La guardi e ti tornano alla mente le note di una canzoncina maliarda che accompagnò, ripresa da tutti i contendenti, gli ultimi mesi della guerra: Lili Marleen. “Vor der Kaserne, vor der großen Tor…”.
Altro che ritrovarsi ancora vicino alla caserma, sotto il lampione ancora in piedi, in un appuntamento futuro. Il fantaccino tedesco molte volte non fece ritorno. Partiva con il K98k e il tascapane della maschera antigas. Aveva un addestramento durissimo, un po’ di munizioni e una squadra di camerati con l’arma d’appoggio. “…armi pronte/e la morte a paro a paro”, aveva scritto il D’Annunzio vent’anni prima.
Il fantaccino, a vent’anni, sulla tradotta con i suoi camerati e la mitragliatrice d’appoggio, si avviava verso una guerra da perdere.
Le armi durano più degli uomini, e questa MG42 è ancora qui a ricordarci quegli eventi. È un pezzo di storia: un’arma che ha fatto la guerra e che ha ancora sparato il 25 aprile 1945 al laghetto dell’Idroscalo. Ma come si giunse a quell’arma innovativa?
Un po’ di storia. Bisogna partire dal progetto Stange. Bloccati nello sviluppo delle armi dal trattato di Versailles, i Tedeschi avevano fatto sviluppare una mitragliatrice a Solothurn. La MG30, nata da quegli studi, a rigore non è l’antenata di nulla, ma costituisce l’inizio della storia. Aveva un sistema di chiusura costituito da un anello rotante che univa canna e otturatore, che non sarebbe più stato utilizzato.
L’arma che fu sviluppata in Germania dalla Mauser, cioè l’MG34, sicuramente tenne conto degli studi di Ludwig Stange, ma sostituì l’anello rotante con una testina rotante dell’otturatore. Il principio non era nuovo, visto che risaliva addirittura alla pistola di Gabbet Fairfax nella quale, tuttavia, si accoppiava a un sistema a lungo rinculo. Ma un buon progettista riesce sempre a utilizzare il meglio di quanto è già stato realizzato. In fin dei conti, l’acqua calda è già stata inventata e non è il caso di fare lunghe sperimentazioni per riscoprirla. L’MG34 fu la prima mitragliatrice polivalente e la prima a essere costruita in grande serie, ma richiese non poco tempo per la messa a punto.
La costruzione, infatti, risentiva del concetto teutonico di precisione costruttiva, esiziale in un’arma militare. E non solo: risentiva anche del concetto di eccellenza, per cui solo il meglio poteva considerarsi adeguato. Quanto questi concetti fossero obsoleti in campo militare si vide ben presto, quando l’MG34 affrontò il campo di battaglia. L’arma era delicata. Le ristrettissime tolleranze di lavorazione non furono un problema solo per il nostro Breda 30, ma anche per l’arma teutonica. Nella sabbia, d’inverno, nella polvere l’arma era poco affidabile. I militari al fronte lamentavano che la cadenza di fuoco, benché elevata, non era sufficiente per affrontare le ondate d’assalto della fanteria nemica. Inoltre l’arma era costosa e richiedeva troppe ore per la sua costruzione. Ciò che in tempo di pace era sembrato adeguato non andava più bene se messo a confronto con le dure condizioni e gli elevati tassi di consumo della guerra.
Occorreva una nuova arma. L’incarico di svilupparla fu conferito alla Metall und Lackierwarenfabrik Johannes Grossfuss AG, un’azienda senza nessuna esperienza pregressa in campo armiero che sarebbe potuta partire dal foglio bianco utilizzando nuovi punti di vista. Le specifiche erano impressionanti. Si voleva un’arma monocanna che potesse sparare 1500 colpi al minuto, che costasse meno dell’MG34, che fosse rustica e più facile a prodursi. Anche i Tedeschi si stavano rendendo conto che rusticità e facilità di produzione non erano necessariamente sinonimi di progettazione sbrigativa e costruzione trasandata. Quello che ci voleva era un nuovo progetto che potesse rispondere a tutte le richieste. Sfida non facile, per usare un eufemismo, che fu raccolta da un gruppo di ingegneri dell’azienda guidati dal dr. Grunow. Erano necessarie nuove tecnologie e ci si rivolse allo stampaggio.
