Lee-Enfield, Mosin-Nagant, Carcano. Tutti fucili a ripetizione manuale con otturatore girevole-scorrevole. O “Bolt-Action”, per usare il termine inglese e per brevità. Dalla loro introduzione nella seconda metà del 1800, i fucili Bolt-Action si sono distinti per il loro carattere, almeno all’inizio, squisitamente militare. Offrivano grande velocità di ricarica e ottime prestazioni, esattamente ciò che gli eserciti di tutto il mondo cercavano per soppiantare i moschetti ad avancarica e le prime carabine a retrocarica a colpo singolo. Con la sola, parziale e breve, concorrenza di alcuni progetti con caricamento a leva (tipo “Winchester”, per intenderci), entro la fine del secolo i Bolt-Action erano divenuti d’ordinanza praticamente in tutte le Forze Armate del mondo. E lo rimasero a lungo, fino allo sviluppo dei primi semiautomatici affidabili nella prima metà del 1900, e anche più avanti, fin dopo la Seconda guerra mondiale.
Nell’era dei fucili d’assalto, ovviamente, i Bolt-Action hanno perso il loro posto come armamento leggero principale, anche se il loro uso continua per impieghi specialistici: addestramento al tiro, armi da tiratore scelto e/o camerate in calibri antimateriale.
Si tratta, però, sempre e comunque di armi che hanno fatto un’epoca. Che hanno combattuto guerre epocali. Che hanno salvato e spezzato vite. Che meritano il loro posto nella storia. Oggi esaminiamo due simboli, che più di altri hanno lasciato il segno. Uno, lo Springfield 1903, è l’arma dell’ascesa degli Stati Uniti al rango di prima potenza militare mondiale. L’altro, il Mauser 98K, erede di una grande e nobile tradizione, ha avuto la sfortuna di essere il “braccio forte” del sanguinario regime nazista.
Springfield Armory M1903 (.30-06 Springfield)
La storia del primo modello in esame inizia con la fine del 1800, in quello che allora era l’Arsenale Militare di Springfield. Ma per comprenderla in pieno bisogna tornare un po’ indietro nel tempo, all’epoca in cui le Forze Armate degli Stati Uniti adottarono la prima cartuccia a polvere infume, la .30-40 e il primo fucile Bolt-Action, cioè il Krag-Jørgensen di origine norvegese: una munizione adottata solo per motivi di convenienza logistica, non amata dai soldati nonostante le sue prestazioni non disprezzabili, e un fucile non certo esente da difetti, lento, con un’azione fragile. Al contempo, le FF.AA. USA guardavano con ammirazione alle ottime prestazioni e qualità dei fucili Mauser che andavano allora per la maggiore.
Si decise in effetti di creare un fucile di concezione “nazionale” ma che mutuasse dal Mauser alcune delle migliori caratteristiche, per cui il Governo USA arrivò in effetti a dover pagare delle Royalties alla Mauser-Werke, quali il sistema di caricamento tramite Stripper Clip (lastrine), e la solida azione con due alette di chiusura. Per ultimo, inizialmente questo fucile doveva utilizzare una cartuccia chiamata .30-03, di tipo Rimless (senza collarino) e dunque molto più facile da alimentare; ma impiegava una palla a punta arrotondata, come già la .30-40 Krag, di gittata, precisione e prestazioni balistiche terminali inferiori rispetto alle munizioni Mauser con palla appuntita o Spitzer. Tutti i fucili in calibro .30-03 che erano già stati distribuiti alle truppe furono richiamati in arsenale, ricamerati e ritubati.
Era nato lo Springfield M1903, o meglio la versione definitiva, viste le modifiche non limitate al calibro. Furono cambiate anche le mire, adattate alla velocità e alla traiettoria più tesa della nuova cartuccia: la .30-06, basata sulla precedente .30-03, ma con un proiettile a punta da 9,7 grammi lanciato a 810 m/s (rispetto ai 700 m/s della precedente pallottola da 14 grammi). Fu inoltre cambiato leggermente il calcio, per renderne più facile la fabbricazione, e sostituita la baionetta, che nei primi modelli era stata giudicata troppo fragile dall’allora Presidente USA, Theodore Roosevelt, uomo che nella sua carriera militare era stato testimone della delusione del Krag-Jørgensen. La nuova baionetta M1905 era lunga 40 cm e pesava quasi mezzo chilo.
