La carabina propedeutica Fas 611 mi riporta con la mente ai tempi in cui anch’io ero un tiratore agonista. Capitava di incontrare tiratori di altre nazioni o di parlare con qualcuno che avesse scambiato qualche informazione con loro. Ne emerse un fatto che trovai confermato da varie persone, senza mai trovare alcuna affermazione contraria. In pratica, quando i tiratori russi vincevano pressoché tutto nelle competizioni internazionali, il criterio sovietico di selezione ed allenamento prevedeva che si facesse uso di un’arma standard, out-of-the-box come dicono gli americani.
Le armi ad aria compressa
Non era ammessa alcuna personalizzazione, che sarebbe arrivata - se il tiratore emergeva e rientrava nel novero di quelli di interesse nazionale - solo quando dall’arma standard non fosse più possibile spremere alcun miglioramento, per quanto minimo.
Un criterio che è ancor oggi valido e che si attaglia perfettamente agli sport del tiro, in cui gli attrezzi ad aria compressa stanno progressivamente e inesorabilmente soppiantando le armi da fuoco. Non è detto che ciò sia un bene, al punto che moltissimi tiratori non sono d’accordo con questa impostazione.
Ma c’è e bisogna e portatori di grandi risultati. Prenderne atto; un modesto vantaggio dell’aria compressa è che essa non viene percepita come micidiale arma atta a compiere stragi, con la totale riprovazione (Ah, signora mia, se sapesse….) di certi superciliosi animali da salotto. Non essendoci, almeno per ora, questa negativa percezione l’aria compressa può essere utile a creare una scuola, in uno sport nelle cui specialità emergono individualità di assoluto valore dietro le quali, tuttavia, manca un vivaio.
E nell’ambito di un vivaio un’arma standard, quasi spartana ma munita di quanto serve per tirare diritto e capace di grandi prestazioni, può consentire sia di addestrarsi al tiro senza spendere una fortuna - le armi da competizione olimpica verranno in seguito, se sarà il caso - sia di mettere in pratica gli insegnamenti della scuola russa, collaudati nel tempo e portatori di grandi risultati. Le infinite possibili regolazioni verranno in seguito, quando si sarà in grado di valutarne appieno l’efficacia; all’inizio possono solo portare a cattive abitudini, ad esempio facendo attribuire all’arma, regolata erroneamente senza rendersene conto, cattivi risultati che sono unicamente responsabilità del tiratore.
Caratteristiche e dettagli della carabina da tiro Fas 611
Ma veniamo finalmente alla carabina,. La Fas 611 arriva in una valigetta di polimero che contiene, oltre alla carabina, il manuale, il raccordo per il caricamento della bombola e le chiavi a brugola necessarie per le varie e numerose regolazioni.
Per qualche imperscrutabile motivo l’arma giunge con la bombola dell’aria compressa completamente vuota ma caricarla non è un problema; in tutti i poligoni ci sono le bombole. Nel mio caso la bombola era compressa a 180 bar contro i 200 della massima pressione accettabile. La cosa è indifferente perché l’aria non è spillata direttamente ma raggiunge a pressione ridotta una precamera dalla quale sarà spillata per lo sparo. Al più, si sparerà qualche colpo in meno, ma visto che le gare sono di 60 colpi più quelli di prova e ne ho sparati a vuoto oltre 200 prima di stancarmi - ma avrei potuto continuare – non ci sono problemi.
All’esame esterno spicca l’assenza della diottra, qui sostituita da una tacca di mira regolabile nei due sensi, e del tunnel per reggere il mirino a cerchio, qui rimpiazzato da un mirino a palo ben fatto anche se molto alto. È tenuto in sito da una vite, quindi sarà possibile sostituirlo; per il momento il sistema delle mire è quanto di più semplice e tradizionale vi possa essere, così quando si passerà a sistemi più sofisticati sarà possibile coglierne immediatamente l’effetto.
Il lungo mirino a palo è piuttosto sottile ma anche qui non rilevo problemi, a parte il fatto che gli spigoli vivi - come del resto devono essere; ciò che si deve percepire è il contrasto netto - tendono a tagliare il lungo sacchetto di plastica protettivo.
Per il resto, non essendo arma da caccia ma solo per uso sportivo in poligono, ben difficilmente il mirino urterà qualcosa che lo possa danneggiare; per farlo bisogna proprio volerlo o lasciar cadere la carabina sul pavimento.
Il calcio è di legno, di buona grana e con le fibre correttamente orientate benché nel caso di questa carabina il rinculo non costituisca un problema.
Le possibili regolazioni riguardano la posizione del calciolo e l’appoggiaguancia, che comprende anche il nasello.
In compenso, osservando il calcio nella parte inferiore, si notano le fessure del guardamano che permettono di raggiungere le regolazioni dello scatto. Nella parte infero-anteriore del calcio una corta rotaia ricorda quelle che nelle armi a fuoco servono per il fissaggio della cinghia. Poiché ad aria compressa non si spara nelle posizioni a terra e in ginocchio l’uso di quella rotaia mi resta ignoto, ma forse è bene non porre limiti alle farneticazioni del Comitato Olimpico.
L’alimentazione è a colpo singolo; una corta leva libera lo spazio in cui inserire il pallino e provvede a spillare l’aria per riempire la precamera e ad armare lo scatto. Il pallino, adagiato su una rotaia, è spinto in canna da un pistone che ha nella sua parte distale un tronco di cono; quest’ultimo va ad inserirsi nella cavità posteriore del pallino e realizza un’alimentazione rigorosamente in asse con la canna.
Lo scatto è quello che si richiede ad una sofisticata arma da tiro. È pulitissimo e il grilletto ha sei regolazioni: in lunghezza, peso e lunghezza del primo tempo, peso e lunghezza del secondo tempo e regolazione del trigger stop. La regolazione di fabbrica, controllata con un dinamometro, dà un peso complessivo dello scatto di 550 grammi; inizialmente sarà bene non provvedere ad altre regolazioni salvo quella dell’aggiustamento della posizione del grilletto.
Benché abbia trovato grandi soddisfazioni in una sessione di “barattoling”, quello che gli anglosassoni chiamano plinking, non ho provato a realizzare una rosata. Il tiro in piedi non è più alla mia portata e la rosata di fabbrica è unita all’arma. L’aver colpito, in appoggio, una mosca sul muro al primo tentativo mi ha confermato che la rosata di fabbrica è attendibile; la scarsa abilità del tiratore e l’assenza di altre mosche hanno suggerito di non ritentare un simile esperimento.