L'alimentazione a nastro è uno dei sistemi più antichi – e sicuramente ancora il più popolare – per le armi automatiche che richiedano un'alta capacità; le sue radici possono essere fatte risalire all'epoca precedente all'avvento della cartuccia metallica, si pensi al nastro inventato da Edward Maynard per gli inneschi dei moschetti ad avancarica e alle tante armi con “camera a catena”.
Uno dei primi brevetti di sistema d'alimentazione a nastro per armi a cartuccia metallica è quello presentato da Fortune L. Bailey nel 1876 per un'arma a otturatore fisso e canne rotanti che traslavano anteriormente durante il ciclo di fuoco, funzionante a manovella. Il suo sistema di funzionamento era piuttosto singolare: consisteva in un lungo nastro di tela con inserti metallici ad L, in cui le munizioni venivano inserite una ad una fino al collarino per il tramite di inserti tubolari. Le munizioni rimanevano sempre agganciate al nastro – prima, durante, e dopo essere state sparate.
Il primo sistema d'alimentazione a nastro “moderno” ad essere prodotto in serie fu quello inventato da Hiram Maxim per le sue mitragliatrici. Il nastro di Hiram Maxim era molto semplice: consisteva in due lunghe strisce di tela o tessuto cucite insieme per formare una serie tasche distanziate l'una dall'altra in maniera costante.
Da cariche, avevano lo stesso aspetto delle cartucciere indossate dai cacciatori e dai militari dell'epoca, seppure molto più lunghe: laddove le normali cartucciere difficilmente potevano ospitare più di 50 colpi a causa della necessità di adattarsi alla configurazione corporea di chi le doveva indossare, i nastri per le mitragliatrici Maxim variavano dai 100 ai 333 colpi, o a volte di più.
Per assicurarsi che lo spazio tra le cartucce rimanesse costante, Maxim aveva previsto l'inserimento di spaziatori metallici rigidi pinzati alla tela tra una cartuccia e l'altra. John Moses Browning, che si concentrò sulla progettazione di mitragliatrici nell'ultimo decennio del 19mo secolo, concepì invece nastri d'alimentazione più semplici, senza spaziatori metallici, che furono adottati da diversi altri produttori e da molti eserciti a causa della loro semplicità e dei costi relativamente bassi – a cui tuttavia corrispondevano importanti difetti.
Anzitutto, i nastri in tela – a causa della configurazione delle “tasche” che ospitano le cartucce – possono essere impiegati solo in mitragliatrici con un sistema d'alimentazione a due stadi: la cartuccia dev'essere sfilata dalla “tasca” ed inserita di fronte all'otturatore, che poi procede a camerare la medesima.
Ciò significa che l'arma necessita di un meccanismo aggiuntivo per sfilare la cartuccia dal nastro, anche se Maxim risolse il problema integrando diverse funzioni (sfilare la cartuccia dal nastro, tenerla ferma durante il processo d'alimentazione, poi estrarre il bossolo vuoto) sulla faccia oscillante a T dell'otturatore.
Tra gli altri difetti possiamo annoverare anche la sensibilità dei nastri di tela agli elementi naturali quali il freddo e l'umidità, e la loro tendenza ad allentarsi o strapparsi col tempo.
Un altro difetto, meno ovvio, è dovuto alla capacità. Più alta è la capacità, più lungo dev'essere il nastro... e un nastro di tela da 250 colpi arrivava a essere lungo anche più di sei metri. Nel corso dell'azione veniva a crearsi una lunga “coda” di nastro vuoto che sporgeva dalla mitragliatrice ed intralciava i movimenti – tant'è vero che ai mitraglieri venivano forniti speciali coltelli per tagliare le porzioni di nastro vuoto.
I primi a cercare di risolvere i problemi associati alla necessità di un'alimentazione a due stadi per le mitragliatrici con nastro di tela furono Lawrence Benét e Henri Mercié, tecnici dell'azienda francese Hotchkiss & Cie.
Un loro brevetto del 1896 prevedeva diversi tipi di nastro metallico con “tasche” per le munizioni a cielo aperto, realizzate in lamiera stampata o in ottone, in maniera molto semplice. Il brevetto descrive delle lastrine o corti nastri rigidi poi associati alle mitragliatrici della linea Hotchkiss nel corso della Prima Guerra Mondiale, ma faceva menzione anche di nastri rigidi o semirigidi assemblati a partire da unità di una o tre cartucce connesse tramite cardini.
