La nuova generazione di carabine a leva Made in USA. Un progresso o un ripiego? Qualche considerazione.

Si sa che nel settore delle armi civili e sportive il ruolo di trend setter, ovvero di creatore delle tendenze, appartiene al mercato statunitense. Anche le aziende europee quando devono decidere quale prodotti sviluppare, tengono in grande considerazione le indicazioni di mercato che provengono da oltre oceano. Questo spiega perché molti dei produttori del Vecchio continente investano grandi risorse nella produzione di pistole da difesa, una tipologia di armi che per tutta una serie di motivi politici e culturali è in declino sul mercato europeo, ma gode di grande fermento negli USA.

A volte negli USA prende il via qualche moda che facciamo fatica a capire, ma che ha spiegazioni politiche: prendiamo come esempio la riscoperta delle carabine a leva. Negli USA hanno sempre goduto di grande popolarità, ma negli ultimi anni sono letteralmente diventate una ossessione, tanto che persino un nome leggendario del mondo armiero americano, la Smith & Wesson, ha presentato la sua carabina a leva “Model 1854” in calibro .44 Magnum, a “soli” 170 anni di distanza dalla Volcanic, una delle prime armi del genere mai prodotte. Questo rinnovato interesse per le carabine “lever action” non va attribuito a una riscoperta delle tradizioni, ma piuttosto al timore assai diffuso che il prossimo presidente degli USA possa finalmente riuscire a rendere illegali, o comunque di acquisto molto più problematico, le carabine semiautomatiche. Probabilmente non succederà nulla, poiché gli USA possono vantare una lunga serie di presidenti che sulla carta avrebbero vietato le temibili “armi d’assalto che si comprano al supermercato” e poi non hanno fatto nulla di concreto, ma è sempre meglio essere pronti. Se in Europa, ma anche in Italia, la riscoperta del “Lever Action” è legata strettamente alla innegabile qualità di alcuni prodotti in particolare (sì stiamo parlando del Boarbuster di Pedersoli) negli USA è un insieme di fattori commerciali, sociali e legati alla tradizione.

Le carabine a leva del nuovo mercato USA

La rediviva Marlin propone le versioni “Dark” delle sue classiche carabine a leva, con calcio in polimero e astina M-Lok.

Il fatto è che negli USA le carabine a leva non hanno mai smesso di piacere, basti pensare che un’azienda come la Marlin, fondata nel 1870, sopravvive ancora oggi producendo, di fatto, una manciata di carabine a leva basate sullo stesso schema meccanico, quello della modello 1894, il cui progetto originale ha più di cento anni di età. Dopo aver chiuso i battenti per poco tempo a causa del fallimento del gruppo Remington di cui faceva parte, il marchio è ritornato in auge dopo essere stato acquisito dalla Ruger e gode di buona salute, grazie ad alcune versioni dall’estetica particolare come la Dark, che hanno riscosso un buon successo di pubblico. Anche Henry, un altro marchio storicamente legato alle armi a leva dell’epopea Western ha presentato allo SHOT Show 2024 la carabina a leva Supreme, con percussione a cane interno, bascula completamente chiusa e caricatore amovibile di tipo AR-15, ma a distanza di diversi mesi, sul suo sito ufficiale manca qualsiasi accenno a questa novità. Winchester pare invece meno interessata a questo segmento di mercato, e nel 2024 si è limitata a proporre un modello in calibro .22 Long Rifle, la Ranger, che in realtà non presenta niente di particolarmente interessante rispetto ai modelli analoghi già sul mercato.

Nel 2024 Winchester ha lanciato sul mercato la Ranger in calibro .22 LR, ma pare poco interessata alla sfida tra lever action moderne.

