Dopo essersi occupato per diversi anni della progettazione e costruzione di droni da competizione in ambito scolastico nonché sistemi didattici robotizzati per il tiro operativo e un sistema di addestramento con bersaglio-drone, il prof. Filippo Scaglione ha recentemente depositato, insieme ai suoi colleghi/inventori, prof. Antonino Spina e prof. Giuseppe Carmeci, il brevetto di un “Sistema integrato per addestramento al contrasto di attacchi aerei terroristici compiuti per mezzo di droni”. Un brevetto, questo, ben aderente alla turbolenta realtà bellica internazionale, per nostra fortuna Italia esclusa. Tuttavia, dato che è meglio prevenire che curare, i nostri Militari e Forze Speciali antiterrorismo potrebbero beneficiare del suddetto trovato della tecnica.
Si parte dal ragionevole presupposto che il terrorista-tipo non abbia accesso a grandi disponibilità economiche e, di conseguenza, a tecnologie sofisticate che rimangono appannaggio delle Forze Armate. Tuttavia, egli è molto motivato nel raggiungere i suoi scopi funesti, così tanto che talvolta è pure disposto a farsi esplodere insieme all’obiettivo, spesso rappresentato da una folla inerme di persone al mercato. Nel caso in cui il nostro terrorista voglia commettere un attentato utilizzando un drone del tipo di quelli venduti nei grandi magazzini o negozi specializzati in aeromodellismo (non potendo disporre dei grandi droni ad uso dei militari) il suo proposito potrà essere reso vano mediante l’utilizzo del cosiddetto fucile anti-drone, che invia onde elettromagnetiche ad alta potenza funzionanti alla stessa frequenza della coppia radiocomando-ricevitore del drone (tipicamente a 2,4 GHz).
In sostanza, il fucile anti-drone è un vero e proprio jammer (disturbatore di frequenze) simile a quelli usati nella telefonia mobile quando si vuole disturbare una “intrusa” trasmissione telefonica. Nel caso in esame, il ricevitore radio del piccolo drone “kamikaze”, o semplicemente “spione”, investito dalle onde radio disturbatrici perderà il segnale inviatogli dal pilota (il terrorista sarà ben nascosto da qualche parte) andando fuori rotta e schiantandosi al suolo.
Tutto bene, quindi? Non è detto, poiché il nostro terrorista potrebbe facilmente costruire da sé un drone (come fanno molti aeromodellisti) che anziché essere pilotato dai canonici 2,4 GHz riceve i comandi di volo mediante raggi infrarossi codificati, gli stessi che comandano i televisori e molte altre apparecchiature elettroniche. Le frequenze dei raggi infrarossi (anch’essi onde elettromagnetiche) sono di gran lunga diverse (superiori) rispetto ai 2.4 GHz rendendo inefficace il fucile anti-drone. Trattandosi di una tecnologia ampiamente diffusa e documentata in Rete così come la sua implementazione in ambiente open source Arduino, chiunque abbia un discreto bagaglio culturale in elettronica e informatica può facilmente (e a basso costo) realizzare un drone manovrabile agli infrarossi. In verità, esistono già piccolissimi droni giocattolo per bambini che sono pilotati da raggi infrarossi codificati, ma essi sono troppo piccoli, e a corto raggio d’azione; possono essere utilizzati soltanto in ambienti domestici, quindi non idonei per attacchi terroristici. Per il lettore dubbioso: nella descrizione allegata al deposito del brevetto c’è scritto, a scanso di equivoci, che il suddetto sistema di addestramento “è rivolto esclusivamente alle Forze Militari e Forze Speciali”. La tavola I (allegata alla documentazione del brevetto) che vedete qui sopra, mostra la visione d'insieme di una tipica sessione di addestramento al contrasto di operazioni terroristiche compiute con i già menzionati droni. Per ovvie ragioni non è possibile pubblicare i dettagli del sistema per antiterrorismo.