Stranamente, almeno visti i tempi e la dottrina militare in voga, non vi furono “versioni da cavalleria”, con canna più corta, dello M1903. La .30-06 Springfield dava infatti il meglio di sé su canne da 24” (610 mm), lunghezza all’epoca considerata una “via di mezzo” appunto tra le carabine da cavalleria e i fucili lunghi da fanteria. Un’ennesima innovazione per quella che si rivelò essere un’efficiente e letale arma lunga. Alcuni la chiamarono The weapon of the silent death (“Arma della morte silenziosa”), perché per via dell’elevatissima velocità della sua munizione, si poteva essere colpiti e uccisi da una fucilata di M1903 oltre i 500 m prima ancora di udire lo sparo.
Lo M1903 è lungo in tutto 198 cm, e pesa 3,95 kg. Le mire sono tarate per una distanza massima di 2300 m e una minima di 457 m; la gittata massima della cartuccia originale, con un’elevazione di 45°, era di quasi 4,5 km. Il mirino posteriore, a foglietta, è registrabile in alzo e deriva. Le lastrine di caricamento tenevano 5 colpi ciascuna, e un tiratore esperto poteva sparare fino a venti colpi al minuto. A ogni soldato veniva assegnata una bandoliera di stoffa con venti lastrine.
La distribuzione presso le Forze Armate USA del fucile M1903 A1, cioè della variante in calibro .30-06, fabbricata sia dall’Arsenale di Springfield che da quello di Rock Island, iniziò nel 1906 per concludersi nel giro di un decennio con la sostituzione totale dei Krag-Jørgensen e degli altri fucili più vecchi ancora in servizio. A questo punto, l’esercito americano era equipaggiato e pronto all’intervento nella Prima guerra mondiale, a fianco della Triplice Intesa, nel 1917; ma il numero, seppure elevato, di ‘03 prodotti non fu sufficiente a colmare le necessità belliche, che portarono alla concezione dello Eddystone P17: fu questo il fucile più diffuso tra le truppe USA impegnate nella Prima guerra mondiale.
Per lo M1903 iniziò così il tempo del declino. Dopo la guerra ne furono elaborate molte versioni, perlopiù semplificazioni atte a renderne più veloce e meno impegnativa e costosa la fabbricazione (A1 e A3), una variante sperimentale corta (“Bushmaster”), e il modello A4 per i tiratori scelti, munito di una slitta per ottiche (M73 e M73 B1 da 2,2 ingrandimenti). Ma per l’esercito USA era già tempo di modernizzazione: si distribuivano i mitra, si pensava ai semiautomatici, i modelli sperimentali T2 E1 calibro 276-Pedersen e M1 Garand calibro .30-06 si davano battaglia per soppiantare lo M1903. Una necessità, questa, già osservata durante la Guerra, e che aveva portato all’invenzione di un accessorio sperimentale piuttosto interessante, appunto, per lo M1903 Mark 1: il “Pedersen Device”. Si trattava di un dispositivo Drop-In che sostituiva l’otturatore, trasformando lo M1903 in un fucile automatico, e permetteva l’utilizzo di un caricatore da trenta cartucce di un calibro 30 intermedio. Peccato che il caricatore si montasse superiormente (tipo Bren, per intenderci), e che in questo modo le mire non fossero utilizzabili; inoltre la gittata e il potere d’arresto lasciavano molto a desiderare, e l’interesse destato nei militari americani dal dispositivo Pedersen non andò oltre la meraviglia iniziale.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, lo M1 Garand aveva già largamente soppiantato in servizio lo M1903, che venne però utilizzato agli inizi (per gli USA) sul fronte del Pacifico, per il cui clima si rivelò troppo delicato. Il modello da tiratore scelto M1903 A4, invece, grazie alla sua grande affidabilità e precisione, fu usato per tutta la Seconda guerra mondiale su tutti i fronti; il suo unico problema era che la slitta per ottiche inibiva l’utilizzo delle lastrine, per cui doveva essere caricato un proiettile alla volta. In compenso lo M1903 A3 fu distribuito a piene mani alle truppe francesi al fianco degli Alleati.
Dopo la Seconda guerra mondiale, fu il tramonto. Il modello da tiratore scelto fu usato per qualche tempo nei conflitti di Corea e Vietnam. La Francia usò a lungo i M1903 anche dopo la guerra, soprattutto in Indocina, dove gli esemplari perduti finirono in mano ai Vietcong. Ma soprattutto, venne il momento per quest’arma di finire in mani private. A parte pochi esemplari, usati ancora oggi dalle scuole di cadetti e per le cerimonie, i ‘03 finirono sul mercato dellʼex ordinanza, alienati in grandi quantità ai privati cittadini americani in base al Civilian Marksmanship Program.
