Malta l’isola inespugnabile
“Essere nel cuore del Mediterraneo” questa per chi arriva oggi in aereo o per mare è la sensazione che si ha quando si poggia il piede sull’isola. Fortune e disgrazie, ricchezze e distruzioni hanno caratterizzato Malta nelle sua storia secolare proprio in ragione della sua posizione strategica per le rotte commerciali est-ovest, nord-sud che da sempre solcano quello che i romani chiamavano Mare Nostrum. Molte le testimonianze storiche che caratterizzano la piccola e densamente popolata isola che vanno dagli insediamenti megalitici fino al protettorato inglese. Numerosi i contributi architettonici e artistici che hanno abbellito La Valletta, e non solo, dovuti ad architetti, ingegneri e pittori del calibro di Caravaggio operanti soprattutto durante il periodo della reggenza dei Gran Maestri dell’Ordine dei Cavalieri di Malta. Tante però anche le ferite lasciate dagli assedi subiti nel corso della storia. Tra i periodi più cupi nella memoria comune dei Maltesi, tramandata dalle varie generazioni, sono ben presenti due episodi: il Grande Assedio Turco del 1565 e i terribili bombardamenti dell’aviazione dell’Asse durante la Seconda Guerra Mondiale.
L’isola dei cavalieri e il Grande Assedio Turco del 1565
Trentacinque anni dopo aver ricevuto Malta in affitto perenne dal regno di Sicilia, l’ordine monastico militare dei Cavalieri Ospitalieri dovette sostenere nel 1565 per quattro mesi l'assedio che la flotta turca attuò per impadronirsi dell’isola. L'Impero ottomano era in forte espansione e dopo la caduta di Costantinopoli del 1453 Malta era in cima alla lista dei futuri obiettivi strategici che Solimano il magnifico si era prefissato.
Il controllo delle rotte commerciali tra occidente e oriente, gli ottimi porti naturali offerti dall’isola e l’annientamento dei cavalieri di San Giovanni fornivano tre buone motivazioni per sferrare l’attacco quanto prima ad uno degli ultimi baluardi della cristianità in quello che era ormai divenuto un lago islamico, ossia il Mediterraneo.
Duecento navi trasportarono sulle coste dell’isola un corpo di spedizioni di oltre 30.000 uomini. A contrastarlo 541 cavalieri dell’Ordine rinforzati da 5.600 tra soldati di varie guarnigioni e civili armati. L’assedio fallì per le ottime strategie difensive attuate dai militari dell’ordine supportati dalla popolazione civile che si basavano sulla mobilità delle scarse forze per fronteggiare la superiorità ottomana guadagnando il tempo necessario a che i rinforzi cristiani giungessero dalla Sicilia.
L’attacco italiano e i primi due anni di guerra
Allo scoppio delle ostilità tra Italia e Gran Bretagna avvenuto nel giugno del 1940 Malta era praticamente priva di difese aeronavali. Questo fu dovuto alla certezza da parte britannica che l’esercito italiano avrebbe tentato immediatamente di occupare l’isola in forze e quindi che non ci fosse il tempo materiale per inviare rinforzi. In particolare la forza aerea consisteva in tre biplani Gloster Gladiator per giunta già destinati all'Egitto. Faith, Hope e Charity (Fede, Speranza e Carità) come furono ribattezzati, difesero per dieci giorni Malta contro i Fiat CR.42 e i bombardieri della Regia Aeronautica di cui erano la scorta.
Ben presto però l’alto comando inglese si rese conto che i piani italiani contro l’isola si limitavano per il momento alla sola pressione aerea e iniziò a far confluire uomini e mezzi per la difesa di Malta. Caccia, aerosiluranti e la Forza K, costituita da due incrociatori, dotati di radar e due cacciatorpediniere, giunsero a dar manforte. Si provvide a creare installazioni radar e piazzare batterie contraeree. Ciò comportò un crescente aumento delle perdite per l’aviazione italiana impiegata nei raids aerei.
