All’atto dello sparo, la deflagrazione della polvere produce un’abbondante quantità di gas, che serve a spingere lungo la canna e sulla propria traiettoria un proiettile o uno sciame di pallini. La quantità di gas prodotta è nettamente sovrabbondante rispetto a quella necessaria alla bisogna, tanto che alcuni sistemi (rafforzatori di rinculo) si basano proprio sul gas in eccesso che escono dalla volata. Se i gas sono sovrabbondanti, allora è possibile utilizzarne una parte senza togliere nulla alle prestazioni dell’arma.
Nelle armi corte abbiamo avuto alcune pistole “a freno di gas” (come la Steyr GB o la recentissima Walther CCP) in cui una parte dei gas, convogliata in un’apposita camera, si oppone all’arretramento dell’otturatore e realizza una chiusura metastabile. Nelle armi lunghe, invece, si è utilizzata la parte di gas in eccesso per realizzare la ripetizione semiautomatica del colpo.
Ma come funziona un semiautomatico a presa di gas? La sua prima caratteristica è quella di avere un foro di spillaggio dei gas, che può essere in una posizione qualsiasi lungo la canna anche se averlo troppo vicino alla camera di cartuccia, con gas incandescenti e pressioni massime, non garantisce una lunga durata a meno di particolari accorgimenti per evitare che la progressiva corrosione dei bordi del foro ne aumenti nel tempo il diametro. Il gas spillato agisce sul portaotturatore.
Può farlo in modo diretto, come nel fucile AR15, può agire azionando un pistone che colpisce il portaotturatore (come per il fucile d'assalto AK-47 e derivati) o con un sistema di aste che muove il portaotturatore e lo accompagna per tutta la sua corsa retrograda (pistone a corsa lunga). L’ultimo sistema è quello solitamente in uso per i fucili semiautomatici da caccia.
Il sistema di aste prende il movimento per effetto della spinta dei gas e facendo arretrare il portaotturatore svincola l’otturatore che era inchiavardato al prolungamento della canna per mezzo di un puntone.
Nel caso di otturatore a testina rotante, la corsa retrograda fa scorrere dentro un’apertura opportunamente sagomata un elemento collegato alla testina, provocandone la rotazione e svincolandone i tenoni dai recessi che li alloggiavano.
Il problema, in linea di massima, è che la quantità di gas spillati è direttamente proporzionale alla potenza della cartuccia, mentre l’azione da effettuare sul portaotturatore è sempre identica. Questo comporta che ci debba essere un regolatore dei gas, per evitare azionamenti troppo violenti finiscano con il rovinare l’arma.
Il regolatore, comunemente detto freno, è solitamente costituito da un elemento a due diametri interni, che deve essere disposto in funzione delle cartucce, normali o potenti, e limita il quantitativo di gas che viene spillato dalla canna.
I gas in eccesso sono dispersi all’interno dell’astina; la stessa espansione provvede al raffreddamento.
Una soluzione elegante è stata trovata da un costruttore italiano, che ha previsto un manicotto di elastomero che viene compresso da un elemento scorrevole attivato dai gas.
In funzione della forza di compressione, che è direttamente proporzionale al volume di gas e quindi alla potenza della cartuccia, il manicotto si dilata in misura maggiore o minore, provvedendo quindi a generare un attrito tra parti mobili e parti fisse.
L’elastomero è durevole e non richiede di impostare una regolazione prima di uscire di casa, perché è autoregolante per costruzione. Se poi sotto l’uso intenso l’elastomero dovesse consumarsi col tempo, lo si sostituirà con un economicissimo manicotto nuovo, al costo di circa un euro.