Mauser Kar98K (8mm-Mauser)
L’ultimo erede della grande tradizione Mauser ebbe la “sventura” di vedere la luce in seno alla serpe nazista. Nel 1935, in pieno riarmo, la Wehrmacht tedesca cercava un fucile che potesse rimpiazzare i lunghi modelli 1898 e 98B con cui era stata combattuta la Prima guerra mondiale. La via più semplice fu, appunto, rivolgersi alla Mauser, che da sempre era sinonimo di efficienza e alta qualità riconosciuta a livello mondiale. Il fucile Kar98K (Karabiner 98 Kurtz, o “Carabina Corta modello 98”, per via delle dimensioni inferiori rispetto a quelle dei fucili precedenti) rappresentò uno degli sviluppi finali della lunga serie di fucili militari Mauser. Come per lo Springfield, la sua lunghezza di canna intermedia ne rese inutili eventuali “versioni carabina”, anche se nel 1941 ne furono prototipate alcune versioni con calciolo pieghevole per truppe paracadutiste.
Il Kar98K era in pratica un fucile da fanteria calibro 8mm-Mauser (7,92x57mm) con alimentazione tramite lastrina da 5 colpi. E si fece notare immediatamente per la sua altissima gittata e precisione, ben oltre i 500 m, tanto che, durante il conflitto, molti Kar98K muniti di ottica si facevano valere nelle mani dei cecchini tedeschi anche su distanze di 800 m. Il Kar98K aveva certo dei difetti, in comune con tutti i fucili militari d’inizio secolo: relativamente grosso e pesante, limitata velocità di ripetizione e capacità di munizioni inferiore della metà a quella del suo rivale più diretto, il Lee-Enfield inglese, tra l’altro dotato di caricatore amovibile.
Durante la Seconda guerra mondiale, il Kar98K fu perciò l’arma d’ordinanza primaria delle truppe del Terzo Reich, e fu anche distribuito a piene mani ai paesi “allineati” dell’Europa orientale. Mentre gli Alleati, sia gli Anglo-Americani che i Sovietici, cercavano di standardizzarsi all’uso di fucili semiautomatici, i Tedeschi mantennero i Bolt-Action sino all’ultimo, in conformità con la loro dottrina tattica, che voleva la potenza di fuoco di una squadra basata sull’arma automatica d’appoggio. Tuttavia, nel corso del conflitto, anche i Tedeschi tentarono, con scarso successo, lo sviluppo di fucili semiautomatici.
Il Kar98K fu usato ampiamente dalle forze tedesche su tutti i teatri di battaglia. Il suo uso proficuo fu però soprattutto osteggiato dalla natura stessa della Seconda guerra mondiale, caratterizzata per la prima volta da abbondanti e feroci scontri in ambiente urbano dove un fucile del genere era sicuramente poco maneggevole e in cui le sue grandi doti di precisione e gittata risultavano inutili e sprecate. Le truppe finirono per preferirgli le pistole-mitragliatrici (in primis la MP40); il vero fucile d’assalto, apparso solo verso la fine della guerra e inizialmente osteggiato dallo stesso Adolf Hitler almeno fino a quando non gli fu presentato come… pistola mitragliatrice (da Stg43 a MP44), certo meno potente e precisa, di gittata inferiore, ma con più potenza di fuoco e più adatta agli scontri ravvicinati, non fu però mai prodotta in quantità sufficienti e arrivò troppo tardi per fare una vera differenza. La produzione del Kar98K continuò ininterrottamente fino alla fine della Seconda guerra mondiale.
La vita operativa del Kar98K non finì però con la fine della Seconda guerra mondiale. L’elevata qualità dell’oggetto era indubbia, e per qualche anno aveva ancora qualcosa da dire. Durante la guerra, i Sovietici avevano fatto incetta di Mauser catturati; e questi stoccaggi strategici finirono negli anni col dissolversi, distribuendo i Mauser un po’ dappertutto nel mondo. Inoltre, i Tedeschi avevano installato fabbriche per la produzione di materiale bellico, tra cui anche i Kar98K, nei paesi occupati. Tra questi vi erano il Belgio, la Jugoslavia e l’allora Cecoslovacchia, che vari anni dopo la Seconda guerra mondiale vendettero sul mercato del surplus militare i loro Mauser; la Jugoslavia li fabbricò fino agli anni ʼ50 come arma d’ordinanza, prima dello SKS e dell’AK47, e la Cecoslovacchia li produsse fino a molto dopo, per scopi commerciali: la Zbrojovka Brno produsse i Kar98K per la Persia (oggi Iran). Senza contare che, all’epoca della nascita dello stato d’Israele, i coloni ebrei dell’organizzazione Haganah furono in grado di procurarsi grandi quantità di Kar98K, sia di surplus che fabbricati ex novo in Belgio, molti convertiti in 7,62 NATO.