Gli operatori militari a difesa, ad esempio, di siti istituzionali, avendo preso coscienza della “falla” rappresentata dall’inefficacia dei loro fucili anti-drone nel neutralizzare i droni “truccati”, potrebbero addestrarsi con il sistema ideato e brevettato dai suddetti docenti, costituito da:
- drone autocostruito provvisto di sensore di raggi infrarossi codificati al posto del classico ricevitore radio a 2,4 GHz
- il suo radiocomando modificato in modo che anziché irradiare i segnali radio a 2,4 GHz possa inviare gli stessi comandi di volo ad un “puntatore” di raggi infrarossi codificati
- puntatore di raggi infrarossi codificati, collegato al radiocomando tramite cavo elettrico, che trasforma i comandi di volo in impulsi luminosi codificati. Il puntatore verrà costantemente diretto verso il drone per comunicargli i comandi di volo.
Nel corso delle normali esercitazioni, gli operatori militari, non potendo abbattere il “nostro” drone kamikaze da addestramento (di solito si evita di usare proiettili per non rischiare di causare danni collaterali), sono però in grado di individuare la sorgente di segnale a 2,4 GHz mediante l’uso del radiogoniometro e, quindi, acciuffare il pilota (terrorista). Il brevetto prevede che il segnale del radiocomando, normalmente irradiato dalla sua antenna, venga “dirottato” verso un amplificatore RF di potenza esterno, e da lì irradiato da una apposita antenna direttiva ad alto guadagno verso un grande e lontano ostacolo (ad esempio un palazzo).
Il radiogoniometro individuerà quindi la direzione sbagliata della sorgente di segnale mentre il pilota potrà manovrare il drone in tutta tranquillità fino al compimento della missione.
Fermo restando che di solito i terroristi sono operatori “a perdere”, il solo utilizzo del fucile anti-drone e del radiogoniometro potrebbe in ogni caso far perdere ai militari troppo tempo prezioso, utile ai terroristi per completare la loro opera distruttiva. Un drone con massa di 1.5 Kg e provvisto di motori ed elettronica che gli diano una “spinta” da 4-5 Kg potrebbe facilmente trasportare un “malevolo” e pesante carico mantenendo una soddisfacente agilità in volo. Certo, occorrerà allenarsi per padroneggiare il nuovo sistema di guida, ma una associazione di aeromodellisti, con idoneo campo di volo per droni modificati, rivolta soltanto a soci terroristi, passerebbe certamente inosservata.
Considerato che i componenti utilizzati per la costruzione del drone in oggetto (e la modifica del radiocomando), del puntatore di raggi infrarossi codificati e dell’antenna direttiva (con annesso amplificatore RF) sono poco costosi e di facile reperibilità presso molti siti di e-commerce internazionali, risulta evidente che l’acquisto di tali componenti dal Presidente di quell’ipotetica associazione di aeromodellisti terroristi non desterebbe alcun sospetto. Nel video è stato utilizzato un puntatore in versione mini (avente portata di alcune decine di metri) anziché quello della foto che comprende una potente torcia a infrarossi da 10 W (normalmente usata per la caccia notturna agli ungulati, avente portata utile di alcune centinaia di metri) e un cannocchiale da carabina.
Non si poteva di certo girare un video in pieno centro cittadino esibendo un tale oggetto troppo somigliante ad un bazooka, o simili, senza allarmare le persone presenti nei dintorni. L’antenna del video è collegata al radiocomando (senza amplificatore di potenza) ma non trasmette nulla per non inviare (molto lontano) il segnale radio rischiando così di combinare guai. Infine, l’ancoraggio a terra del drone per mezzo di una cordicella di soli cinque metri ha permesso il volo in tutta sicurezza.
Il brevetto prevede anche un upgrade con raggi laser codificati potendo così raggiungere e superare la portata di mille metri, e un “tubo di sgancio oggetti” con il quale simulare, agendo su uno degli interruttori del radiocomando del drone, lo sgancio di una o più “bombe” rappresentate da piccoli e leggeri oggetti, che cadendo a terra non possano causare alcun danno a persone, animali o cose.
Infine, onde evitare che i potenti disturbi radio inviati dal fucile anti drone possano comunque indurre deleterie tensioni nell’elettronica del drone (centralina di volo, regolatori di velocità e l’elettronica aggiuntiva per la decodifica/codifica dei raggi infrarossi ricevuti in segnali elettrici da inviare alla centralina di volo) tutti questi componenti non sono “a vista” come nel video bensì racchiusi in una “fusoliera” metallica, ad esempio realizzabile a partire da uno scatolato leggero di alluminio dove troverà posto anche la batteria di alimentazione creando così una “gabbia di Faraday”.