La Hotchkiss produsse le lastrine rigide per le sue mitragliatrici in capacità variabile dai 9 ai 30 colpi; i nastri semirigidi da 50 colpi furono utilizzati soprattutto sui primi carri armati, e durante la Prima Guerra Mondiale ce ne furono anche da 250 colpi per l'artiglieria antiaerea.
Realizzate in acciaio o ottone, le lastrine rigide e i nastri semirigidi videro largo uso sulle mitragliatrici Hotchkiss 1914, 1922 e 1909 “Hotchkiss Portative”. Un sistema molto simile fu adottato dall'industria giapponese per le mitragliatrici Taisho 03 e Type 92, ampiamente influenzate dal Design della Hotchkiss.
Le tasche per le cartucce a cielo aperto, regolarmente distanziate, consentivano alle mitragliatrici Hotchkiss di impiegare un sistema d'alimentazione semplice: le lastrine si posizionavano direttamente di fronte all'otturatore, il cui movimento in avanti spingeva la cartuccia in camera.
Tale sistema, tuttavia, aveva i suoi difetti: le lastrine erano relativamente pesanti ed offrivano una capacità limitata; i nastri semirigidi da 30 colpi erano lunghi quasi 40 centimetri e si deformavano o danneggiavano facilmente durante l'uso; l'autonomia limitata significava anche che l'utente doveva dedicare meno attenzione all'arma in se' e più all'alimentazione per consentire alla mitragliatrice di mantenere un buon volume di fuoco.
Le lastrine più corte offerte per la mitragliatrice “Hotchkiss Portative” contraevano ancor di più il volume di fuoco; le lastrine vuote dovevano essere ricaricate con cura per evitare che si danneggiassero durante l'inserimento delle cartucce, causando inceppamenti – e infatti ai mitraglieri venivano forniti strumenti speciali a tale scopo.
Il sistema delle lastrine rigide e dei nastri semirigidi fu sviluppato ulteriormente sia in Francia che in Italia, con risultati scarsamente apprezzabile. L'arsenale militare francese di Puteaux (APX) sviluppò infatti la sua versione delle lastrine rigide per la sua mitragliatrice Puteaux M.le 1905 – poi presa come punto di partenza da un altro arsenale di Stato francese, quello di St.Ètienne, per lo sviluppo di un'altra mitragliatrice, denominata M.le 1907 e destinata ad altrettanto scarso successo.
Per non dover pagare i diritti connessi al brevetto Hotchkiss, i tecnici dell'Arsenale di Puteaux progettarono le loro lastrine per impiegare anelli chiusi; le armi che le impiegavano dovevano dunque prevedere un sistema d'alimentazione a due stadi che, in teoria, avrebbe migliorato l'affidabilità del posizionamento delle munizioni. In realtà l'unico lato positivo di questo Design fu la semplice convertibilità delle armi all'impiego di nastri di tela più lunghi.
L'industria italiana impiegò il medesimo sistema per la mitragliatrice Breda 37. Al posto delle sezioni stampate e piegate dalla base della lastrina, la lastrina tipica della mitragliatrice Breda impiegava ampie partizioni a T per trattenere le munizioni per tutta la sua lunghezza. Ciò garantiva un'alimentazione più affidabile, ma faceva anche salire peso e costi delle lastrine.
Un altro importante difetto della mitragliatrice Breda 37 era dovuto al fatto che i bossoli vuoti venivano reinseriti nella lastrina stessa al termine del ciclo di fuoco, costringendo i mitraglieri a svuotarle manualmente prima di ricaricarle. Le lastrine della Breda 37 erano anche decisamente troppo poco capienti – 20 colpi al massimo – per un'arma automatica da utilizzarsi da postazione fissa.
L'evoluzione degli aerei militari fece emergere numerosi nuovi problemi; ad esempio, le porzioni vuote dei nastri di tela tendevano a finire nel vano del pilota e colpirlo, oppure ad impigliarsi nei controlli. Il problema fu risolto con l'invenzione dei nastri in metallo auto-disintegranti, usati per la prima volta per l'appunto sulle mitragliatrici montate sugli aerei.
Tali nastri presentavano anelli separati, ciascuno dei quali connetteva due cartucce adiacenti, che venivano innestati sui nastri tramite connettori rimovibili. I primi nastri auto-disintegranti furono concepiti per le mitragliatrici a nastro di tela, e in virtù di ciò erano pensate per un sistema di alimentazione a doppio stadio. Gli anelli doppi avevano una forma di 8, e una volta che la cartuccia veniva estratta da un anello, lo stesso veniva espulso dall'arma in caduta libera o depositato in un contenitore speciale da cui poteva poi essere recuperato per il riutilizzo.
