Devono aver preso qualcosa dagli americani. Da quelle parti, ciò che distingue un’arma è il "frame", il telaio che reca il numero di matricola, mentre tutto il resto è accessorio ivi compresa la canna. Il concetto nostrano di parte d’arma non esiste negli USA: c’è l’arma vera e propria, che può essere quasi insignificante, e c’è uno sterminato mondo di accessori. Alcuni come la canna, il calcio e il caricatore completano l’arma già all’origine, mentre altri che con i primi sono intercambiabili appartengono al vastissimo settore dell’aftermarket.
Se a questa impostazione mentale di base sovrapponiamo da un lato la nota capacità di Sauer nel settore delle armi, che risale alla fondazione nel 1751 quindi a ben prima del trasferimento da Suhl a Eckernförde, e dall’altro le tecnologie più recenti, allora vuol dire che ci troviamo di fronte alla carabina Sauer 404.
Arma che ho avuto modo di vedere e provare rapidamente a Norimberga, durante lo Shooting Day e che fin da subito è apparsa completamente innovativa. Devo dire subito che questa Sauer 404 mi è proprio piaciuta. Non vado a caccia da lungo tempo quindi l’acquisto a prezzo pieno, per utilizzo immediato, per me non avrebbe molto senso, però quando ci saranno in giro i primi usati ci farò sicuramente un pensierino; se andassi a caccia l’avrei sicuramente già acquistata sull’onda dell’entusiasmo.
Apro un inciso: i tedeschi, quando ci si mettono, fanno le cose in grande stile. Come gadget ci è stato dato un anello personalizzato con il nome del partecipante, da montare alla base della canna. Se era un invito all’acquisto, devo dire che è stato fatto con discrezione ed eleganza.
Fatte tutte queste premesse, è ora di occuparsi dell’arma, che è l’evoluzione ultima e migliore di una lunga serie di carabine del costruttore tedesco e che è disponibile in Italia ad un prezzo che, se pur robusto, è da considerarsi adeguato soprattutto se rapportato alla qualità.
Come si è detto, l’arma è costruita con parti rimovibili e sostituibili intorno ad un telaio, ma l’osservazione esterna, già prima dello smontaggio, consente alcune osservazioni. Per incominciare, c’è il cursore per l’armamento e il disarmo del percussore che ne consente il disarmo silenzioso.
L’arma torna in sicura senza rumore; una posizione intermedia del cursore, che richiede una corsa di soli due millimetri per essere raggiunta, consente la manovra dell’otturatore in tutta sicurezza. Basta sollevare la manetta con l’indice e il medio mentre si agisce sul cursore - la scorrevolezza è tale che la manovra riesce con facilità - e il gioco è fatto.
Un altro dettaglio interessante è la forma del calcio. A differenza di quello a dorso di cinghiale che Greener considerava il calcio ideale e che a mio avviso è caldamente raccomandato, per i grossi calibri, dall’associazione medici dentisti, qui dopo il nasello il calcio ha un andamento leggermente in salita.
Questo assicura un miglior contatto con il tiratore, anche in considerazione del nuovo disegno dell’appoggiaguancia.
Posso assicurare per averlo provato che la sensazione di rinculo risulta fortemente ridotta. Il grilletto risulta regolabile; una vite Allen consente di posizionarlo diversamente con una possibile variazione della dislocazione che può raggiungere gli otto millimetri; in omaggio alle regole del mercato americano il costruttore specifica che l’operazione deve essere svolta con fucile scarico e camera vuota.
La Sauer 404 è munita di mire metalliche, con mirino regolabile sia in altezza sia in deriva per il tramite di due viti a brugola e ha gli attacchi per il cannocchiale integrali al fusto; la scina che accompagnava l’ottica Zeiss montata sull’esemplare provato ha attacchi rapidi e l’ottica non perde la taratura con lo smontaggio e il rimontaggio.
Una piccola sorpresa la riserva l’attacco anteriore per la cinghia, che presenta un piccolo pulsante. Premendolo, l’intero attacco si sfila e fa estrarre un utensile che permetterà lo smontaggio dell’arma e che può essere portato in posizione normale rispetto al corpo che lo contiene, consentendo quindi anche di operare con una certa energia.