Infatti la Grossfuss utilizzò al massimo la lamiera stampata, di cui era specialista, con solo pochi pezzi realizzati dal pieno. Il principio del corto rinculo fu mantenuto, ma la chiusura fu rivoluzionata. Un paio d’anni prima che la ditta ricevesse la commessa per la nuova arma un ingegnere polacco, Edward Stecke, aveva brevettato negli Stati Uniti una mitragliatrice con una nuova chiusura, che utilizzava la diversa posizione di due rullini d’acciaio per bloccare o sbloccare tra loro la canna e l’otturatore. Entrati in possesso dei prototipi nel 1939, i Tedeschi decisero di utilizzare quel sistema per la nuova mitragliatrice. Le semplificazioni comportarono l’abbandono del caricatore portanastri della MG34 e del suo sistema di fissaggio. Con una struttura realizzata per stampaggio e saldatura di una spessa lamiera la nuova arma, che non era ancora l’MG42 ma l’MG39, costava 250 Reichsmark anziché 327, richiedeva molto meno materiale e soprattutto poteva essere costruita in 75 ore complessive anziché 150. Metà del tempo, metà del materiale, un terzo del costo in meno. Inoltre, la nuova arma poteva essere prodotta e assemblata da officine meccaniche non specializzate. Un’ulteriore semplificazione, che comportò l’abbandono della possibilità di tiro singolo, completò il miracolo progettuale, che fu adottato dalla Wehrmacht con il nome di MG42.
Dell’arma, tra il 1942 e il1945, furono costruiti 408.323 esemplari, realizzati sostanzialmente da quattro aziende: Grossfuss (bpr), Mauser (byf), Gustloff (dfb) e Steyr (bnz a Vienna, kls a Varsavia). Il contributo di Magnet Werke Ag (ar) fu minore, tanto che alcuni autori lo ignorano.
L’incremento dei ritmi produttivi fu impressionante: ancora nei primi quattro mesi del 1945, con il materiale che scarseggiava, le fabbriche bombardate e molti operai al fronte o morti, della MG42 furono costruiti 61.877 esemplari.
Il progetto non fu capito dagli alleati, così come lo Sten non fu capito da Hitler quando Otto Skorzeny glielo presentò. Gli ufficiali alleati che valutarono i primi esemplari catturati attribuirono i cambiamenti rispetto alla mitragliatrice precedente alle cattive condizioni dell’industria di guerra.
Solo nell’immediato dopoguerra si resero conto che si trattava non del rimedio a difficoltà produttive, ma di un progetto geniale, di cui trasferirono parecchi elementi nella M60. Per la verità tentarono anche di utilizzare direttamente l’MG42, ma la cosa non funzionò perché non tennero conto della differenza di lunghezza tra il .30-06 e l’8x57. L’arma era affidata a una squadra di due uomini, un mitragliere e un servente, ed era dotata di tre canne per consentirne la rotazione. L’altissimo volume di fuoco, con il conseguente surriscaldamento, faceva sì che la canna dovesse essere sostituita ogni 250 colpi. Cioè ogni 10-12 secondi di fuoco continuo. Il sistema semplicissimo di cambio rapido consentiva che una canna potesse essere sostituita in sei secondi da una squadra affiatata.
Vista da vicino
Il calcio della mitragliatrice può essere in legno o in bakelite. Al calcio è fissato un robusto mollone, munito di guidamolla, che a sua volta funge da guidamolla per la molla di recupero, che è in filo d’acciaio intrecciato.
La struttura è in lamiera stampata e alloggia l’otturatore e la molla di recupero. Il coperchio superiore reca il meccanismo di alimentazione, composto di parti macchinate e di elementi stampati. Sulla destra c’è la manetta di armamento, che può essere piatta o conformata a “T”.
Davanti all’impugnatura a pistola che reca il grilletto, sempre sulla destra, c’è la finestra di espulsione, chiusa da uno sportellino che si apre automaticamente durante l’armamento.
La struttura copricanna è forata per consentire il raffreddamento e aperta sul lato destro per il cambio rapido della canna. All’estremità della struttura forata c’è un rompifiamma che funge anche da rinforzatore di rinculo. L’efficacia del rompifiamma è innegabile. Durante lo sparo non c’è vampa di bocca; si nota solo la polvere sollevata dall’onda d’urto.
Gli organi di mira sono costituiti da tacca, con alzo a cursore che consente il tiro da 200 a 2000, e da un mirino abbattibile affinché non sia danneggiato durante il trasporto. Anche la foglietta della tacca è abbattibile.
A fianco della tacca, premendo un pulsante sul lato destro della medesima è possibile sollevare la mira posteriore antiaerea, anch’essa in lamiera stampata. La mira anteriore era unita all’arma solo in caso di necessità e si fissava in un alloggiamento stampato e unito alla struttura dell’arma mediante rivetti.
Il bipiede, normalmente in posizione anteriore, può essere facilmente separato dall’arma sia per il montaggio di questa su treppiede sia per il tiro da feritoie. In questo caso, il bipiede si aggancia alla mitragliatrice in posizione più arretrata, più o meno a metà lunghezza. Le prime MG42 erano brunite in nero profondo, con le saldature molate. In seguito le saldature divennero via via più visibili e l’aspetto generale è più grezzo. Verso la fine della guerra, si videro esemplari fosfatati o addirittura lasciati in bianco senza alcuna protezione del metallo.