In realtà la battaglia di Malta non si stava sviluppando solo nei cieli sopra l’isola e nelle acque circostanti ma anche e soprattutto intorno alle rotte dei convogli. Se da una parte i rinforzi giunti nell’isola fecero di Malta una base di partenza per lanciare attacchi aerei (aerosiluranti e ricognitori a lungo raggio) e navali (sommergibili) ai danni dei convogli diretti a rifornire le truppe dell’Asse in Africa, dall’altra la Regia Marina e la Kriegsmarine tedesca si adoperarono costantemente per intercettare e annientare i convogli alleati provenienti da Gibilterra e diretti appunto a rifornire di uomini, mezzi e generi alimentari l’isola.
Il problema del rifornimento di Malta divenne via via sempre più gravoso per la Royal Navy con le squadre Mediterranean Fleet (Flotta del Mediterraneo) di base ad Alessandria d'Egitto e Force H (Forza H) di base a Gibilterra. Per volere dello stesso Adolf Hitler fu dislocato a partire dal settembre del 1941 un contingente di U-Boot nel Mediterraneo che colò a picco insieme agli incursori italiani della Xª Flottiglia MAS diverse unità da guerra inglesi oltre a notevole tonnellaggio mercantile.
Un nuovo e temibile nemico: la Luftwaffe
Il 16 gennaio 1942 un nutrito gruppo di generali e ammiragli italiani e tedeschi si riunirono in Germania per approntare un effettivo piano di invasione dell'isola. Lo sbarco di truppe e l’aviolancio di paracadutisti doveva seguire però ad una preventiva azione di ammorbidimento delle difese di Malta da realizzarsi con un ulteriore potenziamento dei bombardamenti sull’isola che avrebbe nel contempo anche minato il morale della guarnigione britannica e della popolazione civile. Per aumentare la pressione aerea la Ragia Aeronautica fu affiancata dal X Fliegerkorps (X corpo aereo) della Luftwaffe spostato negli aeroporti della Sicilia già all'inizio del 1941.
Nel solo mese di marzo 1942 venne sganciata su Malta una quantità di bombe dieci volte maggiore rispetto a quella impiegata dai tedeschi durante il bombardamento di Coventry. Inoltre la rinvigorita offensiva aeronavale delle forze dell'Asse aveva ridotto l’arrivo dei rifornimenti alla quota del solo 10% rispetto a quanto veniva inviato. A metà del maggio del 1942 l'isola disponeva di viveri per soli tre mesi. Come nel 1565 la capitolazione sembrava ormai inevitabile.
L'estate del 1942 segnò però una svolta importante per le sorti della seconda guerra mondiale e decisiva per la battaglia di Malta. Quando ormai l’operazione nome in codice Herkules che prevedeva l’occupazione di Malta aspetta il via libera finale, da Berlino arrivava invece lo stop. Rommel aveva preso Tobruk, gli inglesi erano in rotta e il Feldmaresciallo chiedeva il permesso di avanzare fino ad Alessandria sfruttando il momento. Tutti gli sforzi vennero così concentrati per sostenerlo.
Ogni aereo della Luftwaffe doveva essere impiegato per appoggiare l’avanzata del Deutches Afrikakorps e del corpo di spedizione italiano ad esso aggregato, ogni litro di nafta serviva ai panzer di Rommel.
Il colpo di grazia a Malta non venne inferto e non lo si sarebbe mai più dato nel corso dei successivi avvenimenti.
Non appena infatti la morsa si allentò l’isola ricominciò a respirare ricevendo i rifornimenti necessari non solo per la sua sopravvivenza ma anche per renderla nuovamente in grado di fare da base per attaccare proprio le linee di rifornimento dirette a Rommel. Fatalmente qualche mese dopo davanti ad El Alamein la benzina necessaria per i diesel dei carri si trovava in fondo al mare colata a picco nei fusti insieme al 90% del naviglio italiano. La fine nel 1943 delle ambizioni dell’Asse in Nord Africa con la resa dell’intero corpo di spedizione in Tunisia dopo una lenta ma inesorabile ritirata aprì una nuova fase nel ruolo bellico di Malta. Con le incursioni aeree italo-tedesche sempre più rare, l’isola si trasformò in città ospedale e con l’approssimarsi dell’operazione Husky, l’invasione della Sicilia, divenne una base logistica di fondamentale importanza. La parabola si chiuse con la firma dell’Armistizio Lungo il 29 settembre 1943, nel Porto Grande di Malta, sul ponte della corazzata Nelson tra l'Italia e gli Alleati.