Non necessaria, in quanto le parti sono assemblate con una precisione encomiabile, ma alla lunga l’olio ingrommato potrebbe richiedere uno sforzo leggermente maggiore anche se una buona pulizia, che fa parte della corretta manutenzione, non lo renderà mai necessario.
La qualità dell’utensile è tedesca, quindi ineccepibile. Lo sgancio del caricatore è il Sauer MagLock già visto sulla carabina 202, a prova di errore e di sganci indesiderati. È ora di estrarre l’otturatore, che chiude direttamente nella canna consentendo l’uso della lega leggera per il telaio dell’arma. La manetta termina con una biglia di dimensioni adeguate che cade naturalmente sotto la mano; l’ergonomia è notevole e il maneggio è scorrevolissimo, al livello delle migliori realizzazioni della Belle Époque.
Sul corpo dell’otturatore appare un cursore zigrinato, caricato da una molla, che trasla in senso longitudinale, facendolo scorrere all’indietro, è possibile sfilare la testa dell’otturatore che è inserita in un incastro a T.
Se per qualche motivo ci si deve allontanare dall’arma, o se nella casa in cui essa si conserva vi sono bambini, basta sfilare la testina – questione di secondi – ed immediatamente la carabina diventa inservibile. Sempre in pochi secondi si può riposizionare la testina avendo nuovamente l’arma pronta allo sparo. Lo scasso nel corpo dell’otturatore per alloggiare il cursore non provoca alcun problema di solidità perché l’elemento che chiude è la testina; se non fosse per la necessità di reggere la molla del percussore il corpo dell’otturatore potrebbe tranquillamente essere di cartone senza nulla togliere ad affidabilità e sicurezza.
L’operazione immediatamente successiva all’estrazione dell’otturatore è la rimozione dell’astina, che si sfila verso l’avanti dopo aver ruotato di 90 gradi la vite che si trova nella sua partte inferiore.
Appaiono le tre viti che fissano la canna all’azione e, sul lato sinistro della carcassa, una vite regolabile con il solito attrezzo in quattro posizioni alle quali corrispondono altrettanti pesi di scatto, rispettivamente di 550, 750, 1000 e 1250 grammi. Non avevo con me un dinamometro ma la sensazione al grilletto conferma i dati di Sauer.
Lo smontaggio della canna richiede che si svitino, nell’ordine, le tre viti; dopo di ciò un elemento sotto di essa va portato alla posizione normale rispetto all’asse della canna stessa. A quel punto la canna si sfila semplicemente verso l’avanti. Sostituendo la canna e la testina dell’otturatore l’arma può essere convertita in due calibri corti, .423 Winchester e .308 Winchester, sei calibri medi, dal .270 Winchester al 9,3x62, e in cinque calibri magnum, dal 7 mm Remington Magnum al .375 Holland & Holland Magnum; per i vari calibri sono disponibili tre caricatori multicalibro più due monocalibro, rispettivamente per il 9,3x62 e il .375 Holland & Holland Magnum. Per chi ha tanto parlato di modularità, qui c’è l’esempio pratico di come possa e debba essere realizzata.
Resta il calcio, che può essere separato dalla carcassa agendo sempre con lo stesso attrezzo universale attraverso il calciolo. Per il calciolo, in gomma, esistono tre spessori: 5, 15 e 35 millimetri; la lunghezza del calcio varia quindi tra i 35,5 e i 38,5 millimetro. In aggiunta alla possibilità di regolare la posizione del grilletto, il trigger reach può essere perfettamente adattato alla complessione fisica del proprietario. Le misure standard del calcio consentono di sostituire lo stesso e l’astina con altri di tipo diverso: polimerico se si pensa di andare nello sporco o nei forteti, oppure in noce selezionatissimo per occasioni più mondane. Al momento Bignami propone la carabina versione Classic con calcio in legno, Classic XT con calcio sintetico standard, Synchro XT con calcio sintetico di tipo thumbhole e infine Elegance con finiture di lusso e nel catalogo non sono proposte singole parti, ma nessuno sa che cosa potrebbe riservarci il futuro.