Spesso ci si lamenta del fatto che il pubblico sembri perdere interesse verso determinate discipline sportive ma, altrettanto spesso, è proprio il mondo sportivo ad avere un comportamento deleterio verso se stesso, dimostrando di essere chiuso, destinato a morire di egoismo e di vecchiaia.
Se non fossimo Italiani tratteremmo una questione che riguarda il puro e semplice intrattenimento ma, in quanto tali, stiamo in realtà toccando un argomento complesso, intimamente connesso con la storia, passata e presente, del nostro popolo.
Abbiamo un importante patrimonio storico armiero, una parte rilevante dell’industria e dell’economia nazionale legata alle armi, dei bravi atleti, delle buone strutture sportive e didattiche, un territorio dalle grandi potenzialità, eccellenti prospettive di crescita.
Nonostante questo il tiro è diffuso “a macchia di leopardo” sul territorio, senza uniformità, non esiste una vera e propria accademia nazionale del tiro né, prima ancora, la capacità di convogliare il grande pubblico verso determinate pratiche sportive.
Cosa manca? A volte risorse materiali, a volte la buona volontà, a volte la fantasia, soprattutto in un momento storico che vede completamente cambiato, rispetto al passato, il rapporto della gente con le armi e le attività ad essa correlate.
Il motivo per cui abbiamo scelto di scrivere di Silvia Lamera e del suo progetto?
Semplicissimo: perché, anche sulla base dell’esperienza personale, ha coinvolto con successo un pubblico nuovo.
Non ci riferiamo, ci teniamo ad evidenziarlo, specificatamente alle donne ma, più in generale, a tutti coloro che, troppo spesso, passano parte del proprio tempo libero ai margini delle piazzole di tiro, in una condizione che, se non può dirsi di vera e propria emarginazione, è certamente immobile, apatica, priva di vitalità.
Come pretendere l’affluenza di appassionati se, paradossalmente, non si riesce a coinvolgere nell’arte del tiro, nella sua interezza, il pubblico che frequenta i poligoni?
Servono, se davvero si aspira a far crescere il numero dei tiratori italiani, rinnovata energia, capacità di auto-critica, prodotti nuovi.
Silvia Lamera, per prima cosa, ha puntato su di una formula di coinvolgimento basata su fascino estetico, simpatia ed entusiasmo, facendo tuttavia attenzione ad evitare che gli incontri in poligono si trasformassero in qualcosa di meramente sterile: gli obiettivi posti sono concreti, predeterminati, ambiziosi e proprio fascino, simpatia ed entusiasmo valgono, soprattutto, come elementi utili a convogliare energie verso l’impegno sportivo.
Fine ultimo? L’organizzazione di una squadra femminile vincente di tiro al volo.
La squadra utilizza, per le proprie attività, il magnifico complesso “Cieli Aperti – Isola del tiro” e l’istruttore selezionato è Renato Lamera, padre di Silvia e personalità eccellente, riconosciuta a livello internazionale, del tiro a volo, che offre i propri servigi gratuitamente alle componenti della squadra de “Le Rose Rosse”.
Le attività spaziano dalle lezioni ed i relativi allenamenti alle competizioni, ma non mancano incontri culturali, come per esempio la pratica di discipline di tiro diverse dal tiro al volo e, infine, quelli conviviali.
Silvia Lamera non ha dunque semplicemente organizzato una nuova associazione sportiva ma attuato una strategia organizzativa che può essere presa come modello vincente, indipendentemente dalla disciplina sportiva di riferimento, per tutti coloro che hanno determinate ambizioni in ambito armiero sportivo.
Primi passi pratici? Lo sfruttamento di una buona struttura sportiva, l’adozione di istruttori di tiro capaci, l’organizzazione di un calendario d’attività intelligente, che venga incontro tanto i bisogni degli agonisti quanto i desideri dei dilettanti.
Questa che avete letto è un’anticipazione: la nostra avventura con “Le Rose Rosse” è appena iniziata e si prospetta, all’orizzonte, una stagione editoriale avvincente con interviste esclusive, prove d’arma, recensioni di eventi e non solo. Seguiteci!