Il museo: una location suggestiva
Il museo è ospitato nel Forte di Sant’Elmo che progettato dall’ingegnere militare Pietro Pardo nel 1552, subì i bombardamenti della flotta ottomana durante il grande assedio del 1565. Quattro secoli dopo divenne uno dei punti cardinali della difesa antiaerea dell’isola nell’altro assedio più drammatico subito da Malta, quello appunto italo-tedesco. All’interno delle sue fortificazioni trovarono infatti posto nel giugno del 1940 sei cannoni antiaerei che tra l’altro furono di fondamentale importanza per neutralizzare l’attacco dal mare di unità speciali italiane al Porto.
Questo fu l’unico episodio di una certa importanza relativo ad un tentativo di attacco alle istallazioni portuali e al naviglio presente nel Gran Porto di Malta effettuato dalle truppe dell’Asse durante tutta la campagna. Fu attuato il 25 e 26 luglio 1941 dalla Xª MAS. Furono impiegate alcune navi appoggio, due MAS, otto barchini esplosivi MTM, due SLC (maiali).
Il piano operativo del maggiore del Genio navale Teseo Tesei, comandante del gruppo, prevedeva che durante la notte uno degli l'SLC facesse saltare le ostruzioni di ponte Sant'Elmo per far penetrare i barchini diretti a colpire le navi all'ancora. L'altro SLC avrebbe dovuto attaccare i sommergibili inglesi in porto. Le difese isolane allertate proprio da quelle stazioni radar che gli inglesi si erano affrettati a costruire ad inizio conflitto stavano attendendo gli incursori della Marina da Guerra Italiana. L’azione si risolse in un sanguinoso disastro. Aggravato dalla reazione della Raf che alle prime luci dell’alba fece decollare una trentina di Hurricane del 126°, 185° e 251° Squadron che martellarono le navi appoggio italiane sebbene protette da dieci caccia Macchi MC.200 del 54º Stormo.
Piccolo ma suggestivo
Nato nel 1975 a seguito di un’esposizione temporanea tenutasi a Forte Sant’Elmo sulla resistenza di Malta ai tentativi di occupazione da parte delle forze dell’Asse, il National War Museum è uno dei centri documentativi sull’argomento meglio riusciti dell’isola. Malta in effetti offre più di un museo che raccoglie materiale relativo agli avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale oltre tours guidati che, seguendo un itinerario ben preciso, accompagnano il turista nell’esplorazione dei luoghi più significativi della resistenza di Malta all’attacco italo-tedesco. Senza dubbio il War Museum è comunque il posto dove potersi documentare meglio anche perché, seppur nello spazio limitato delle sue non numerose sale, raccoglie del materiale molto eterogeneo.
Una recente (2009) opera di aggiornamento e ammodernamento del sito ne ha accresciuto ancora di più il valore storico-documentativo. Il War Museum si articola su 11 aree tematiche che prendono in esame il periodo storico che va dal 1914 al 1948 concentrandosi in particolar modo sugli anni della Seconda Guerra Mondiale, soprattutto il 1941 e il drammatico 1942. Per inquadrare il ruolo strategico di Malta nello scacchiere del Mediterraneo la prima sala dell’itinerario museale è dedicata agli anni del primo conflitto mondiale e all’attività della base navale britannica in essa ospitata.