La tendenza attuale del mercato poi, contiene un termine che ritorna come un mantra sui siti di molte aziende: “budget” ovvero economico. La guerra si vince anche con i prezzi bassi e quindi negli USA si vedono spesso armi a leva (ma non solo) a prezzi per noi molto abbordabili, e con adattamenti piuttosto semplici. Un esempio è la carabina a leva Huckleberry LTAC prodotta dalla Gforce Arms in calibro .357 Magnum, con carcassa in alluminio, che viene equipaggiata con un calcio dal profilo standard (ma disponibile anche in polimero) e un’astina presa di peso da un Black Rifle, quindi con slitte Picatinny e interfaccia M-Lok. La carabina monta organi di mira regolabili con riferimenti in fibra ottica e un’ulteriore slitta Picatinny che consente il montaggio di un’ottica a lungo fuoco o un punto rosso, sul tratto iniziale della canna. La leva di armamento maggiorata (big loop) e rivestita da una treccia di Paracord (che fa molto Survival a costo quasi zero). Il prezzo al pubblico della Huckleberry è di circa 700 dollari USA (più o meno la stessa cifra in euro), tutto sommato più che ragionevole. Il vantaggio della Huckleberry LTAC sta soprattutto nella grande capacità di colpi offerta dal serbatoio tubolare: 8+1 colpi che la rendono una possibile alternativa per la difesa abitativa e territoriale, un po’ meno per la caccia. Comunque, è un buon esempio di aggiornamento senza troppi sforzi di un’arma dall’impianto tradizionale per incontrare i gusti “Tacticool”.

La carabina a leva Huckleberry LTAC prodotta dalla Gforce Arms in calibro .357 Magnum/38 Special, qui in versione con canna e carcassa nichelate.

Le carabine a leva con caricatore prismatico

Aziende relativamente giovani come la FightLite vanno un po’ più in là con la contaminazione tra tipologie diverse di carabine, proponendo modelli come l’Herring 2024 in calibro .223 Wylde, con ripetizione a leva e caricatore prismatico di tipo AR-15 e compatibile con tantissimi accessori pensati per il “Black Rifle” per eccellenza. Ricordiamo che il 223 Wylde non è una vera e propria cartuccia, ma una particolare foratura della camera di cartuccia che azzera qualsiasi problema di compatibilità tra calibro .223 Remington e 5,56x45. La canna in .223 Wylde ha quindi la camera di cartuccia con le quote e gli angoli del 5,56x45 ma il free bore del .223 Remington.

La Fightlite Herring 2024 in calibro .223 Wylde utilizza un otturatore rotante, come una carabina semiautomatica di tipo AR, oltre che caricatori prismatici.


Dal punto di vista meccanico, la Fightlite Herring 2024 utilizza un otturatore rotante, come una carabina semiautomatica di tipo AR, ma il portaotturatore viene messo in movimento dalla leva di armamento azionata manualmente; la carabina accetta tutti i caricatori AR-15 (STANAG) da 5, 10, 20, 30, 40, 60 e 100 colpi. Essendo camerate in calibro .223 Wylde e 300 BLK, possono le carabine semiautomatiche Herring 2024 essere riconfigurate per quasi tutti i calibri AR, dal 6mm ARC al .450 Bushmaster. Grazie ad alcuni kit di conversione e adattatori per caricatore la carabina Herring 2024 può essere trasformata in calibro 22 LR a percussione anulare, oppure in 9mm, 10mm, .45 ACP e 5,7×28.

Va notato che la meccanica a leva costringe a rinunciare a due degli elementi che più frequentemente vengono sono personalizzati dagli utenti di AR-15, ovvero l’impugnatura a pistola e il calcio. Nel caso della Herring, troviamo montato di serie un calcio in polimero appositamente sviluppato dallo specialista americano Fightlite, che si adatta perfettamente al profilo tondeggiante della leva di armamento ed è disponibile in colore nero o sabbia.

La canna della Herring 2024 misura 16,25 pollici (41 centimetri) e ha la volata filettata per il montaggio di un eventuale silenziatore. L’astina è in alluminio, con l’ormai irrinunciabile interfaccia per accessori M-Lok e una slitta Picatinny che permette di montare qualsiasi sistema di mira meccanico, ottico o elettronico. Il prezzo di listino della Herring 2024, che dovrebbe arrivare nelle armerie americane entro la fine di quest’anno, è di 1700 dollari, equivalenti a circa 1500 euro, ma chissà se e quando la vedremo mai in Europa.