Un'interessante tipologia di nastro vide la luce nel corso della Seconda Guerra Mondiale per l'utilizzo sui carri armati. All'epoca i carri inglesi impiegavano mitragliatrici BESA calibro 7,92x57mm (8mm Mauser) di derivazione cecoslovacca, originariamente concepite per utilizzare nastri in metallo semirigido non sufficientemente flessibili per essere utilizzati all'interno dei ristrettissimi spazi dei carri.
I progettisti inglesi concepirono dunque degli speciali nastri compositi: tela e metallo assieme, con compartimenti aperti a C per le munizioni.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il grosso degli eserciti sostituirono i nastri in tela con quelli metallici. Le nuove mitragliatrici degli eserciti NATO impiegavano nastri auto-disintegranti ad anello aperto, a forma di 3.
Tra queste includiamo armi in calibro 7,62x51mm NATO quali la FN MAG belga e la M60 americana, e armi più moderne e leggere quali la FN “Minimi” e le Heckler & Koch MG4 ed MG5 nei calibri 5,56x45mm e 7,62x51mm NATO.
Alcuni esemplari di concezione più vecchia, ma ancora in linea, continuano ad impiegare nastri non disintegranti: si pensi alle MG-42/59 e alle MG3, derivate moderne della MG42 tedesca; le mitragliatrici Browning M-1919, M37 ed M2-HB nei calibri .30, 7,62x51mm NATO e 12,7x99mm continuavano (e continuano) ad utilizzare nastri disintegranti ad anelli chiusi.
Le mitragliatrici russe – in particolar modo la mitragliatrice Kalashnikov PKM cal.7,62x54R – continuano invece a utilizzare nastri non disintegranti compatibili con le vecchie mitragliatrici Maxim Mod.1910.
I modelli di produzione russa camerate per munizioni senza collarino – si pensi alla vecchia Degtyaryov RPD cal.7,62x39mm e le più moderne KORD ed NSV “Utjos” in calibro 12,7x108mm – impiegano nastri non disintegranti in metallo ad anello aperto, normalmente assemblati da porzioni da dieci, venticinque o cinquanta colpi per evitare che il mitragliere in movimento sia intralciato da lunghe porzioni di nastro vuoto che pendono dall'arma.
I nastri in plastica meritano una nota a parte: il loro sviluppo si trascina da vari decenni ora, ma sono ben lontane dall'adozione nonostante i vantaggi in termini di costo e peso offerti dai moderni materiali compositi.
Più in generale, è importante per il lettore comprendere che in realtà, a differenza di quanto accade nell'immaginario cinematografico, quasi mai gli operatori trasportano i nastri delle munizioni “alla Rambo” – ovvero avvolti attorno al corpo o al braccio, o pendenti dall'arma.
Normalmente le munizioni per le mitragliatrici vengono fornite dagli arsenali militari o dalle fabbriche già inserite nei nastri e confezionate in scatole che si possono agganciare al treppiedi dell'arma o lasciate a terra quando si spara da posizione fissa.
Un'alternativa più pratica, pensata per le mitragliatrici leggere, è costituita da contenitori più piccoli che si agganciano direttamente all'arma, in genere alla porzione inferiore di fronte alla guardia del grilletto. I primi esemplari di questo tipo di contenitore erano generalmente rotondi e in metallo, mentre oggi sono quasi tutti rettangolari e realizzati in materiale leggero e semirigido.
Alcuni Paesi hanno inoltre sviluppato zaini portanastro con guide rigide a caduta libera per le munizioni, dall'autonomia variabile tra i 200 e i 500 colpi; tali sistemi sono utilizzati generalmente in via “semi-ufficiale” da alcune unità per operazioni speciali.
Per concludere dobbiamo brevemente far menzione degli accessori per il riempimento dei nastri – molto utili agli addetti che debbano caricare i nastri vuoti partendo da cartucce sfuse.
Farlo a mano è un lavoro lungo e faticoso, dunque con l'evolversi delle mitragliatrici a nastro furono inventati in diversi Paesi degli strumenti per facilitare il compito.
Oggi il grosso degli eserciti occidentali utilizza mitragliatrici con nastri auto-disintegranti, ma per quelle Forze Armate che ancora usino nastri riutilizzabili un macchinario per il riempimento rapido risulta sempre utile.
Ne è un esempio perfetto il dispositivo russo Rakov, funzionante a manovella, che presenta un imbuto per le cartucce sfuse e una guida per il nastro delle munizioni.
Il funzionamento è rapido e intuitivo, e il risultato è il facile ricaricamento di un nastro vuoto per mitragliatrici quali la PKM.