Al centro della sala fa bella mostra di sé un siluro del tipo G6 AV sparato ma non detonato il 25 dicembre1916 da un un’unità subacquea della Marina imperiale tedesca contro una squadra navale in navigazione di pattugliamento nel canale di Sicilia. La seconda area prende in esame il periodo tra le due guerre con particolare attenzione alle turbolenze sociali tra i gruppi maltesi filo britannici e quelli filo italiani all’indomani della presa di potere del Fascismo in Italia. Scoppio delle ostilità nel 1939 e scesa in guerra dell’Italia nel 1940 con il diretto coinvolgimento di Malta nelle operazioni militari vengono affrontati nelle successive due sale. Poi si entra nel vivo del museo, con l’area espositiva dedicata al 1941 e al 1942 , l’anno più duro per Malta. Segue il 1943-45: la svolta e la fine delle ostilità. Una sala poi è dedicata alle insegne, uniformi e documenti dei reggimenti operativi a Malta. Interessante anche la sezione finale del museo che testimonia con fotografie e documenti dell’epoca l'eroismo della popolazione maltese che, per questo, si guadagnò la Croce di San Giorgio conferitagli nel 1942 da re Giorgio VI d' Inghilterra. Aggirandosi tra i faretti delle sale ci si rende da subito conto che un settore incredibilmente ricco, e non poteva essere altrimenti dato il tipo di conflitto che si combatté a Malta, è quello relativo al comparto aeronavale. Non solo uniformi, onorificenze, equipaggiamenti e dotazioni personali ma veri e propri resti di velivoli impegnati negli scontri aerei e navali.
Capita così che mentre stai osservando una vetrina contenente la dotazione di volo di un pilota della Raf, alzando lo sguardo sul soffitto ti rendi conto di essere proprio sotto l’ala di uno Junkers Ju 87 Stuka abbattuto dalla contraerea dell’isola. Stai ancora riflettendo di come ti senti piccolo in confronto a solo una parte di quella che fu una delle più versatili macchine belliche della Luftwaffe che vieni attirato dall’intero motore di uno Spitfire ripescato dal mare dopo molti decenni passati dal suo abbattimento ad opera di un Messerschmitt BF109 F e che sta proprio lì davanti a te; ci puoi girare intorno e constatare la lenta ma inesorabile corrosione che la salsedine ha operato ai danni dei pezzi meccanici che però sono ancora ben visibili. Le eliche di bombardieri germanici a medio-corto raggio o di caccia britannici sparse lungo quasi tutto il percorso museale diventano quasi roba comune da sfiorare con le mani. Il pezzo però che suscita più interesse storico è l’unico dei tre Gloster Sea Gladiator, quello soprannominato Faith, sopravvissuto alla guerra e che insieme agli altri due gemelli all’inizio delle ostilità contro l’isola costituiva l’unica difesa area di Malta. Ad inizio museo domina nella sua interezza la sala a lui dedicata. Mezzo obsoleto, se confrontato a quanto la Regia Aeronautica e soprattutto la Luftwaffe poterono mettere da subito in campo, induce il visitatore a pensare a quanto vicina alla capitolazione l’isola sia andata. Anche il settore più strettamente navale del museo ha da offrire molto.
I tentativi di piegare la resistenza di Malta non furono infatti compiuti solo per via aerea da parte delle forze dell’Asse, anche se tramite l’arma aeronautica alla fine gli sforzi italo-tedeschi andarono più vicino al successo; ci fu una vera e propria battaglia per intercettare da una parte e difendere dall’altra i convogli alleati diretti a La Valletta e carichi di preziosi rifornimenti. Campane di nave mercantili, scialuppe, strumentazione di bordo, uniformi estive e invernali della Marina da guerra britannica etc… . Anche il settore navale ha il suo cimelio storico che svetta per il maggior valore documentativo e d è un intero barchino italiano MTM del tipo di quelli che parteciparono al fallito raid del luglio del 1941. Se ne possono valutare le dimensioni e apprezzare il basso profilo sull’acqua che consentiva a tali mezzi di avvicinarsi il più possibile agli obiettivi senza farsi scorgere. Generosi panelli esplicativi sono presenti lungo tutto il percorso museale. Il visitatore così può avere le notizie specifiche riguardanti il contenuto della singola vetrina ma anche quelle generali sull’andamento della battaglia per Malta. Molte foto di grandi dimensioni, alcune anche a colori, testimoniano le immani distruzioni provocate dagli incessanti bombardamenti dell’Asse e anche la tenacia degli isolani, sia come personale impiegato militarmente che come semplici civili Le vicende belliche di Malta trovano sempre un inserimento esplicativo nel quadro più vasto delle operazioni del bacino del Mediterraneo, così da chiarire a chi legge il ruolo strategico dell’isola nella guerra dei rifornimenti diretti alle truppe italo-tedesche in Africa settentrionale.