Lo smontaggio dell’arma è semplicissimo. Per prima cosa, agendo sulla manetta che si trova sul lato destro, si estrae e si rimuove la canna. Dopo di che si sfila il perno del blocco di alimentazione e si rimuove anch’esso. Quindi si sblocca il calcio e lo si ruota in senso antiorario finché sia possibile estrarlo. Con esso si estrae anche la molla di recupero. Infine, si estrae l’otturatore. Tutto qui. Semplice e veloce.
Come funziona.
Alla pressione del grilletto, si libera l’otturatore. Spinto dalla molla di recupero, questo avanza fino a incontrare una cartuccia nel nastro, che il sistema di alimentazione ha messo sulla sua strada.
La sfila dalla maglia aperta del nastro di alimentazione e la camera. La testa dell’otturatore entra in contatto con la canna. Il portapercussore avanza per colpire l’innesco e, nel farlo, divarica i due rullini di bloccaggio, che vanno ad alloggiarsi nel prolungamento della canna. Canna e otturatore sono quindi solidamente uniti. Il sistema Stecke, va ricordato, prevede una chiusura geometrica e non deve essere confuso con il sistema Vorgrimmer. Anche quest’ultimo usa due rullini, ma dà origine a una chiusura metastabile con un semplice ritardo d’apertura.
Allo sparo, una parte dei gas preme sul rafforzatore di rinculo; la canna è spinta all’indietro. Nella sua corsa retrograda, porta i rullini a contatto con due piani inclinati che li spingono all’interno, svincolando canna e otturatore. Ovviamente questo avviene respingendo il portapercussore che si era incuneato tra i rullini immediatamente prima dello sparo. Al termine del percorso a contatto con i piani inclinati, canna e otturatore non sono più uniti tra loro. La canna si ferma, l’otturatore continua la corsa estraendo il bossolo. Nel percorso retrogrado, il bossolo è espulso e la molla di recupero viene compressa.
Se è cessata la pressione del dito sul grilletto, l’otturatore resta agganciato in posizione arretrata, altrimenti il ciclo riprende. Il sistema di alimentazione, nel frattempo, è stato azionato da un elemento cilindrico posto sulla testa dell’otturatore, che scorre in un elemento piegato dislocandolo verso sinistra o destra in funzione del movimento in avanti o all’indietro. Il movimento dell’elemento piegato, attraverso un ingegnoso sistema di biellette, fa avanzare passo-passo il nastro con le cartucce.
Il dopoguerra
L’arma fu subito presa in considerazione dagli eserciti vincitori, che peraltro le trovarono un grosso difetto: il consumo eccessivo di munizioni! Difetto comune anche alla MG45, o MG42V, realizzata da Mauser in una decina di esemplari. L’arma usava una chiusura metastabile sistema Vorgrimmer e divenne la base di molte armi di Heckler & Koch.
Nel 1950 la Bundeswehr richiese a Rheinmetall, che aveva costruito dei sottoinsiemi durante la guerra, di fabbricare ex novo l’MG42 diminuendone la cadenza di tiro e quindi modificando la caratteristica più apprezzata dell’arma originale. A partire dai pezzi e dagli esemplari esistenti furono ricostruiti i disegni, andati persi durante i combattimenti del 1945. Le armi costruite in base a quei disegni furono adottate, con piccole variazioni, in numerosissimi Paesi.
Scheda Tecnica
Produttori principali | Versioni belliche tedesche della Seconda guerra mondiale: Grossfuss (bpr), Mauser (byf), Gustloff (dfb) e Steyr (bnz a Vienna, kls a Varsavia) |
Modello | MaschinenGewehr Typ 42 (MG42) |
Tipologia | Mitragliatrice polivalente |
Calibro | 7.92x57mm (8x57 IS) |
Chiusura | Geometrica Stecke a rulli con funzionamento a corto rinculo di canna |
Canna | 476 mm con rigatura a 4 principi destrorsi |
Alimentazione | A nastro non disintegrabile tipo DM1 |
Cadenza di tiro | Da 1200 a 1600 colpi al minuto, secondo i modelli |
Scatto | Otturatore aperto con percussore mobile |
Sicure | Manuale a traversino sulla catena di scatto |
Organi di mira | Tacca regolabile e mirino abbattibili più mire antiaeree opzionali |
Materiali e finiture | Acciaio al carbonio per canna, manicotto di culatta, otturatore e portaotturatore, lamiera di acciaio imbutita |
Lunghezza totale | 1230 mm |
Peso a vuoto | 11,6 kg (con bipede) |