attivare il tiro a raffica, caratteristica inutile nello Zastava M76 in quanto esso era originariamente stato concepito come arma semi-automatica per il tiro di precisione sulle lunghe distanze.
Gli ingegneri serbi probabilmente decisero di mantenerlo per semplificare la vita agli operai delle catene di produzione che realizzavano le componenti per entrambe le armi, ma ciò comporta che, con il selettore "a metà strada", tale intaglio faccia da sede per un dentino presente sul disconnettore, che finisce per bloccarsi e non intervenire più sul meccanismo di scatto, causando dunque il tiro a raffica.
A nostro avviso, come peraltro riportato anche dai colleghi USA, tale caratteristica non sarebbe sufficiente a classificare lo Zastava M76 come "arma da guerra", ancorché demilitarizzata (male, stando a quanto sta accadendo in queste ore!), ma più che altro come arma di progettazione difettosa, anche perché non ci sarebbe motivo per cui una Forza Armata possa volere un'arma in calibro 8x57JS con caricatore da 10 colpi, munita di ottica di puntamento e del peso totale di oltre 4,2 chili, in grado di sparare a raffica, essendo un'arma da tiratore scelto.
Ciò è tanto più vero se si pensa come le versioni più moderne in calibro .308 Winchester della stessa arma − tra cui il fucile Zastava M76-PS, disponibile sul mercato commerciale italiano − non presentino questo problema, e non siano infatti interessate dal provvedimento né siano mai prese in considerazione nell'ambito del procedimento a cui esso si riferisce.
Degno di nota è soprattutto il fatto che la stessa ordinanza dei magistrati bresciani (che, dobbiamo ammettere, è scritta in maniera tecnicamente impeccabile) faccia notare come la molatura del succitato "dentino" del disconnettore, per circa 0,7/0,8mm, sia sufficiente a risolvere il problema.
Non sappiamo come si evolverà la situazione; certo è che tutti i possessori di fucili semi-automatici Zastava M76 dovranno consegnarli presso i locali Commissariati di Polizia, Comandi-Stazione dei Carabinieri o Questure.
Tutti gli esemplari saranno testati, e se ci sono probabilità che quelli che non spareranno a raffica possano essere restituiti ai legittimi proprietari, c'è anche il rischio che quelli che saranno scoperti essere "difettosi" possano essere confiscati senza indennizzo e mandati in distruzione. Il rischio è talmente concreto che al riguardo un numero considerevole di tiratori italiani si lamenta oggi sul Web − anche sulle pagine Social di all4shooters.com − e parla sia di "prova generale di disarmo" che, forse più correttamente, di truffa ai danni dei tiratori.
Sarebbe tuttavia un peccato distruggere tali autentici pezzi di storia, e sarebbe auspicabile (anche se probabilmente destinato a restare un sogno!) che la Procura della Repubblica di Brescia autorizzasse la riparazione, magari tramite armerie o distributori con regolare autorizzazione, dei modelli sequestrati, e la loro restituzione ai legittimi proprietari.
Sono molti gli accorgimenti che si possono adottare, ad iniziare dalla limatura del citato "dente" del disconnettore.
Forse tali accorgimenti potrebbero essere considerati "insufficienti" nell'ambito di una demilitarizzazione, ma, ad avviso di chi vi scrive, in questo caso non può parlarsi di "demilitarizzazione", e similmente non può configurarsi alcun reato nel comportamento di chi ha importato e distribuito queste armi − tantomeno quello di vendita di armi da guerra o di negligenze nella demilitarizzazione delle stesse! − perché gli Zastava M76 non sono mai stati concepiti per essere "a raffica", né tantomeno per essere convertiti con espedienti in caso d'emergenza, data l'inutilità di un'arma da tiratore scelto a raffica in un calibro così grosso.
Insomma: il funzionamento a raffica dello Zastava M76 non è "voluto", neanche marginalmente o come espediente, e non è un "rimasuglio" di una demilitarizzazione male eseguita, ma un semplice "difetto congenito" dovuto ad una progettazione specificamente volta arendere la produzione dell'M76 più semplice e rapida per i metodi di uno stabilimento industriale che già produceva armi con un assetto simile.
Ciò è corroborato dal fatto che numerosi profughi provenienti dai Balcani, che nel corso della guerra civile yugoslava militarono nelle diverse fazioni e fecero un uso anche importante dello M76, non ricordano di essersi mai imbattuti in questo problema, né che esso sia mai stato menzionato, né che l'eventuale utilizzo a raffica dell'arma abbia mai fatto parte dell'addestramento o delle tecniche di combattimento.
Si potrebbe semmai ipotizzare frettolosità e negligenza da parte dei progettisti originali (ormai defunti), ed una responsabilità da parte dei vari banchi di prova che a suo tempo accettarono gli M76 senza rilevare questo difetto.
Diremo di più: la presenza del problema su lotti importati nel corso degli anni sia in Italia che negli Stati Uniti è a nostro avviso la prova di un difetto di fabbricazione, cosa che − sempre a parere di chi scrive − dovrebbe sottolineare ancor di più le responsabilità per omissione di chi, in base alla legge italiana e alle normative europee, è tenuto a vigilare su questi aspetti: non gli importatori, che hanno acquistato le armi in buona fede come le armerie e gli utenti finali, ma i tecnici dei vari banchi di prova riconosciuti CIP che, come sottolinea l'ordinanza stessa, nel corso degli anni hanno accettato e bancato gli Zastava M76 oggi oggetto di sequestro.
Non possiamo dunque che incrociare le dita, nella speranza che la situazione venga risolta tenendo presente gli interessi di più di 1500 collezionisti che, in buona fede e nel rispetto della legge (tanto che a loro carico non viene ipotizzato alcunché!) hanno acquistato queste armi nel corso degli anni.