Ancora oggi, il Kar98K ha la sua fetta di mercato. In nord America è apprezzato, da altre parti del mondo se ne fa uso venatorio. In patria, il Wachbatallion (battaglione cerimoniale) della Bundeswehr lo usa a tutt’oggi per le parate. Una curiosità riguarda il fatto che grandi numeri di Kar98K, perfettamente funzionanti e utilizzati da gruppi di guerriglieri, sono stati recuperati dalle truppe americane sia durante la guerra nella ex Jugoslavia, sia in Afghanistan e Iraq.
Conclusioni
Si conclude qui una panoramica fin troppo frettolosa di due grandi, leggendari fucili che hanno combattuto grandi, leggendarie battaglie. Finiti i paroloni tecnici e i discorsi storici, si parla di pratica. Per il collezionista, per il tiratore, per il cacciatore: Springfield o Mauser?
Come al solito, dipende dall’uso che se ne vuol fare. Nel corso degli anni dopo la Seconda guerra mondiale, lo Springfield ha avuto un bacino d’utenza limitato; i Mauser sono stati invece ampiamente utilizzati anche come fucili da caccia, e ancora oggi in paesi come la Germania, il Sud Africa, la Serbia, la Repubblica Ceca e persino la Russia si fabbricano fucili basati sull’azione del Kar98K, o addirittura dei Kar98K nuovi, per uso venatorio e sportivo. Finanche la NORINCO cinese commercializza il JW25, che è un clone del Kar98K per il tiro informale con un caricatore amovibile da 10 cartucce calibro .22 LR. È chiaro quindi che il tiratore che voglia un fucile da sottoporre a stress considerevoli, come la caccia o lunghe sessioni di tiro, farebbe meglio ad acquistare un modello di nuova realizzazione anziché un ex ordinanza (si sta parlando, in fondo, di fucili che hanno rispettivamente 100 e 70 anni!).
D’altra parte, entrambi i progetti hanno dimostrato un’eccezionale robustezza, venendo utilizzati da forze guerrigliere per azioni belliche anche così tanti anni dopo essere usciti dalla fabbrica. Provare a sparare qualche colpo con un M1903 A1 della Prima guerra mondiale o con un Kar98K coi Waffenamt non significa necessariamente che debba esplodervi in mano, a patto che l’arma sia in condizioni accettabili. È altrettanto lapalissiano che il collezionista di ex ordinanza vorrà necessariamente mettere mano ai modelli “originali”, e al riguardo, tra i due, il Kar98K è sicuramente quello presente sul mercato in maggiori quantità e migliori condizioni; la domanda genera comunque aumento di prezzo, e i Kar98K tedeschi della Seconda guerra mondiale sono ampiamente ricercati dai collezionisti, e valutati di conseguenza.
Scheda Tecnica
Mauser Kar98K
Produttore | Originariamente Mauser-Werke AG - Obendorf am Neckar; prodotto poi da oltre 17 altri fabbricanti |
Modello | Karabiner 98 Kurtz |
Calibro | 7.92x57 (8mm Mauser) |
Funzionamento | A otturatore girevole-scorrevole (a ripetizione ordinaria) |
Lunghezza della canna | 600 mm |
Capacità caricatore | Interno, 5 cartucce |
Scatto | A percussore lanciato |
Sicure | Manuale sul percussore a tre posizioni |
Organi di mira | Tacca e mirino a cursore, regolabile in alzo e deriva |
Materiali | Legno, acciaio |
Dimensioni | Lunghezza complessiva 1110 mm |
Peso a vuoto | 4050 g |
Scheda Tecnica
Springfield M1903
Produttore | Springfield Armory, Springfield MA (USA) |
Modello | Model 1903 Mark 1 |
Calibro | .30-06 Springfield |
Funzionamento | A otturatore girevole-scorrevole (a ripetizione ordinaria) |
Lunghezza della canna | 610 mm |
Capacità caricatore | Interno, 5 cartucce |
Scatto | A percussore lanciato |
Sicure | Manuale sul percussore |
Organi di mira | Tacca e mirino a cursore, regolabile in alzo e deriva |
Materiali | Legno, acciaio |
Dimensioni | Lunghezza complessiva 1097 mm |
Peso a vuoto | 3950 g |