Certo, l’idea di alimentare una carabina a leva con un serbatoio lineare in posizione centrale non è nuova, poiché ci aveva già pensato Winchester con il suo modello 1895, ma in seguito non è mai stata ripresa seriamente se non dalla Savage con la sua modello 1899 dotata di caricatore ruotante e più di settant'anni dopo dalla Browning con il modello BLR (prodotto a partire dal 1971) ma nessuna ha avuto un successo commerciale di rilievo. Eppure, una carabina a leva alimentata con un caricatore presenta alcuni innegabili vantaggi: il primo è evidente: si possono usare munizioni con palla ogivale, che in un serbatoio tubolare sarebbero pericolose, in quanto sotto l’effetto del rinculo la punta potrebbe percuotere l’innesco della cartuccia successiva. Ma non solo: eliminando il serbatoio tubolare posizionato sotto la canna si riduce notevolmente il peso generale dell’arma. In secondo luogo, il fatto che le cartucce si trovino in fila indiana nel serbatoio fa sì che sparandole, a ogni colpo e man mano che il serbatoio si svuota il bilanciamento dell’arma cambia, in modo anche sensibile, interferendo con la precisione del tiro. Con una carabina calibro.22 L.R. l’effetto è trascurabile, ma sparando cartucce pesanti come le ,44 Magnum, l’effetto è più marcato. Prelevando le cartucce da un caricatore prismatico posizionato nei pressi del baricentro dell’arma, questo effetto è ridotto al massimo.

L’idea di dotare la carabina a leva di un caricatore lineare non è nuova: lo fece la Winchester con il suo Model 1895, qui in calibro 8x57 JR.

La carabina LVRB di Bond Arms

La Bond Arms si spinge ancora più avanti con il suo modello LVRB che è già stato mostrato informalmente durante alcune fiere americane. Anche in questo caso si tratta di fatto di una carabina in stile AR-15 in cui la parte inferiore della carcassa è modificata in modo da permettere il ciclo di sparo a leva, ma tutto il resto è intercambiabile al 100% con gli accessori del Black Rifle americano. Il produttore Bond Arms parla di totale compatibilità con la piattaforma AR-15 nei componenti critici per il cambio di calibro, tra cui canne, otturatori e caricatori. Oltre a questo, vi è un'ulteriore opportunità di eliminare il sistema di gas e spostando i sistemi di mira quasi un centimetro e mezzo più vicino alla canna. Un grande lavoro è stato fatto anche sulla geometria della leva di armamento, poiché in corso d’opera i tecnici della Bond Arms si sono resi conto che non è facile alimentare con una leva una carabina con caricatore da trenta colpi. È quindi stato progettato e brevettato meccanismo che permette di avere una leva di caricamento con una corsa relativamente breve e in grado di alimentare la cartuccia ed estrarre il bossolo in modo affidabile, anche usando caricatori ad alta capacità. La leva di armamento sarà disponibile in diverse forme, facilmente personalizzabili grazie al montaggio con incastro a coda di rondine. La LVRB di Bond Arms, non richiede una calciatura specifica, ma è compatibile con tutti i calci aftermarket con attacco per il fucile Remington 870.

La carabina a leva Bond Arms LVRB è stata finora annunciata in calibro .223 Wylde, .300 Blackout, .450 Bushmaster, e .350 Legend.

La carabina a leva Bond Arms LVRB è stata finora proposta con cameratura .223 Wylde e sarà disponibile anche in .300 Blackout, .450 Bushmaster, .350 Legend e in tutti gli altri calibri compatibili con otturatori di tipo AR-15. Il prezzo di listino è di circa 1600 dollari (1400 euro). Con ogni probabilità la LVRB sarà presentata ufficialmente al prossimo SHOT Show 2025 a Las Vegas. Anche in questo caso si tratta di un’arma che difficilmente vedremo tanto presto nelle nostre armerie, ma come sempre, mai dire mai.

 

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